La stroncatura di Michela Marzano al romanzo dello scrittore su un prete pedofilo scatena la Rete. E non solo
Tempesta su Siti
Tweet, veleni e difese d’ufficio per il libro che divide l’editoria
PAOLO DI PAOLO
Forse, la vera notizia è che ci si scaldi tanto per un romanzo. Accade raramente – è accaduto ieri, in Rete, sui social – che una questione letteraria guadagni un po’ di luce nel dibattito pubblico. L’articolo che Michela Marzano ha dedicato su “Repubblica” al nuovo romanzo di Walter Siti, “Bruciare tutto”, appena uscito da Rizzoli, ha innescato una valanga di reazioni. Commenti, post, tweet – con toni insoliti per la materia. Per la Rizzoli, e per il mondo editoriale italiano, non è stata una giornata facile. Forse l’impatto di un’opera del genere era stato sottovalutato. O forse no. Ci sono giornali che hanno smontato e rimontato in pagina la recensione al libro prevista tra qualche giorno, aggiornandola con la polemica.
Chi aveva ignorato l’uscita ora si avvia a correre ai ripari. E infatti, Bruciare tutto guadagna subito posizioni nella classifica Amazon (ieri pomeriggio era già nella top 100). Perché il punto adesso è leggerlo. Fare i conti direttamente – più che con il “cosa” – con il “come” Siti lo racconta.
Ponendo con durezza il tema della “accettabilità” di un romanzo – nel caso di Siti, la storia di un prete pedofilo –, Marzano ha riaperto un dibattito ormai opaco: quello sul rapporto fra letteratura e morale, fra scrittura ed etica. La domanda radicale che Marzano ha posto a Siti – se la letteratura possa sostenere “anche il peso dell’assoluzione” – ha scatenato, al netto degli insulti, spesso misogini e insostenibili nei confronti dell’autrice, riflessioni di vario profilo. Anche se, in effetti, a scatola chiusa: il romanzo di Siti, ricordiamolo ancora, è uscito ieri stesso. Pochissimi, se non nessuno, l’hanno già letto. Fatto è che una stroncatura – genere giornalistico dato ormai per moribondo – ha svegliato all’improvviso lettori, scrittori, critici, blogger, redazioni dei giornali. E perfino i politici – anche l’ex premier Matteo Renzi ha ritwittato l’articolo – di solito poco sensibili alla letteratura.
«Uno scrittore deve poter parlare di tutto», scrive Marzano nelle prime battute della sua recensione, ma rimprovera allo scrittore di «nascondersi dietro la licenza del creare». «Che cosa suggerisce allora Siti in Bruciare tutto? Che è meglio dannarsi l’anima facendo sesso con un bambino che istigare a un suicidio?». Il riferimento è al fatto che il ragazzino protagonista – dopo essersi offerto sessualmente al sacerdote e ricevendo da lui un rifiuto – si uccida. Obiettivamente, non è facile maneggiare un tema simile, né digerirlo: fra i commentatori più infastiditi, si coglie un rifiuto netto e senza condizioni dell’argomento in sé – riassumendo brutalmente: la pedofilia è un reato gravissimo, meglio non parlarne. Ma si tratta di una posizione, benché legittima, ingenua – e non solo su un piano letterario.
All’opposto, liquidare come inutile moralismo le obiezioni di Marzano risulta forse altrettanto infantile: anche solo considerando la sterminata bibliografia critica sui confini del “dicibile” (del rappresentabile, del visibile) in ogni forma di comunicazione, artistica e non. Richiamando la lezione di Wayne Booth, di Nussbaum, di Yehoshua, in un suo scritto su etica e letteratura, Cesare Segre ha chiarito: «Non pretendevo dallo scrittore l’adesione a una data concezione morale, né tanto meno la sua celebrazione. Ritenevo però che egli, reso responsabile dall’autorevolezza di cui gode, debba essere sempre consapevole, quando scrive, dell’influsso che i suoi scritti possono esercitare sui lettori».
Nella tipica e rabbiosa polarizzazione da social, se Siti è diventato colpevole di apologia di comportamenti pedofili, Marzano è diventata una sostenitrice della censura lettera- ria. Marcello Veneziani, in un tweet, ha scomodato perfino Dostoevskij: «Censurando WalterSiti Repubblica dovrebbe censurare pure Dostoevskij».
C’è chi evoca Céline e Sade, chi recupera un brano di Romain Gary a proposito di un film di Louis Malle con un incesto: «Un artista ha il diritto di trattare i temi che vuole e il pubblico di andare o di non andare a vederlo. Trovo francamente che sia abbastanza penoso servirsi di un’opera d’arte come pretesto per creare ad arte uno scandalo».
I detrattori di Siti si appellano invece all’autorità del suo coetaneo Aldo Busi, che in un’intervista a Maurizio Bono nei giorni dello Strega 2013 diceva: «Mah, ho letto un po’ dei suoi libri, ma non fino in fondo, perché a me non interessa il ricamare intorno a un’ossessione. Tantomeno sessuale».
Ma c’è qualcosa, e non un particolare da poco che resta fuori dalle polemiche e dai social: quella dedica all’“ombra ferita e forte di don Lorenzo Milani” con cui Walter Siti ha scelto di aprire il suo libro più controverso. Perché dedicare un’opera così scomoda all’educatore, al prete della scuola di Barbiana, scomparso esattamente cinquant’anni fa? Ma a questa domanda può rispondere soltanto Walter Siti.
Dal dibattito resta fuori una domanda. Perché dedicare un’opera così a don Milani? Ma a questo può rispondere soltanto l’autore
Quasi tutti sono intervenuti senza averlo letto
ILLUSTRAZIONE DI GABRIELLA GIANDELLI
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Orrore o capolavoro? È questo solo che conta
MARCO BELPOLITI
ENabokov allora? La sua Lolita era morale o immorale? La passione di Humbert Humbert per la magica ninfetta cos’è? Pornografia? O altro? Era ed è letteratura. Non si può fare a meno di riconoscere che il libro uscito a Parigi presso la casa editrice Olympia nel 1955, con grande scandalo dei contemporanei, non era un libro pornografico, ma, come ha poi scritto il suo autore, il resoconto di un rapporto d’amore con la lingua inglese, rapporto problematico e persino tragico. Eppure l’amore per la ninfetta scandalizzò molti e costrinse Nabokov a pubblicare all’estero. Mi ha sempre colpito un dettaglio che riguarda Eichmann, lo sterminatore nazista, che ebbe in lettura da uno dei suoi carcerieri a Gerusalemme il libro (ignoro in che lingua l’avesse letto), e lo restituì schifato. Non era ovviamente un giudizio letterario, ma estetico. O un giudizio etico? Toccava di certo una sensibilità che anche “lo specialista” nazista aveva. Senza dubbio Nabokov ha colpito quella sensibilità parlando della passione amorosa del professore per la ragazzina. Da cosa è composta la sensibilità?
Da elementi che riguardano l’educazione, ma anche le inibizioni, e dunque le pulsioni più profonde, per dirla con Freud, dell’inconscio. La stessa cosa si può dire di Pier Paolo Pasolini. Mi riferisco alla sua letteratura, non al cinema, per cui vale, per via dell’immagine, un discorso appena diverso, e tuttavia diverso. Su Pasolini vige da tempo una sorta di rimozione. Non si può pronunciare una parola, ha detto più volte Alberto Arbasino: pedofilia. Pasolini pedofilo? Si dice sempre omosessuale, proprio lui che ha scritto a chiare lettere su una rivista che voleva fare l’amore con i ragazzi. Li amava. Non c’è nell’opera scritta di Pasolini la descrizione del rapporto sessuale tra un adulto e un ragazzo. Eppure Ragazzi di vita andò sotto processo nell’Italietta democristiana. Fu assolto, alla fine. E fu solo uno dei tanti processi che Pasolini ebbe, a partire dal primo per “atti osceni in luogo pubblico” nel 1949 in Friuli. E allora? Pasolini è un poeta, uno scrittore, le sue opere restano – non tutte ovviamente, perché proprio i romanzi sono invecchiati. La valutazione di uno scrittore si fa sulle sue pagine. Per dirla icasticamente: non si possono né si devono scrivere libri brutti. Non ho letto il libro di Walter Siti Bruciare tutto. Non era in libreria nei giorni scorsi e probabilmente è arrivato oggi. Lo leggerò, come ho fatto con gli altri libri di Siti: alcuni mi hanno convinto, altri no. L’unica cosa che conta in letteratura è se un libro funziona, se è riuscito. Non posso dirlo per Bruciare tutto, e me ne dispiace. Mi chiedo ancora: appare legittimo parlare di certe cose? La storia del prete pedofilo di Siti è gratuita oppure no? Lo decide la letteratura. Come uomo so che ci sono cose che non ho piacere di leggere, o di vedere, perché non le sopporto, non le trovo consonanti con la mia visione del mondo. La pedofilia è una di queste. Si può separare l’uomo dallo scrittore? Difficile, ma un punto di discrimine c’è. L’unica cosa che conta per un critico è se Bruciare tutto è una porcheria o un capolavoro. Su un tema simile la via di mezzo non è consentita.
Chi scrive si valuta solo in base alle sue pagine L’unico limite resta la buona letteratura