La coppia di Trento che ha sfidato la legge Il ricorso annunciato dalla procura generale
“Noi, i due padri gay e la nostra battaglia vinta dopo sette anni”
ANDREA SELVA
TRENTO.
Sul campanello di casa ci sono due cognomi, quelli dei due genitori, come avviene per tutte le famiglie tradizionali. Ma per i due papà di Trento ieri non è stato un giorno normale, dopo che la Corte d’appello ha riconosciuto loro il diritto di essere entrambi genitori dei due gemelli nati in Canada grazie a una maternità surrogata: «Da quanto è uscita la sentenza siamo bombardati», spiega uno dei due. «È una situazione delicata», dice l’altro. «Speriamo nelle prossime ore di avere la giusta serenità per dire la nostra e trasferire il nostro pensiero all’esterno».
Così alla felicità raccontata agli amici per una battaglia vinta, si aggiunge l’ansia per il clamore di un provvedimento che non ha precedenti in Italia. Ma la storia giudiziaria non è certo finita, dato che la procura generale ha già annunciato ricorso in Cassazione: si vedrà nel prossimo grado di giudizio se davvero ci potrà essere in Italia una coppia di padri — con pari diritti — sulla base di un ordinamento straniero. Ma intanto i due protagonisti di questa vicenda si godono la soddisfazione per il primo traguardo raggiunto.
La storia è quella di due dirigenti cinquantenni che all’attività professionale affiancano l’impegno per i diritti gay e — da quasi sette anni — la fatica quotidiana di portare avanti una famiglia di quattro persone: «Due papà e due bambini che abbiamo avuto in Canada, dove siamo sposati, con tutte le difficoltà che incontriamo in Italia dove uno di noi due non è riconosciuto dalla legge, con i problemi che si possono facilmente immaginare», diceva uno di loro nei mesi scorsi, all’epoca in cui i giudici non si erano ancora pronunciati.
La loro storia è ricostruita nel corso degli anni attraverso le immagini pubblicate su Facebook, dalla nascita dei bambini fino alle vacanze in giro per il mondo, con i commenti di altre mamme e papà: uno spaccato di normalità per una coppia fuori dal comune, con una tata che li segue nelle faccende di casa.
Pare impossibile che tutto questo accada a Trento, dove un consiglio provinciale di centro sinistra autonomista litiga (invano) da due anni nel tentativo di portare nelle scuole un progetto contro l’omofobia. Ma intanto, nelle stesse scuole, i gemelli con due papà sono diventati la normalità per tante altre famiglie. Deve essere perché i due padri vengono (entrambi) da fuori Trentino che hanno trovato il coraggio di tirare dritto per la loro strada in questa terra cattolica dove l’ex governatore Lorenzo Dellai la vede così: «Avere un figlio non può essere una pretesa assoluta». Il coraggio necessario anche per le denunce che hanno portato avanti in passato quando presero la parola per raccontare la loro situazione e l’ansia per il futuro dei figli: «Che succederebbe se uno di noi venisse a mancare?», avevano raccontato. Non ci fu scandalo quando agli amici e ai colleghi raccontarono: «Siamo diventati papà». E nemmeno quando sui giornali trentini apparve la loro storia di padri emigranti in Canada alla ricerca di una madre in affitto.
Saranno loro a decidere come rispondere alle tante (e difficili) domande sul rapporto con la donna canadese che ha messo al mondo i due bambini e sul fatto che questa procedura — in Italia — non è consentita dalla legge.
Intanto la loro storia divide ma crea anche aspettative. Per esempio quelle di due padri romani che — notizia di ieri — stanno pensando di seguire l’esempio della coppia di trentini per i due figli nati — nel loro caso — otto anni fa in California.
“Ci chiedevamo che cosa sarebbe potuto accadere ai bimbi se uno di noi fosse morto”
Continua a far discutere la sentenza della Corte d’appello di Trento che ha deciso di trascrivere in Italia l’atto di nascita estero in cui due gemelli (nati con maternità surrogata) risultano figli di un padre biologico e di un secondo padre. Critiche arrivano dal mondo politico cattolico e non, dai vescovi, da ArciLesbica.
“È una evidente confusione di ruoli tra il potere del Parlamento, che è di far le leggi, e quello della magistratura che è di farle rispettare”, osserva Paola Binetti, deputata udc.
“Intervenga Mattarella”, è la richiesta della Lega. “Lo amo, ma per lo Stato non è mio figlio, vivo in un limbo, l’ordinanza di Trento mi fa sperare”, dice Nichi Vendola che, col compagno Ed, ha avuto un anno fa un bimbo in Canada, dove la maternità surrogata è consentita.
“Non c’è un diritto ai figli”, ammonisce Angelo Bagnasco, presidente della Cei. “Il desiderio legittimo che ognuno può avere — sottolinea il cardinale — non deve mai diventare necessariamente un diritto.
Il bene dei bambini richiede, secondo il buon senso universale, il papà e la mamma”. “Ribadiamo la nostra contrarietà alla legittimazione illimitata della Gestazione per altri — commenta Roberta Vannucci, presidente di ArciLesbica — una pratica controversa che può introdurre la commerciabilità della vita umana”.
“Se sfrutti l’utero in affitto in Italia — afferma Filippo Savarese, di Generazione famiglia — la legge ti manda in galera, se lo sfrutti all’estero invece i giudici ti premiano”.
( al. cust.)
Nel nostro Paese sono state approvate nel giugno scorso le unioni civili per le coppie omosessuali, ma siamo ancora ben lontani da quanto chiedono le organizzazioni Lgbt, ossia il matrimonio egualitario. È vero che oggi le coppie gay sposate all’estero possono far trascrivere le proprie nozze, ottenendo così automaticamente una unione civile. Ma resta pur sempre la differenza. Il matrimonio egualitario è presente in 22 paesi al mondo, in quasi tutta Europa, negli Stati Uniti, in Canada, in Brasile, in Argentina. Per sposarsi quindi bisogna emigrare. Ma non è il solo divieto. In Italia le coppie gay non possono adottare un bambino in un orfanotrofio (la stepchild adoption è una cosa diversa), mentre questa è consentita in 25 stati europei e americani , tra cui la Spagna, la Francia, la Norvegia, la Danimarca, gli Stati Uniti. Tutte nazioni dove è consentita l’adozione anche ai single e alle coppie di fatto, escluse invece dalla nostra legge. Non è facile però per una coppia italiana ottenere una adozione all’estero e farla riconoscere.
( m. n. d. l.)
Il matrimonio tra persone dello stesso sesso è previsto in ventidue Paesi e in quasi tutta l’Europa
In California o Canada per tornare con un bebé
ROMA.
La maternità surrogata, o utero in affitto, è vietato in Italia dalla legge 40 sulla procreazione assistita. Ma centinaia di coppie italiane, in gran parte eterosessuali, e in misura minore di omosessuali maschi, vanno all’estero per realizzare il loro (discusso) desiderio di genitorialità. Come è noto la maternità surrogata consiste nella pratica di utilizzare una donna esterna alla coppia, che presta il suo utero per portare avanti una gravidanza per altri. È consentita, tra gli altri, in alcuni stati dell’Est europeo, in Grecia, in California, in Canada, in Cambogia, in Thailandia. Le coppie tramite agenzie specializzate vengono messe in contatto con le portatrici, stipulano un contratto e pagano cifre che possono raggiungere anche 100mila euro. Quando tornano in Italia con i bambini le coppie etero rischiano una condanna per “alterazione di stato”, mentre per i gay il figlio risulta figlio unicamente del padre biologico ma non del compagno. Nonostante sia una pratica vietata in Italia, i tribunali oggi salvaguardano il legame tra genitori e figli.
( m. n. d. l.)
La pratica è vietata, ma i tribunali ormai la riconoscono nell’interesse del minore
( m. n. d. l)
Eterologa, la Spagna ancora terra promessa
Li avevamo chiamati i turisti della fertilità, i migranti della procreazione assistita, negli anni bui della legge 40. Quando cioè in Italia erano vietati l’eterologa, la diagnosi pre-impianto, il congelamento degli embrioni. Poi la legge è stata cambiata dalle sentenze della magistratura, e anche l’eterologa è diventata legale. Ma il turismo della procreazione, dopo una leggera flessione, è ricominciato. Perché l’eterologa in Italia è legale ma impossibile, visto che le banche di gameti, ovociti e sperma sono vuote e le liste d’attesa lunghissime. E sono vuote perché in Italia la donazione dei gameti non è incentivata in alcun modo, e dunque chi può continua ad andare all’estero, soprattutto in Spagna. Dove il problema delle banche vuote non c’è, perché donatrici e donatori vengono pagati, seppure poco. Ma dall’Italia emigrano anche le categorie escluse dalla legge sull’eterologa, cioè donne single e coppie di donne lesbiche. Dunque anche in questo caso il turismo dei diritti è una realtà, per chi può pagare e può andare all’estero. ( m. n. d. l)
È legale ma resta il problema della mancanza di banche di ovociti