Gemelli a coppia gay: sì a due padri
di Giorgio Vaccaro
I minori hanno il diritto a conservare nei confronti del “secondo padre” lo status di figli loro riconosciuto in un Paese straniero per effetto del provvedimento giudiziario legittimamente emesso in quello Stato. Per la prima volta, dunque, viene riconosciuta anche in Italia a due uomini – uno padre biologico e l’altro no – la possibilità di essere considerati entrambi padri di due gemelli nati negli Usa grazie a una maternità surrogata. È questo il senso innovativo dell’ordinanza emessa il 23 febbraio 2017 dalla Corte d’appello di Trento (sezione prima, presidente relatore Maria Grazia Zattoni) che ha definito il giudizio con il quale si chiedeva il riconoscimento di una sentenza straniera in modo da superare il diniego alla trascrizione del nominativo del partner non padre biologico indicandolo come «secondo padre». L’ufficiale di stato civile italiano aveva infatti respinto la richiesta di inserimento nello stato civile ritenendo «contrario all’ordine pubblico il provvedimento…asserendo che in base alla normativa vigente, i genitori devono essere di sesso diverso».
L’ordinanza di Trento
L’ordinanza di Trento ha affrontato in prima battuta la questione degli interventi del Procuratore generale e del ministero dell’Interno che avevano espresso in giudizio la loro contrarietà all’accoglimento della domanda. Il primo aveva eccepito l’incompetenza della Corte di Trento e richiamato la vigenza della legge Cirinnà che non consentirebbe un’interpretazione nel senso favorevole; il ministero osservava come «in assenza di alcuna relazione biologica fra il (secondo) padre ed i minori, discendenti biologici solo del primo, la pretesa di riconoscimento a tutti gli effetti della piena qualifica di padre dei minori, in aggiunta ed in concorso con il padre biologico, contrasta con l’ordine pubblico, poiché le norme codicistiche sulla filiazione evidenziano come nell’ordinamento italiano ai fini della definizione del concetto giuridico di padre assuma decisivo rilievo l’elemento della discendenza genetica».
Entrambi gli interventi sono stati ritenuti non meritevoli di accoglimento. La Corte d’appello di Trento ha infatti affermato come «esclusivo oggetto del presente procedimento…il riconoscimento della efficacia nell’ordinamento italiano» del provvedimento emesso dal giudice straniero – che ha riconosciuto e accertato l’esistenza di una «relazione di genitorialità» tra i due minori e il padre non biologico. La successiva specifica «dell’ordinare all’ufficiale di stato civile del comune…di trascrivere» – a parere della Corte costuisce solo una mera conseguenza che non ha introdotto un giudizio di «opposizione al rifiuto dell’Ufficiale di stato civile»; diversamente sarebbe cambiata la competenza a favore di un altro Tribunale e sarebbe stata pienamente legittima la posizione del ministero che, al contrario, il mero giudizio di efficacia della sentenza straniera ha impedito.
Sgombrato il campo dagli interventi, andava solo verificato se sia consentito rendere efficace nel nostro ordinamento il provvedimento straniero che riconosce una relazione di genitorialità fra il padre non biologico e i figli biologici del partner.
La Corte conclude che il mancato riconoscimento dello status filiationis nei confronti del padre non biologico determinerebbe un evidente pregiudizio per i minori, che non vedrebbero riconosciuti in Italia tutti i diritti che a tale status conseguono. Per il giudice triestino la tutela di questo principio supera ogni richiamo anche al divieto della procedura dell’utero in affitto perché «la rilevazione della difformità della pratica fecondativa per effetto della quale sono nati i minori – rispetto a quelle ritenute lecite dall’attuale disciplina della Pma (utero in affitto ndr), non potrebbe determinare la negazione del riconoscimento ai minori dello status filiationis legittimamente acquisito all’estero».
da Avvenire
Trento. Tribunale riconosce figli da utero in affitto a coppia gay
Riconosciuto il legame tra due gemelli nati negli Usa da maternità surrogata, il loro padre genetico e il suo compagno. È la prima volta che accade in Italia. Roccella: così si legalizza la surrogata.
Tre leggi calpestate in nome della “comune aspirazione alla genitorialità” di due uomini omosessuali. In un colpo solo la Corte d’appello di Trento ha sdoganato l’utero in affitto in salsa gay – e questo non era mai capitato – l’adozione omosessuale e ignorato i divieti della legge 40. Se l’obiettivo era quello di permettere al partner di un omosessuale di essere iscritto all’anagrafe come “secondo padre” di una coppia di bambini nati con l’utero in affitto, i giudici trentini l’hanno centrato in modo perfetto. Tutto da dimostrare invece che la scelta sia stata fatta, come scrivono gli stessi giudici, in nome del “superiore interesse del minore”.
Un luogo comune ormai stucchevole a cui si ricorre quando mancano altri argomenti. Chi può stabilire che il fatto di avere due “padri” possa davvero rappresentare per un bambino una condizione favorevole? O, al contrario chi può accertare, come scrivono i giudici, che il mancato riconoscimento dello “status filiationis” finirebbe per determinare “un evidente pregiudizio per i minori” a causa della mancanza del secondo “padre”?
Non solo la tesi della “nessuna differenza” tra genitori eterosessuali e coppie omosessuali non ha alcun fondamento né scientifico né esperienziale, ma soprattutto si ignora il fatto che in questo “status filiationis” è risultata determinante una madre poi cancellata, grazie a un cospicuo assegno, dall’egoismo di due uomini. Come verrà raccontato questo fatto ai due bambini coinvolti loro malgrado in questa vicenda? Per questi e per tanti altri motivi, tutti ugualmente inquietanti, la sentenza rappresenta una pericolosa fuga in avanti rispetto a quella già molto problematica pronunciata dalla Cassazione lo scorso anno – richiamata nel testo – a proposito di una figlia concepita in Spagna da due donne con la fecondazione eterologa.
Il fatto
La prima sezione della Corte d’Appello di Trento ha deliberato il 23 febbraio di dare «efficacia nell’ordinamento giuridico italiano del provvedimento emesso dalla “Superior Court of Justice” del Canada con il quale veniva riconosciuto il legame tra due gemelli nati nel Paese (e dunque cittadini canadesi in base al principio regnante dello jus soli) da maternità surrogata, il loro padre genetico e il suo compagno. È la prima volta che una coppia di persone omosessuali si vede riconoscere da un tribunale italiano un rapporto che affianca al genitore anche il suo partner, anche se si parla impropriamente di “due papà”. La notizia è stata diffusa dal sito www.articolo29.it che si dedica a informazioni e approfondimenti su «famiglia, orientamento sessuale, identità di genere».
L’ordinanza del tribunale trentino, si legge, ha riconosciuto efficacia «al provvedimento straniero che stabiliva la sussistenza di un legame genitoriale tra due minori nati grazie alla gestazione per altri e il loro padre non genetico», dove il concetto di genitorialità viene qui esteso dove la legge non è arrivata. Non ancora, almeno.
Precedentemente l’ufficiale di stato civile di un Comune trentino aveva respinto la richiesta di aggiungere all’atto di nascita dei bambini (che oggi hanno più di sei anni) il secondo componente della coppia come padre, ritenendo contrario all’ordine pubblico l’atto emesso in Canada, poiché per la legge italiana i genitori devono necessariamente essere di sesso diverso. La Corte d’Appello ha dato torto all’ufficiale di Stato civile.
Una ordinanza che ha fatto sobbalzare molti commentatori, perché il Tribunale di Trento fa entrare dalla finestra ciò che era rimasto chiuso fuori dalla porta nella legge sulle unioni civili, cioè la stepchild adoption. Si introduce un principio di “oggettiva gravità”, dice il Centro studi Rosario Livatino, «secondo cui il “superiore interesse del minore” consiste nel caso specifico nell’avere due “genitori” dello stesso sesso. Ciò consegue come effetto alla continuità giuridica in Italia di una situazione di diritto determinata in un ordinamento che riconosce l’“utero in affitto”».
«Logica conseguenza della legge sulle unioni civili tanto voluta da Renzi e Alfano”, sintetizza in una nota Eugenia Roccella, parlamentare di Idea. “Il tribunale – prosegue – ha semplicemente riconosciuto il certificato di nascita di uno Stato estero, con cui si attestava la doppia paternità dei bimbi nati con l’utero in affitto. Nessuna procedura di adozione, dunque, ma la legalizzazione di fatto di una pratica, la gestazione a pagamento, che in Italia sarebbe tuttora illegale. Questo risultato era però prevedibile, e probabilmente previsto, – attacca la parlamentare – nel momento in cui è stata approvata la legge sulle unioni civili. Con il comma 20, infatti, è stato dato un chiaro messaggio ai giudici, confermandone la possibilità di legiferare nella direzione della genitorialità gay. L’opposizione all’utero in affitto è stata solo formale, da parte delle forze di maggioranza, che non hanno mai intrapreso alcuna iniziativa per perseguire il reato all’estero, come invece il nostro codice penale permetterebbe, se solo ci fosse la volontà politica”.
Di giurisprudenza che supera la legge parla anche Alberto Gambino, presidente di Scienza e vita, in una intervista a Tg2000, il telegiornale di Tv2000. La sentenza, ha aggiunto Gambino, può essere letta come un caso di ‘stepchild adoption’. «Ciò che si è voluto scongiurare con la legge sulle unioni civili sta rientrando dalla finestra con le sentenze dei giudici cioè la possibilità di ritenere padre un signore che è convivente del padre biologico. In Italia la legge sulle adozioni non lo consente neanche alle persone di sesso diverso. Quindi è un’evidente forzatura. La nostra legge sull’adozione lo consente soltanto nel caso in cui due persone siano sposate. In più in questo caso abbiamo saputo sullo sfondo che c’è una surrogazione di maternità. Quindi addirittura abbiamo di fronte la nascita di un bambino attraverso l’affitto dell’utero da parte di una donna. È uno sfruttamento aberrante”.
Le conseguenze
Ma, utero in affitto a parte, va considerata con grande preoccupazione anche questa nuova apertura all’omogenitorialità. Negli ultimi dodici mesi, sono almeno una decina le sentenze favorevoli all’adozione da parte di coppie omosessuali. Anche in questo caso, appare evidente come i giudici abbiamo considerato ammissibile la pretesa adultocentrica espressa da due omosessuali, superando il dettato dell’ex articolo 44 sulle adozioni. Perchè questa è ormai evidentemente la posta in palio. Arrivare cioè alla discussione per la riforma della legge 184 – il cammino è stato avviato con la pubblicazione del Documento conclusivo dell’indagine realizzata dalla Commissione giustizia della Camera – con un carniere ben nutrito di sentenze favorevoli all’omogenitorialità così da costituire un alibi insuperabile. Ma le emergenze evocate dai giudici di Trento – a partire dal presunto rischio di pregiudicare la perdita dell’identità familiare con conseguente danno per i bambini – non possono essere condensate e risolte in una sentenza. E neppure affrontate solo da un giudice.
Gay, Corte d’appello Trento: «Ok a maternità surrogata per due papà»
«La Corte d’Appello di Trento, con una sentenza storica, scrive una nuova pagina della giurisprudenza sui diritti dei figli di coppie dello stesso sesso. Per la prima volta in Italia viene riconosciuto il legame non biologico tra un padre gay e i suoi figli non attraverso un’adozione ma riconoscendo il certificato di nascita di un altro Stato attestante la doppia paternità di un bambino nato attraverso la gestazione per altri. La sentenza, pubblicata dal sito www.articolo29.it , si muove nel solco dei principi segnati dalla Corte di Cassazione: assenza di problematiche legate all’ordine pubblico, supremo interesse del minore, indifferenza delle tecniche di procreazione medicalmente assistita utilizzate, in questo caso la gestazione per altri».
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Così il senatore del Partito Democratico Sergio Lo Giudice. «Laddove la politica non riesce, arenandosi su quella adozione del figlio del partner già superata da questa sentenza, arriva la giurisprudenza, grazie alla tenacia di quelle coppie che non si sono arrese all’idea che lo Stato tratti i propri figli come figli di un dio minore», conclude il parlamentare democratico.
L’associazione Famiglie Arcobaleno plaude alla decisione della Corte d’Appello di Trento che, per la prima volta in Italia, ha riconosciuto come padre legittimo in una coppia gay con due bambini nati da Gpa anche il genitore che non ha legami genetici con i figli.
«L’ordinanza della Corte d’Appello di Trento – spiega la presidente, Marilena Grassadonia – si muove nel solco della sentenza della Corte di Cassazione del 2016, che riconosce il diritto dei minori nati in coppie gay o lesbiche a vedersi riconosciuti entrambi i genitori, indipendentemente da come questi bambini sono nati e indipendentemente dal dato puramente biologico». «In assenza di leggi chiare, ci auguriamo ora che tutti i tribunali d’Italia seguano la stessa strada, l’unica che al momento possa garantire i nostri figli e le nostre figlie.
Purtroppo oggi non è ancora così e i bambini delle famiglie omogenitoriali in Italia hanno diritti diversi a seconda di dove sono nati, a seconda di quale tribunale possa decidere sulle loro vite e sulle loro famiglie. È un’ingiustizia che va sanata al più presto» conclude Grassadonia.
Maternità surrogata, per la prima volta in Italia doppia paternità a coppia gay
La decisione della Corte d’Appello di Trento: è papà anche il genitore senza legame biologico. Considerato valido il certificato di nascita all’estero
E’ papà a tutti gli effetti, anche per i giudici italiani. Due uomini sono stati riconosciuti entrambi padri di due bambini nati grazie a maternità surrogata: anche il genitore ‘non biologico’. E’ la prima volta in Italia. La decisione – definita storica dal sito ‘Articolo 29’ – è stata presa dalla Corte d’Appello di Trento, che con un’ordinanza ha disposto il riconoscimento dell’efficacia giuridica “al provvedimento straniero che stabiliva la sussistenza di un legame genitoriale” tra i due gemelli – venuti al mondo negli Usa grazie alla gestazione per altri – e il loro padre non genetico.
“LEGAME BIOLOGICO NON NECESSARIO” – L’ordinanza, datata 23 febbraio, stabilisce un “principio importantissimo”, spiega il direttore del portale di studi giuridici di ‘Articolo 29′, Marco Gattuso, e cioè “l’assoluta indifferenza delle tecniche di procreazione cui si sia fatto ricorso all’estero, rispetto al diritto del minore al riconoscimento dello status filiationis nei confronti di entrambi i genitori che lo abbiano portato al mondo, nell’ambito di un progetto di genitorialità condivisa”. E’ irrilevante cioè, secondo i giudici, che non esista un legame genetico tra i bambini concepiti con “fecondazione eterologa consentita” e il genitore (nella fattispecie uno dei due padri).
LE MOTIVAZIONE DELLA CORTE – Nell’ordinanza si ricostruiscono i termini del ricorso presentato dai due uomini che si erano visti negare la trascrizione nei registri dello stato civile del comune di residenza del provvedimento con il quale, all’estero, si stabiliva che anche il “secondo padre” dei bimbi, cioè il padre non genetico, andava inserito nel loro atto di nascita: per i due uomini, che “sin dalla nascita avevano assunto il ruolo di padre e come tali erano riconosciuti dai figli, ormai di sei anni di età, così come dalla cerchia di amici, familiari e colleghi”, il riconoscimento della bigenitorialità anche nel nostro Paese “non confliggeva con l’ordine pubblico né interno né internazionale”. In gioco, sottolineano i giudici della Corte d’ Appello di Trento, c’è “la tutela dell’interesse superiore del minore”, che nel caso in questione si sostanzia nel diritto di quest’ultimo di “conservare lo status di figlio riconosciutogli in un atto validamente formato in altro Stato”
Del resto, spiega Guttuso “si deve escludere che nel nostro ordinamento vi sia un modello di genitorialità esclusivamente fondato sul legame biologico fra il genitore e il nato. All’opposto deve essere considerata l’importanza assunta a livello normativo dal concetto di responsabilità genitoriale che si manifesta nella consapevole decisione di allevare ed accudire il nato”. Ed è la prima volta “che un giudice di merito applica, in una coppia di due padri, i principi enunciati dalla Corte di cassazione, con la sentenza n. 19599/2016, in tema di trascrizione dell’atto di nascita straniero recante l’indicazione di due genitori dello stesso sesso”.