Da Brett e Giovanni alla “Coppia perfetta” – Parla Mariano Lamberti
di Claudio Finelli
In un tiepido pomeriggio di fine gennaio, a pochi passi dal Colosseo, in quella che dal 2007 è stata ribattezzata la Gay Street di Roma, incontriamo Mariano Lamberti, regista e autore, in procinto di presentare il suo nuovo romanzo Una Coppia perfetta. L’amore ai tempi di Grindr, pubblicato dalla collana Lgbt della casa editrice goWare. Mariano, che qualche anno fa ha avuto successo internazionale con il film Good As You, è anche il regista di un bellissimo documentario su Brett Shapiro, giornalista e scrittore statunitense che, nel 1991 si unì simbolicamente con rito ebraico in una sinagoga con il suo compagno, Giovanni Forti.
Mariano, la tua carriera di film maker è segnata dalla realizzazione del bellissimo film documentario su Brett Shapiro e sul suo rapporto con il giornalista italiano Giovanni Forti. La storia di Brett e Giovanni fu un vero e proprio snodo per la comunità lgbt nel nostro Paese perché i due si unirono con un rito simbolico in una sinagoga e per la prima volta si parlò, in Italia, di matrimonio gay. Ripercorri per noi quell’esperienza?
Sì all’epoca con la coautrice del documentario , Roberta Calandra, cercavamo un personaggio che fosse paradigmatico di tutta una serie di pregiudizi e luoghi comuni per nascita e formazione, per dimostrare che attraverso le scelte individuali si potesse trasformare queste caratteristiche “svantaggiose ” “in peculiarità ” e ricchezza personale. Conoscemmo casualmente Brett Shapiro che le racchiudeva tutte: era ebreo, omosessuale e artista! Cosi girammo per tutta la nostra penisola ad intervistare intellettuali, artisti e giornalisti sulla origine dell’identità ebraica, sull’ identità sessuale e su quella di un artista! Oltre a un variegato ritratto della cultura ebraica e una preveggente inchiesta sulle famiglie omogenitoriali che nel 1997, in Italia, erano ancora realtà marziane, ne venne fuori il racconto di una bellissima storia d’amore, quella di Brett Shapiro e Giovannni Forti, giornalista dell’Espresso, che fu coronata dal loro matrimonio con rito ebraico laico in una sinagoga di New York!
Secondo te è soltanto un caso che, per la prima volta, negli anni ’90, si parlò di “matrimonio gay” con una coppia di intellettuali ebrei o la cultura ebraica ha davvero una marcia in più relativamente ai diritti lgbt?
Io credo che gli intellettuali ebrei che hanno dato corpo e significato a tutta la grande cultura del novecento da Freud a Einstein, passando per Kafka, siano stati i maggiori artefici di uno smascheramento “culturale” della società borghese del ‘900 (basti pensare alla psicoanalisi e al marxismo ) per mostrarne le crepe e le contraddizioni! La coscienza ebraica libera è un faro a volte troppo accecante da seguire, capace di precorrere i tempi e di tracciare un percorso a cui tutta la civiltà, almeno quella occidentale, si è poi accodata. La cultura Lgbt, patrimonio dell’intero genere umano, è stata incredibilmente incarnata in maniera emozionante da Brett e Giovanni con il rito matrimoniale, simbolico ma altamente significativo, in una sinagoga di New York, rito celebrato – se ricordo bene – da un rabbino donna, cosa impensabile per la maggior parte delle persone che sono abituate a vedere la cultura ebraica come tradizionalista e conservatrice, mentre è invece capace di esprimere punte di modernità e avanguardia insospettabili!
Da qualche mese, sei nelle librerie con il romanzo “Una coppia perfetta” che racconta una storia d’amore tra due uomini al tempo delle chat che geolocalizzano gli incontri (tipo Grindr), cosa è cambiato negli ultimi venti anni nel modo di relazionarsi delle persone Lgbt, anche per quanto riguarda gli approcci esclusivamente “sessuali”?
Io credo che le modalità nella comunità Lgbt in sé non siano cambiate con l’avvento di queste applicazioni. Certo la geolocalizzazione ha reso più onnipotente il meccanismo delle pulsioni da soddisfare, rendendoci paradossalmente più pigri nell’approfondire una conoscenza, ma credo che queste applicazioni abbiano solo esasperato la tendenza generale della nostra società di oggi: l’ incapacità di creare una vera intimità e, in questo senso, sento un allarmante crescente disumanizzazione dei rapporti all’interno della comunità Lgbt.
Da alcuni anni lavori intensamente sulla biografia di un grande fondatore del movimento omosessuale italiano, cioè Mario Mieli. Secondo te è un caso che anche Mieli fosse di origini giudaiche?
No non credo sia un caso. Mieli è l’unico pensatore e icona gay, a suo modo eroico e tragico, che il movimento LGBT italiano abbia prodotto! Mieli era un pensatore unico perché non si adeguava mai al pensiero corrente, cosa che è tipica dei grandi intellettuali ebrei che sono sempre delle “isole”, degli apripista incredibili di cui poi, anche in maniera postuma, come nel caso di Mieli, la società ha seguito le orme .