RESTAURI DI VITE DIVERSE | Tracce vive | un libro di Mattia Morretta
di Maria Dente Attanasio
I figli di quest’epoca sembrano avere abbandonato quel desiderio d’eternità che per millenni ha ispirato i sogni e le attese dell’uomo. In quest’era di identità prêt-a-porter, tanto virtuale quanto poco virtuosa, ciascuno aspira tutt’al più a un ben più modesto quarto d’ora di notorietà. Sedicenti politici, intellettuali, artisti, scrittori affollano lo scenario contemporaneo inscrivendosi in quell’effimero quarto d’ora, rincorso volta per volta a suon di slogan, battutacce o di beceri populismi lì dove non c’è una degna opera che li rappresenti o un pensiero che possa dirsi tale. Se l’orizzonte popolato da questi personaggi inconsistenti appare ai più desolante, maggiore è lo sconforto di chi volesse rintracciarvi dei punti di riferimento o elementi capaci d’ispirare itinerari per una personale edificazione spirituale. Non a caso, in Dovremmo imparare a vivere Renato Zero canta: “Gli esempi sono miseri, di piccola entità. […] Di geni non ne nascono, la scena è magra assai. Da chi possiamo attingere? C’è il buio intorno a noi.”
Ebbene, se la scena attuale è così povera e insignificante, tanto vale andare a ricercare altrove quel nutrimento che non alla pancia si rivolge bensì allo spirito, ed è proprio ciò che si propone di fare Mattia Morretta nel suo libro Tracce vive. Restauri di vite diverse (Viator, 2016). Un testo che l’autore stesso definisce “devozionale” e che offre lo spunto per compiere viaggi reali e ideali attraverso le opere e le esperienze di vita di alcune figure esemplari vissute a cavallo tra il XIX e il XX secolo.
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Si parte con Elisàr von Kupffer ed Eduard von Mayer, eccentrici “sacerdoti pagani” di un culto consacrato all’arte e alla bellezza e fondatori, sul finire degli anni Venti del secolo scorso, dell’Elisarion o Santuario dell’Arte a Minusio, in Canton Ticino, oggi colpevolmente abbandonato all’incuria. Si prosegue poi con la villa del poeta Lucio Piccolo a Capo d’Orlando, in Sicilia, definita la “casa dei sommi spiriti”, ultimo vestigio di una delle più prestigiose casate nobiliari dell’isola, che fece da sfondo all’intensa amicizia intellettuale del poeta Lucio con il cugino Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Ci spostiamo quindi al Sacro Monte di Varallo (Vercelli), dove una lapide ricorda l’eclettico scrittore inglese Samuel Butler che dedicò un bel saggio a questo luogo. Facciamo poi un’incursione nelle stanze del castello di Ludwig II re di Baviera, per un percorso di analisi e rivisitazione dell’eccentrica figura di Ludwig e del suo progetto di edificazione e trasfigurazione verso una dimensione simbolica della regalità. Segue l’omaggio a Marguerite Yourcenar, la Madame des Lettres considerata tutrice della classicità omosessuale maschile, con un itinerario in quella sua opera capace di «annullare distanze temporali e spaziali». La penultima tappa di questo viaggio ci porta alla riscoperta di un misconosciuto milanese Germano Silva, difensore appassionato del terzo mondo sessuale contro l’ignoranza e la malafede della pubblica opinione, e del suo romanzo E noi chi siamo? che per quanto mediocre rappresenta a suo modo un esempio di militanza omosessuale sui generis. Il viaggio si conclude infine con “L’usignolo della diversità”, Pier Paolo Pasolini, e con una meditazione sulla sua tomba a Casarsa della Delizia «prima stazione di una Via Crucis di memoria dolorosa recitata per il più singolare Davide italiano del XX secolo, solo contro tutti i Golia». Quest’ultimo capitolo offre uno spaccato di sociologia contemporanea attraverso le vicende vissute da Pasolini, come figura storica e culturale, come personaggio pubblico e mediatico, passando attraverso il comunismo, la guerra giudiziaria parallela alla produzione letteraria e cinematografica. Sullo sfondo l’irrisolta e scabrosa questione omosessuale, quell’omosessualità che «prima di lui era bandita e dopo è stata banalizzata». Otto profili quindi, diversissimi per personalità e ambito, il cui unico trait d’union è rappresentato dalla loro identità sessuale, condizione, questa, che nella chiave di lettura offerta sembra costituire l’ideale terreno fertile a un fermento artistico e culturale che ne fa dei veri e propri eroi.
En passant l’autore sorvola le vite diverse di Renato Zero (che in tempi non sospetti ha sdoganato l’omosessualità attraverso le sue canzoni e i suoi travestimenti), Paolo Poli, Leopoldo Mastelloni, Aldo Busi, Alberto Arbasino, Luchino Visconti ecc. Morretta traccia così una sorta di Itinerarium mentis nei territori dell’arte, della letteratura e della ricerca dell’ideale estetico e ci invita a «rammentare quanto contino gli esempi e i modelli che si scelgono nell’esistenza, quanta differenza faccia il votarsi fin da giovani a dei sublimi invece che ai demoni della forza bruta, della volgarità e del degrado pur sotto abili travestimenti.» Se «la giovinezza rigenera il mondo “grazie all’oblio che stende sul passato”» non possiamo e non dobbiamo dimenticare quanto di più prezioso da questo passato abbiamo ereditato, perché attraverso questo universo di riferimenti storici e culturali ci viene offerta una via di fuga dall’appiattimento e dall’omologazione, capace di riscattarci dal «minuscolo giorno per giorno della contemporaneità». Possiamo costruirci parentele ideali e travalicare i limiti angusti di un’esistenza qualunque votata alla mediocrità, ponendoci in comunione spirituale con questi “santi” o “eroi” profani che ci spingono a una verticalità dell’essere, a «intraprendere la salita per guardare il panorama dall’alto». Non manca qualche imbeccata ai gay di oggi, i quali potendo disporre di così tanti e grandiosi esempi, inseguono altri miti e innalzano a proprie icone personaggi di ben più bassa caratura, ma l’invito si rivolge a tutti, al di là dei generi e degli orientamenti, perché il cammino di civiltà dell’umanità è proprio sull’opera e su figure straordinarie come queste che si fonda.
Maria Dente Attanasio