Dalla rassegna stampa Tempo libero

Il declino della Marina gay friendly. Cara Torre del lago, c’eravamo tanto amati...

Il sogno si sta spegnendo: molti ristoranti chiusi, nel dopo cena poca offerta. Anche gli imprenditori scappano: sei locali non hanno riaperto. Resiste la discoteca Mamamia

 

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TORRE DEL LAGO. Seduti in uno dei ristoranti ancora aperti della Marina, tra uno spaghetto alla trabaccolara e una tagliata di tonno, alcuni ragazzi fiorentini chiedono al cameriere: «Ma dove sono tutti? Perché non c’è nessuno?». Sono le undici e mezza di un sabato sera d’agosto e là dove c’erano le file interminabili di macchine che arrivavano fino al viale dei Tigli e gente che spintonava per una fetta di divertimento, adesso c’è solo il vuoto dei parcheggi e la tristezza dei locali chiusi. Ovunque la gente ballava in strada e in quei tavoli le persone passavano l’estate della località “gay friendly” o Lgbt più famosa d’Italia. Prima che arrivassero Gallipoli, Noto e i “Village” di Roma e Padova.
Il cuoco del ristorante, che per una sera si è buttato a lavorare in sala, non può far altro che alzare le spalle e rispondere: «Torre del Lago è morta, l’hanno uccisa. Forse questa sarà l’ultima estate. Sicuramente è l’ultima per noi: il prossimo anno non riapriamo». Nei suoi occhi c’è tanta delusione e amarezza, quella luce splendente dei lustrini e del cerone delle drag queen è spenta da un po’ e ne rimane solo una fiammella esile che è il Mamamia: ancora regge ma chissà per quanto.
Anche solo cinque anni fa per andare a ballare a Torre del Lago, al Mamamia o al Boca Chica o al Priscilla (questi ultimi due intanto hanno chiuso), si partiva da Milano o da Torino nel primo pomeriggio, si affittava un ombrellone e si faceva l’alba tra un cocktail e una canzone. Uno degli slogan proprio del Mamamia era “we are family”, siamo una famiglia. E chi andava là si sentiva parte di qualcosa, di un cambiamento epocale: mai prima c’era stata una meta gay così famosa nel nostro Paese. Torre del lago era un sorso fresco d’Europa che assomigliava a Ibiza o a Sitges. Adesso, la débâcle.

Eterosessuali, trans e omosessuali vivevano un idillio che ormai è sparito e che ha lasciato il posto al vuoto: ben sei locali lungo quello che una volta era un viale affollato non esistono più. A mezzanotte gran parte dei parcheggi sono ancora vuoti e tutta la “movida” si concentra in quel piccolo rettangolo davanti al Mamamia. Malgrado gli sforzi per rimanere a galla l’atmosfera è stanca e le ricette dell’animazione rimangono le stesse.
«In questi giorni ci dovrebbe essere il pride village – continua il cameriere del ristorante – ci dovrebbero essere eventi ma non si è capito bene in cosa dovrebbero consistere: non c’è un palco, non c’è niente».
Qualche anno fa questo lungo stradone era il regno del consorzio Friendly Versilia che organizzava il Mardi Gras, un festival fatto di concerti e talk show. Da qui sono passati grandi nomi dello spettacolo, dall’eterna ragazza del Piper, Patty Pravo, Malika Ayane, Loredana Berté, i Village People, i ragazzi di amici; ma di qua è passata la politica: Di Pietro, Ivan Scalfarotto, Vladimir Luxuria, Don Gallo e persino l’insospettabile Giovanardi, conosciuto per le sue posizioni contro le unioni civili, il quale accettò di incontrarsi e soprattutto scontrarsi con il pubblico.
«Erano anni in cui tutti noi imprenditori della marina investivamo sul divertimento – racconta Regina Satariano, ex-proprietaria del Priscilla e presidentessa del consorzio – aprivamo i portafogli e facevamo intrattenimento».
Il regno di Regina e soci è diventato il luogo per lo spaccio, che c’è sempre stato ma che prima era soltanto una goccia nel mare, al confine con la pineta ci sono ancora venditori abusivi di alcolici.
Il sabato sera a Torre del Lago prende il via intorno all’una e mezza nell’hortus conclusus del Mamamia: per qualche ora sembra anche che il tempo sia quello delle folle oceaniche e delle drag queen dalla terrazza.

Ci si prova, ci si crede fino in fondo e i drink a cinque euro tornano tutti vuoti sul bancone, tanti soldatini stremati dalla guerra, e poi ci sono i petti villosi, le ragazze con le teste rasate solo da un lato, la musica in quattro quarti che pompa sulle casse. Fino a che non arriva il momento classico di “I will survive” di Gloria Gaynor (tradotto, io sopravviverò), dall’alto della terrazza cala sulla folla l’immancabile la bandiera arcobaleno, simbolo del movimento Lgbt.
La notte è finita e l’estate pure. Come per tutte le notti in discoteca, non si pensa al domani, né all’anno prossimo. «All’inizio ero spaventata – recita al canzone – finché so amare, so che resterò viva, io sopravviverò»


Alessio De Giorgi: « La politica non ha saputo agire»
L’opinione di uno degli imprenditori che in passato ha investito sulla Marina di Torre del Lago

Quella di Alessio De Giorgi non è solo una storia di imprenditoria, quella col Mamamia è stata anche una storia d’amore, quella con il suo ex-compagno e marito Christian Panicucci. Da un piccolo bar nacque quella che poi sarebbe diventata la discoteca gay estiva più famosa d’Italia.
De Giorgi e Panicucci avevano visto le esperienze dei locali gay d’Europa e avevano tentato di riproporre la formula che sarebbe stata poi ripresa dalle altre mete friendly d’Italia.
Adesso De Giorgi adesso è nello staff della comunicazione del presidente del Consiglio Matteo Renzi ma l’esperienza del Mamamia è ancora viva per lui, possiede il 50% dell’immobile ma non fa parte della società che gestisce il locale.
L’imprenditore incolpa principalmente la politica sul tema del tramonto che sta vivendo la frazione: «Gli amministratori non sono stati capaci di gestire e comprendere l’importanza del fenomeno Torre del Lago e di tutelarlo – dice – questo non significa che gli imprenditori avrebbero dovuto fare tutto ciò che volevano ma guidarli. Nel 2013, la terribile estate in cui ci sono state le multe ai locali per le emissioni sonore, l’amministrazione comunale non ha salvaguardato la ricchezza che quella realtà offriva».
Ma c’è anche spazio per un mea culpa: «Quando poi tra me e Christian c’è stata la rottura, si era creato un duplicato dell’offerta che non ha fatto altro che saturare la Marina. Adesso Torre de Lago rischia di fare la fine del resto della Versilia che viva, in un certo senso, di un ricordo grandioso di un tempo passato»

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