“La società cambia solamente se qualcuno usa violenza” così il regista Roland Emmerich, lo stesso di Indipendence Day, Godzilla, L’alba del giorno dopo e 2012, spiega la scelta di produrre un film sui moti che nel giugno del 1969 a New York diedero il via al movimento per i diritti degli omosessuali. Si intitola Stonewall, come il bar gay in Christopher Street in cui la polizia irruppe quel venerdì 27 giugno 1969 poco dopo l’1.20 di notte. Episodio considerato simbolo della nascita del movimento di liberazione gay moderno in tutto il mondo. Per questo motivo il 28 giugno è stato scelto dal movimento LGBT come data della “giornata mondiale dell’orgoglio LGBT” o “Gay pride”.
La leggenda vuole che la transessuale Sylvia Rivera per ribellarsi abbia lanciato una bottiglia contro un agente. Una lotta che è diventato uno scontro a suon di bottigliate: “Gay Power” gridavano le drag queen davanti al roteare di manganelli della polizia newyorchese. “Sono convinto del fatto che i cambiamenti politici di maggiore rilevanza comportino sempre degli atti di violenza” incalza il regista rimasto folgorato dalla vicenda mentre visitava il Los Angeles Gay & Lesbian Center, scoprendo anche che il 40% dei senzatetto americani appartiene alla categoria LGBTQ.
È un film che soffermandosi sulle vicende del singolo, il protagonista Danny (Jeremy Irvine) e i suoi amici, immortala le discriminazioni di cui è vittima un’intera comunità proiettando quel desiderio di affermazione della propria libertà sull’intera comunità LGBTQ, e mostrando come chi non ha diritti non ha paura di combattere per ottenerli. Il regista ha avviato quindi un progetto che potesse trarre spunto dalle vicende realmente accadute, su sommosse legate ad episodi violenti, concentrandosi sull’intima storia di un singolo giovane uomo. Una pellicola che raccontala voglia di rivendicare i propri diritti “quello che mi ha colpito è che a ribellarsi e a combattere furono le persone che avevano meno da perdere” ha raccontato Emmerich sulla genesi di Stonewall, “quando la polizia si schierò in tenuta antisommossa, questi ragazzi formarono uno schieramento di fronte a quello dei poliziotti e cantarono una canzone sconcia. Per me quella fu una ribellione gay”.
Violenza che è sfociata in una ribellione o una ribellione che si è trasformata in violenza? Questo il quesito che resta, ritornando alla dichiarazione iniziale del regista che ha portato sul grande schermo un tema sempre più attuale. Oggi i Gay pride appaiono tutt’altro che lotte contro la polizia, e forse (fortunatamente o no) un eccesso di “fierezza gay”.