Dalla rassegna stampa Libri

Marzano: "Nessuna teoria gender. Riprendiamoci le parole e l’Abc dell’uguaglianza"

La studiosa e docente di Filosofia Morale presenta ad Avellino il libro “Papà, mamma e gender”.

Un’occasione in più per dissipare la confusione e la paura che alimenta la discriminazione. “Nominare le cose pian piano correttamente permette di dare a tutti e a tutte strumenti per costruire un futuro migliore rispetto al presente”. E sui libretti dell’Unar “scomparsi dalla circolazione”: “Vorrei tanto che Renzi ricostituisse un polo delle pari opportunità con pieni poteri, cioè con un ministro o una ministra, e che queste questioni vengano affrontate in maniera seria”

Il presupposto è che «gender è solo il termine inglese per cui esiste da tanto tempo la traduzione di “genere”, ma usarlo aumenta la confusione e suscita paura, quindi blocca il dialogo. Ma dietro c’è una lunga tradizione di studi che proseguono dagli decenni a livello accademico con posizioni anche molto diverse».

L’obiettivo è «dare strumenti a chi queste questioni le affronta, agli insegnanti che spesso affrontano anche fenomeni di bullismo, ai genitori, e per difendere tutti e tutte le bambine».
Michela Marzano, docente di Filosofia morale all’Università parigina René Descartes, sintetizza così la genesi e lo spirito che ha animato la stesura di “Papà, mamma e gender” (UTET), in cui l’autrice si propone di promuovere l’uguaglianza nelle differenze, recuperando innanzitutto il senso delle parole, rimettendone a fuoco i significati per dissipare la confusione fra termini che è poi facile ritrovare, ridotti a livello di stereotipi, come se fossero sinonimi.
L’idea, quindi, è definire, distinguendo ad esempio la differenza di genere dalla differenza di sesso e dall’orientamento sessuale, «che significa essere attirati emotivamente o sessualmente da un’altra persona: quindi eterosessualità, omosessualità e bisessualità, che non c’entrano nulla con la pratica e l’identità di genere. Se per esempio una donna è attirata da una donna non è meno donna, altrimenti usiamo l’orientamento sessuale per definire l’identità di genere».
«Nessuno nega l’esistenza di differenze di sesso – puntualizza l’autrice -, si nasce maschi o femmine per determinate caratteristiche genetiche, ma c’è una percezione precoce, profonda per la quale per alcuni è naturale sentirsi in accordo con le proprie caratteristiche biologiche, per altri no. E’ il fenomeno della transessualità che non si insegna, negando in questo modo la sofferenza di chi questa disarmonia la attraversa. E’ qualcosa che è lì e non si decide, come non si decide se essere etero o omosessuale. Io, femmina, donna, eterosessuale, non ho scelto, e nemmeno mio fratello, maschio, uomo e omosessuale, che a un certo punto ha dovuto però chiedersi “cosa è che non va” e si sarà chiesto se era veramente un maschio».

«Oggi c’è tanta confusione e poca attenzione alle parole – rileva Marzano -, si urla, si spinge l’altro a reagire in maniera brusca, c’è violenza sia fisica sia verbale, mentre nominare le cose in maniera corretta, che è poi l’unico modo per diminuire la sofferenza e il disordine che c’è nel mondo come dice Camus, forse ci obbliga a fare uno sforzo supplementare. Si vuole andare troppo velocemente tante volte, mentre nominare le cose pian piano correttamente richiede anche del tempo, però prenderci del tempo significa puoi guadagnarne tanto, perché diamo anche a tutti e a tutte strumenti per costruire un futuro migliore rispetto al presente».
Ed è questo il momento giusto per farlo, «anche perché se aspettiamo il momento giusto non arriva mai. L’Italia è in ritardo su tante cose – commenta – ed è il momento perché essendo appunto un’epoca di contrapposizioni, in cui si urla tanto, in cui tutto ciò che è diverso fa paura, se non apriamo i bambini fin dall’inizio alla tolleranza, all’accettazione dell’altro in quanto altro, rischiamo sempre di più in quella società che il Papa ha chiamato società dello scarto».
La strategia per abbattere i pregiudizi e dissipare le paure che ancora persistono nella società, e che non si nascondono nemmeno in occasione della presentazione del libro “Papà, mamma e gender” curata da Leonardo Festa alla Biblioteca Provinciale, è «ascoltarsi reciprocamente, per non chiudersi di fronte al punto di vista altrui. Ho la sensazione che noi viviamo un momento difficile non solo sulle questioni di genere e di orientamento sessuale – aggiunge la studiosa -. In generale, abbiamo molta difficoltà ad accettare il punto di vista altrui, ci chiudiamo, reagiamo male, l’alterità rinvia alla nostra alterità e quindi facciamo difficoltà. Noi dobbiamo cercare di riaprirci al dialogo, accettare anche le domande scomode e rimetterci in discussione. Questo è il ruolo tra l’altro dell’educazione e se lo scritto “Papà, mamma e gender” è per dare uno strumento agli insegnanti, ai genitori, riprendendo l’Abc dell’uguaglianza e anche di questioni che sono complesse. Perché sesso, genere, orientamento sessuale e pratiche sessuali sono termini su cui c’è bisogno anche di un po’ di formazione».

Attività assolutamente non destinata solo agli adulti, «perché è giusto dare ai bambini e alle bambine, ai ragazzi e alle ragazze gli strumenti giusti per orientarsi nel mondo. E’ giusto dar loro la capacità di nominare ciò che li circonda, ed è giusto e necessario insegnare loro il rispetto di tutti, indipendentemente dalle differenze. Secondo me, introdurre delle ore di insegnamento in cui si spieghi che una bambina in quanto tale non è inferiore o che non lo è un omosessuale perché è omosessuale, non è solo importante, ma necessario. Se vogliamo costruire una società inclusiva che non scarti nessuno e nessuna dobbiamo aprire la mente, nominare le cose e accompagnarli».
Si tratta quindi di «difendere tutti i bambini, anche quelli che si trovano in una famiglia arcobaleno, che si sentono ripetere che vivono nelle famiglie – ricorda Marzano -, ma le loro non sono famiglie perché la famiglia è “papà, mamma e figlio”, modo di dire da cui nasce il titolo del mio libro».
Inevitabile che un discorso del genere si trasformi in una replica all’intolleranza e alla discriminazione, in un momento in cui è apparso evidente che «discutendone in ambito accademico abbiamo forse lasciato dietro tutto un pezzo di mondo che si chiede cos’è il gender. Alle tante persone che me lo chiedevano rispondevo che non è un problema, ma se tanti se erano tanti a chiederlo, significava che era il momento di fare chiarezza».
Ida Grella, dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo Perna-Alighieri dove da anni si attua il programma di educazione all’identità “La scuola fa la differenza”, cominciando con i bambini fin dai 3 anni di età, sa bene che «c’è un’attenzione distorta su questo tema, una gran confusione attorno al termine gender che spesso non si conosce nemmeno». Ma sa anche che se «molte domande restano aperte, i bambini sono molto più avanti e lo dimostrano anche quando gli si chiede di disegnare la propria famiglia e le immagini che ne vengono fuori sono il segnale di un’idea molto più aperta di famiglia rispetto al passato».
La chiarezza trona dunque un terreno già fertile sul fronte di una percezione infantile già per certi versi più libera da pregiudizi. Ma sul fronte opposto ci sono autentici movimenti che vedono nel solo termine gender appunto l’idea di «qualcosa che mette a rischio i nostri valori e vuole distruggere la famiglia». «Questa polemica viene paradossalmente dalla Francia – spiega Marzano – con “Manif pour tous”, un movimento il cui scopo era bloccare la legge per il matrimonio egualitario in cui si ritrovavano pezzetti di estrema destra, destra cattolica ed estremismo islamico, ma non è andato da nessuna parte perché Holland tra i punti del programma aveva chiaramente detto che ci sarebbe stata l’approvazione della legge. Il Italia il movimento “Pro Vita” è arrivato dopo – prosegue -, quando si è cominciato a discutere di unioni civili, ma siccome l’Italia non è la Francia bisognerà vedere se avremo il coraggio di andare fino in fondo. Mi sa che le cose andranno in maniera diversa».

Intanto, però anche qui è stato realizzato un video, sul modello di quello francese che spiega il gender in 3 muniti, «fatto anche molto bene, perché gioca su slittamenti semantici e su una confusione più marcata, dicendo che adesso si insegna ai bambini che possono cambiare sesso quando vogliono, la masturbazione dall’asilo e che si giustifica persino la pedofilia, che è un reato e una pratica distorta e in quanto pratica non ha niente a che fare con l’orientamento sessuale. Insomma, si dice che se noi promoviamo l’uguaglianza vogliamo confondere le differenze. Ma siamo uguali in termini di diritti – insiste Marzano -, tutti uguali perché il nostro valore intrinseco è lo stesso».
All’italiana, se vogliamo, si è già evoluta la storia senza una finale dei libretti dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (Unar) della Presidenza dei Ministri prodotti dall’istituto Beck, strumenti di educazione alla diversità nelle scuole primarie e in quelle secondarie di primo e secondo grado di fatto bloccati e mai andati in porto. «Credo che siano completamente spariti dalla circolazione anche perché in questo momento l’Unar è senza direzione – afferma Marzano, vestendo qui anche il suo ruolo più politico, essendo deputata del Partito democratico -, e abbiamo comunque un problema che sembra interessare poco, e me ne dispiace, il nostro presidente del Consiglio, e che sono in genere le pari opportunità. Secondo me anche lì è una questione che forse sembra poco urgente, ma invece lo è tanto e vorrei tanto che Matteo Renzi ricostituisse un polo delle pari opportunità con pieni poteri, cioè con un ministro o una ministra, e che queste questioni vengano affrontate in maniera seria. C’è da riprendere in mano l’educazione, situazioni di effettiva discriminazione – conclude -, abbiamo bisogno che ci sia al governo qualcuno che porti queste questioni»

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