Dalla rassegna stampa Libri

Letteratura gay, cari autori cercate di uscire dal genere

Il romanzo riuscito di Louis e gli esempi napoletani

S’imputa alla letteratura cosiddetta di genere, ovvero gay, ovvero, più compiutamente, a tematica LGBT (Lesbiche, gay, Bisessuali e Transgender), una tendenza a rimanere confinata in steccati angusti di eccessivo soggettivismo, e questo nella doppia possibile declinazione del tema, serio-tragica o, al contrario, brillante, glamour e graffiante. Mi sono imbattuto con un certo scetticismo nell’opera del giovanissimo autore francese Edouard Louis, che venerdì scorso, all’Istituto Francese di Napoli con il coordinamento di Claudio Finelli e le letture di Roberto Azzurro, ha presentato Il caso Eddy Bellegueule (Bompiani), suo primo romanzo, diventato presto un caso letterario. In parte, temevo di trovare uno sfogo appena post adolescenziale di respiro corto. Per un altro verso, mi sembrava che il tema del giovane omosessuale infelice in provincia, e fuggito in città, fosse storia troppo conosciuta per costituire il soggetto di una decente tensione narrativa. Mi sono dovuto ricredere. È un romanzo asciutto, Il caso Eddy Bellegueule, senza fare dell’asciuttezza un programma di scrittura destinato, per troppa carenza d’acqua, a fare deserto. La forma e la voce cui perviene Louis non trovano una corrispondenza oggi in Italia. Da noi il punto di vista del racconto di vita omosessuale proviene da un mondo di scrittura sostanzialmente borghese, in cui mi ricomprendo ovviamente. Oppure, mantenendoci nel solco napoletano vecchio e nuovo, di matrice barocca (Patroni Griffi), misterico – fiabesca (Ossorio), espressionista e insistita (Carrino). Invece Louis, che narra la sua infanzia ed adolescenza in uno sperduto borgo del Nord della Francia, e l’umiliazione di sentirsi sempre fuori luogo e fuori tempo rispetto ai maschi di zona, per i caratteri femminili di corpo, voce, tendenze e interessi, di tanto in tanto interviene, spesso tra parentesi: considera quel passato dall’oggi, con uno sguardo purificato dal rancore, ma stralunato alla constatazione di aver dovuto soffrire davvero tutto il sofferto. Con lui, noi apriamo gli occhi sulla realtà, chiedendoci di tanto in tanto se il racconto non sia poi altro che una fiaba crudelmente esagerata. La forza della narrazione sta nell’aver fatto della storia di emarginazione di un giovane omosessuale di provincia il tassello di un universo più ampio, la cui crudeltà, le cui incapacità di comprensione, le cui reiterate brutalità rimandano ad una condizione dell’esistenza trascinata sempre in basso, anche quando barlumi di una vita forse migliore di tanto in tanto si fanno spazio. L’esistente, in questa dimensione, è già condannato in partenza ad un ciclo sempre uguale di mediocre vita familiare e lavorativa. C’è una cosa che mi ha commosso più di tutte: il giovane Eddy tenta di fidanzarsi con una ragazza, ci riesce, e si esibisce pubblicamente in lunghi baci fiducioso che essi attestino la sua mascolinità. Tuttavia, un giorno, un ragazzo della scuola gli chiede a voce alta, davanti alla ragazza e a decine di studenti: «Ma tu non sei Bellegueule, il frocio?». Io credo che la brutalità di queste domande, che pure chi scrive da ragazzo ha ricevute, aiuti a prendere coscienza di quello che sei in un modo mortifero: non solo perché denigratorio, ma anche perché implica la rassegnazione a soggiacere alle condizioni del destino, che comprendono, in questo caso, la sottoposizione all’insulto, allo scherno, all’isolamento. Con questa bolla stampata in fronte, peraltro, si chiude il romanzo, pur dopo la fuga… Ma sappiamo, dalle parentesi dell’io narrante che vengono dall’oggi, che si può accettare l’esistente in tutt’altro modo, e cioè con la felicità di camminare a testa alta, anzi di guardare oltre, al grande movimento della vita. Il caso Eddy Bellegueule dimostra che, nel 2014, le fughe dei ragazzi perseguitati a motivo della propria natura, anche sessuale, non sono tema per un manifesto di piccoli gruppi che noiosamente si battono per i diritti, ma una esperienza dolorosa di riscatto contro realtà che tendono a trascinare giù, macinando corpi e cuori.

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