Dalla rassegna stampa Personaggi

«Non avere mai fretta: la lezione di Chéreau»

L’allievo Borczuch ricorda il regista scomparso

«Patrice Chéreau è stato un maestro senza esserlo. È il modo più giusto per insegnare: non comportarsi da maestro». Il regista polacco Michal Borczuch ha 32 anni e una voce striata da una percettibile emozione: sarà l’unico dei «protégés» del Rolex Arts Weekend che si esibirà nel suo spettacolo teatrale senza il «mentor», la guida. Perché l’artista che lo ha seguito, il 68enne regista francese Patrice Chéreau è scomparso lo scorso 7 ottobre. «Eppure ha fatto in tempo — aggiunge Michal — a insegnarmi tante cose. Con leggerezza».
L’alchimia di questo incrocio dei destini (interrotto) si può ricostruire parlando dei protagonisti, che si sono incontrati in momenti particolari della loro vita. Il maestro, Chéreau, non si è fatto cogliere di sorpresa dalla morte: era malato di cancro, aveva un polmone devastato, ma fino alla fine ha voluto continuare a lavorare, memore di un consiglio che il drammaturgo Roger Planchon gli aveva dato nel ‘69: «N’arrête jamais de travailler!». «E lui non ha smesso di lavorare se non quando ha chiuso gli occhi — sottolinea Michal —. Ecco perché questo rapporto per me non è stato solo un tracciato professionale, ma un monito umano».
Lui, Borczuch, non è un ragazzino: ha studiato all’accademia di Belle Arti di Cracovia, ha già messo in scena lavori come «Werther» (2009) e «La dodicesima notte» (2010), nonché un adattamento ispirato a Freud. «Eppure — continua — quando ho incontrato Chéreau, ero nel periodo più adatto per assorbire l’esperienza. Sentivo il bisogno di qualcuno che mi insegnasse non solo come si mette in scena Shakespeare, ma che mi dicesse anche come si parla agli attori, da quale angolazione vedere le cose, come si fa a sconfiggere una malattia con la forza che ti arriva dal lavoro». Michal ha seguito Chéreau durante la lavorazione della sua ultima regia, l’«Elektra» e del film che non ha fatto in tempo a finire, Des Hommes . «Lui non ha mai cercato di cambiarmi — racconta —: guardava, ascoltava, suggeriva. Una volta mi ha mostrato come, cambiando una luce, cambiavano la scena e le espressioni degli attori. Mi ha insegnato che il regista deve leggere attentamente il testo per suggerire agli attori la migliore interpretazione. Deve capire le parole».
A casa di Chéreau, a Siviglia, hanno parlato del film-scandalo «Intimacy», firmato dal francese nel 2001 («Ricordati di condurre gli attori a un traguardo, mai di costringerli », diceva). Nelle passeggiate fredde per le strade di Berlino, hanno parlato del tempo («Cerca il momento giusto, non avere fretta», gli ripeteva). Michal oggi conclude sorridendo: «Non so quando capirò davvero che cosa ho imparato da lui. Ma domenica, a Venezia, io non sarò da solo».

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