Dalla rassegna stampa Cinema

Via dal machismo - Davide, 15 anni in fuga per la libertà

… Vittima di un padre violento che non ne accetta la diversità. In una Catania che ha il culto del machismo…

Catania. Lolita maschio tra candore e desiderio. Vittima di un padre violento che non ne accetta la diversità. In una Catania che ha il culto del machismo. Bella, dai lineamenti delicati, anzi bello, e tosto. Si chiama Davide, come il suo personaggio, il giovanissimo protagonista di Più buio di mezzanotte il film cui domani darà il primo ciak a Catania, dove la storia si svolge, il regista catanese Sebastiano Riso al suo primo lungometraggio. Un film dalla lunga gestazione. Fra le difficoltà, la principale è stata trovare il protagonista. Davide Capone ha 15 anni ed è di Palermo. «Abbiamo fatto 8 mila provini fra Catania e Palermo (con Brahma corporation e Mangano che hanno curato il casting) – dice Riso – quando l’ho visto fra coetanei all’uscita di scuola, l’ho fatto invitare in ufficio. Davide non aveva mai avuto intenzione di fare l’attore. Frequenta il liceo musicale e canta. Si è innamorato del personaggio ed ha accettato». Con il consenso della mamma naturalmente, visto che è minorenne.
Sebastiano Riso, trentenne, carino e tosto anche lui, approda al lungometraggio dopo aver diretto i corti Il giorno di San Giovanni, Il coraggio, Uccalamma ed aver lavorato in teatro con Paola Greco e con Emma Dante (in particolare per Il festino). Questo soggetto nasce a tre: gli altri sono Stefano Grasso torinese e Andrea Cedrola campano. Li incontriamo assieme: gasati, un po’ spacconi ma autoironici.
Chi è Davide? E perchè «più buio di mezzanotte» ovvero «Chiù scuru ‘i menzannotti non pò fari»?
«E’ un adolescente siciliano ma potrebbe vivere anche a San Paolo o Seul perchè in realtà la storia è universale: è uno che cerca la libertà al di là del condizionamento familiare. Definirei il mio, film d’avventura. E’ come se Gus van Sant incontrasse Sandokan». Ma anche un racconto di formazione con un ragazzo che cerca la propria identità sessuale e personale: «Cosa ancora oggi difficile specialmente al Sud. Essere un ragazzino ma avere le sembianze di una ragazzina non è facile».
Come si pone il personaggio davanti a se stesso?
«Davide non è un represso. La differenza sul piano fisico la utilizza per affermare la propria identità, a costo di vivere per strada, di stenti ed espedienti. Entra in un gruppo di “reietti metropolitani” ragazzi che se li guardi col binocolo rovesciato sono dei martiri contemporanei. Vittima di conflitto con la famiglia, Davide usa la musica per esprime la propria sofferenza».
Catania è la terza protagonista (dopo Davide e la musica): città che nel film si presenterà teatrale e rockettara, nera come la lava, «luogo perfetto per una storia del genere».
In quale Catania si muovono i personaggi?
«Centro storico ma non piazza Duomo e via Crociferi bensì la Civita, via delle Finanze, Villa Bellini: la faccia inedita di quel fermento che ha caratterizzato gli anni Ottanta. Via della Finanze era al massimo del suo “fulgore” e Villa Bellini oasi di appassionati di musica, di sognatori che si incontravano lì».
Sebastiano Riso, appassionato dei grandi maestri del cinema, si dice suggestionato da “I 400 colpi” di Truffaut e da “Mamma Roma” di Pasolini. Ed ha scelto per il cast nomi importanti: Micaela Ramazzotti, Monica Guierritore, Vincenzo Amato, Pippo Delbono.
«Il cinema italiano – intervengono Cedrola e Grasso – è poco coraggioso, conformista, criptofascista, racconta solo i valori della classe media: nepotismo, familismo. Noi parliamo di mafia senza mai usare la parola per raccontare il machismo che ha condizionato il nostro Paese, uno dei mali all’origine della cultura mafiosa».
Ma Davide ce la farà a liberarsi?
«Fa politica col suo corpo, il suo modo di essere diventa ribellione».
Si racconta la condizione dei gay a Catania?
«Oggi c’è l’Arcigay ma fino a trent’anni fa i ragazzini scappavano di casa e formavano una famiglia di strada».
La famiglia di strada qui è composta da Wonderwoman, ventenne di 1metro e 90, Rettore scappato di casa vittima di cure ormonali non desiderate, Roberto (poi Roberta) di San Cristoforo, «Merilivemorlov» che è Beatrice una tossica eroinomane vestita di nero con la faccia di madonna. La famiglia naturale di Davide è composta dalla madre Rita (la Ramazzotti), dal padre Massimo (Amato), da nonna Assunta (Guerritore), «l’unica che sostiene il nipote, anziana anagraficamente ma modernissima».
La violenza fisica è la protagonista di fondo: «In questo Paese non si riesce a vivere senza qualcuno che ti protegge. Davide scappa dalla violenza del padre. E Pippo Delbono ha ruolo importante come protettore». Migliaia le comparse, fra cui vere prostitute.
La lingua è il dialetto catanese dei quartieri popolari. Produzione di Claudio Saraceni di Ideacinema con Raicinema, Mibac (film riconosciuto d’interesse culturale), Filmcommission della Regione Sicilia e Catania Filmcommission. Distribuzione dell’Istituto Luce.

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