Dalla rassegna stampa Cinema

Delbono e il cellulare quel che offre il cinema quando si sente libero

…Un film-diario, ma anche un film di viaggio risolto in un’unica ripresa soggettiva, dove intravediamo il volto del regista solo in uno specchietto retrovisore. ..

Realizzato con la telecamera incorporata in un cellulare, come il precedente Paura, il nuovo film di Pippo Delbono è tutto quel che resta del cinema moderno. Non che sia poco, anzi; soltanto è un esempio troppo raro di cinema lirico, libero, soggettivo, ancora declinato in prima persona all’interno della spersonalizzazione cinematografica dilagante. Un po’ Godard, un po’ Moretti (vedi l’episodio in cui si sottopone a esami medici), Delbono dà il meglio nel brano pasoliniano dedicato a sua madre; lascia amabilmente spazio ai ricordi di Irène Jacob; fa dialogare Marisa Berenson col suo attore sordomuto Bobò; alterna volti anonimi con quelli celebri di Pina Bausch o Tilda Swinton.
Un film-diario, ma anche un film di viaggio risolto in un’unica ripresa soggettiva, dove intravediamo il volto del regista solo in uno specchietto retrovisore. Se nell’altro film fatto col telefonino ci aveva mostrato la paura di un Paese – l’Italia – vuoto e inselvatichito, qui ci parla senza illusioni della nostra debolezza, della nostra finitezza. Ma anche dell’amore come unica alternativa possibile alla barbarie e al non-senso.

VOTO 4/6
(r.n.)

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