Roma – «Ma cos’è? Independence Gay?». Detta da un omosessuale, di quelli esuberanti e oltraggiosi, che fanno “la pazza”, la battuta è divertente. Eppure vedrete: qualcuno storcerà il naso di fronte a “Good As You”, la commedia di Mariano Lamberti che esce venerdì in una sessantina di copie. Rifacendosi a uno slogan in voga negli anni Sessanta, le iniziali delle tre paroline inglesi, avrete capito, compongono l’acronimo gay, tanto per restare in argomento; anche se il manifesto coloratissimo, sul quale spiccano il sottotitolo “Tutti i colori dell’amore” e gli otto personaggi principali con la bandiera arcobaleno, in realtà sembra rivolgersi a tutti i pubblici: etero, omo, lesbico e trans.
Con l’aria primaverile e gli incassi ridotti al lumicino, difficile dire se questo piccolo film indipendente realizzato senza finanziamenti ministeriali, ma con l’aiuto della Regione Lazio, saprà conquistarsi un posticino in classifica. Di sicuro non l’andranno a vedere politici come Massimo Calearo, Carlo Giovanardi e Mario Borghezio, solo per dirne tre che anche di recente si sono espressi in maniera offensiva sui gay. Per fortuna l’Italia non è tutta così, benché Lamberti confessi che mica è stato facile girare il film, tratto dall’omonima pièce teatrale di Roberto Biondi, nel 1999 reclamizzata come «la prima commedia omosessuale che fa impazzire gli eterosessuali».
Chissà se è così. Vero è che alcuni degli attori ingaggiati si sono sfilati, per imbarazzo o ripensamenti, a pochi giorni dal primo ciak; le riprese sono state contenute in poche settimane per risparmiare; s’è faticato a trovare una distribuzione, la Irisfilm. In compenso, buona notizia, la commissione di censura non ha invocato il divieto ai minori di 14 anni, nonostante i dialoghi birichini e qualche ombra osé.
Spiega il regista: «Non che sia difficile fare un film sui gay in Italia. Ozpetek ne ha girati di belli, a partire da “Le fate ignoranti”. Ma il nostro è diverso, credo. È uno sguardo non “sul” mondo gay, ma “dal” mondo gay. Il punto di vista omosessuale non si riflette negli occhi di un padre del sud, di una moglie borghese o di una società che ti rifiuta, me nello sguardo stesso della comunità lgbt». In effetti, sette degli otto personaggi sono gay, e l’unica etero, una delle quattro donne, non disdegnò in passato e non disdegna di nuovo le coccole di una lesbica proletaria e mascolina, di quelle definite in gergo “butch”.
La storia? Al ritmo di “The Lady in the Tutti Frutti Hat” cantata dalle gemelle Kessler, una cena per l’ultimo dell’anno fa detonare, quasi in chiave di sit-com tra il trasgressivo e il sentimentale, il gioco degli eventi che unisce i destini amorosi di Adelchi, Claudio, Silvia, Francesca, Mara, Marco, Marina e Nico, incarnati rispettivamente da Lorenzo Balducci, Enrico Silvestrin, Daniela Virgilio, Lucia Mascino, Elisa Di Eusanio, Diego Longobardi, Micol Azzurro e Luca Dorigo.
Tradimenti, sieropositività, gelosie, bugie, ripicche e abbandoni si susseguono nell’arco dei mesi successivi, finché la nascita del piccolo Lorenzo, frutto di una fecondazione atipica, non riporterà l’armonia del gruppo, all’insegna «di un caos fantastico, di un meraviglioso senso di libertà», per citare l’ultima battuta.
Nel suo afflato militante/affettuoso, tutto interno al mondo lesbo-gay romano, il film magari la fa un po’ facile sui temi della famiglia allargata. Ma è vero che “Good As You”, pur con qualche squilibrio drammaturgico, restituisce, per dirla col regista, «senza drammi e pietismi uno spaccato allegro, autoironico e divertito, a volte provocatoriamente onesto, su vizi e virtù della comunità». Il rischio cliché ogni tanto si affaccia, ma Diego Longobardi non ci sta: «Il mio personaggio, Marco, è una maschera consapevole, rivendica lo stereotipo della “checca” e lo sbatte in faccia a tutti, perché si diverte così, esagerando».
Concorda Lorenzo Balducci, attore finito nel calderone mediatico a causa del potente padre Angelo, per il quale il suo possessivo Adelchi «sfodera dinamiche universali, che non valgono solo per i gay». Mentre Enrico Silvestrin confessa di aver lavorato per sottrazione, stando attento ai dettagli: «Non volevo fare il solito gay interpretato da un etero: o sono “pazze” isteriche o restano etero». Tutti gli chiedono com’è stato baciare Balducci sulla bocca: «Non capisco questa morbosità. Perché non me lo chiedono se sparo da poliziotto o rapino una banca in una fiction tv?». Già.