Il senso della recensione di Magnifica Presenza che vi proponiamo è quello del nostro titolo un po’ provocatorio. Il nuovo film di Ferzan Ozpetek con protagonista un Elio Germano aspirante attore e ossessionato dai fantasmi che abitano la sua casa di Monteverde è piaciuto a tutti.
Ed anche Bad Taste, di cui vi proponiamo l’acuta recensione, non boccia la pellicola del regista turco. Diciamo solo che la affronta con uno spirito critico che trova proprio nell’omosessualità di Elio Germano, o meglio del suo personaggio Pietro, la parte più spinosa del film. Non vi anticipiamo nulla, e vi rimandiamo per la recensione completa di Magnifica Presenza a Bad Taste. Di seguito alcuni estratti.
Il gay protagonista c’è. E non è il tipicamente italiano “amico di Dalla”, nel senso che non è un personaggio che deve nascondere alla società il proprio orientamento sessuale come Andrea Renzi nelle Fate ignoranti. Non deve nemmeno combattere all’interno della sua famiglia (Mine vaganti) o vivere il lutto all’interno della propria comunità di amici (Saturno contro). Il gay è pazzo, sfigato, solo come un cane e forse anche un po’ cretino. Fantastico! Ma Ozpetek l’ha capito?
Pietro è un bambinone cresciuto, un Forrest Gump italiano, uno che non sa distinguere un fantasma da uno squatter e una notte di fugace passione da una relazione d’amore: “Io non riesco ad essere gay, figurarsi se riesco ad essere eterosessuale” dice con non convincente autoconsapevolezza alla quasi cugina un po’ troppo vogliosa (brava Paola Minaccioni) che di fronte alle sue visioni lo ammonisce: “Tu devi scopare!”.
Cosa c’è che non va? Poco a dirla tutta. Essenzialmente… Pietro. Il film è buffo e pazzerello ma quello che avremmo voluto da Ozpetek è meno indulgenza nei confronti del suo protagonista. Mentre un Terry Gilliam avrebbe enfatizzato la follia di Pietro portandolo ad essere più ridicolo e tragico non dimenticando la pericolosità esistenziale del suo atteggiamento beota (probabilmente l’avrebbe fatto pure morire in modo atroce), Ozpetek rischia di farne una bella statuina tanto sensibile, tanto morale e infine stucchevole. Questo non solo è cinematograficamente sgradevole… ma è anche socialmente pericoloso. Pietro è scemo come una zucchina. Punto. Chi di noi si farebbe consigliare da un fantasma per un provino cinematografico (ilare cammeo di Daniele Luchetti) rischiando così di sputtanarsi un’occasione sulla carta fondamentale? Perché invece Ozpetek lo tratta in modo così paternalista, retorico e ipocrita? Manco fosse “l’amico di Dalla”.
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