Il regista: «Siamo un Paese d’arte, basterebbe sfruttare la nostra bellezza»
“Magnifica presenza” racconta le avventure di Pietro (Germano), giovane aspirante attore e timido gay che, per vivere, lavora in un forno facendo cornetti. Arrivato a Roma dalla Sicilia, Pietro si affitta una grande casa a Monteverde Vecchio. Una casa che si rivelerà per lui davvero straordinaria. Qui infatti compariranno, a poco a poco, le magnifiche presenze di una compagnia di guitti degli anni Quaranta. Tra i fantasmi troviamo: il capocomico Filippo Verni (Beppe Fiorello), Lea Marni (Margherita Buy, nella foto in alto), Luca Veroli (Andrea Bosca) e Beatrice Marni (Vittoria Puccini). Nel film anche la partecipazione straordinaria di Anna Proclemer. A sinistra il regista Ferzan Ozpetek e il protagonista Elio Germano
Ferzan Ozpetek alla sua prima volta. Nella paura e tra i fantasmi. Ferzan Ozpetek alla sua prima volta tra lacrime e presente, guerra e pace, teatro e cinema, mai così miscelati nel suo cinema. Ed è Magnifica presenza, storia di una casa abitata da fantasmi, anzi da attori morti nel ’43, e di un giovane pasticciere catanese (uno straordinario Elio Germano) che vi si trova in mezzo, appena arrivato a Roma e in questa casa piena di gente che solo lui vede e di rumori. Ma non chiamatele fantasie. O, almeno, questo suggerisce Ozpetek, che giura che il film gli è stato ispirato da fatti reali: «Non solo dalla mezza stanza di casa mia dove io seppi solo più tardi che si erano nascosti degli ebrei perseguitati e in cui io avevo percepito una presenza ma anche da alcuni episodi che mi raccontò un mio amico circa 18 anni fa, quando a casa sua aveva visto una donna vestita in modo strano, per poi scoprire che da lì durante la guerra una madre e una figlia si erano buttate dalle finestra».
Realtà (si fa per dire) ma infarcita di citazioni e invasata dalla presenza dei pirandelliani Sei personaggi in cerca d’autore: «Effettivamente Pirandello è stato molto presente in questo gioco tra realtà e finzione, tra presente e passato, e non a caso al Teatro Valle, dove si chiude il film, Pirandello ha messo in scena i Sei Personaggi» puntualizza Germano che qui parla con sicula cadenza e tratteggia con leggerezza e azzardo il suo pasticciere gay che è, racconta, «un ragazzo candido, delicato e disponibile, che arriva a Roma per fare l’attore ed è molto smarrito, è un puro una sorta di Pinocchio in mezzo a personaggi particolari e così attraverso la sua solitudine e la sua alienazione viene mostrata una società che accetta solo gente omologata».
Insomma, un personaggio lontanissimo da quelli finora da lui interpretati: «Decisamente, anche soltanto per il linguaggio, un siciliano che certo non mi appartiene. Ma Ferzan è regista che ama gli attori e trovo questo film tutto centrato sulla rivendicazione dell’orgoglio, della debolezza, della fragilità. Nel senso che viviamo in un mondo in cui l’aspetto più debole della nostra vita tendiamo a calpestarlo e ad indossare maschere per sembrare sempre forti perché la fragilità non è alla moda. Così lui tede a nascondere le sue passioni, non è smaliziato, si chiude nella sua solitudine e coltiva la sua fragilità. Ho amato il messaggio finale che spinge a coltivare se stessi e i propri sogni , anche contro tutti e tutto».
Poi largo ai fantasmi e ad Anna Proclemer, che confessa: «Non so nulla del cinema e i che del mio personaggio mi sono innamorato di lui o meglio del suo amore per gli attori. Io non amo i registi, anzi spesso li odio, di certo odio i registi teatrali e vorrei che ci lasciassero lavorare. Al cinema è diverso, di certo con Ferzan ti senti talmente amato che gli si accoccola in braccio e vorrebbe che andasse avanti all’infinito. L’unica cosa che non gli perdono è di avermi fatta persino più vecchia di come sono. E mi è dispiaciuto aver rapporto solo con Germano sul set, avrei tanto voluto rapportarmi alla Buy che, invece, mi guardava a distanza come se io fossi un vero fantasma».
E la Buy: «Io invece litigo molto con Ferzan ma lo ringrazio per il vestito elegante che mi ha messo addosso, ho odiato solo la parrucca». Ma, «quando reciti con Ferzan ti senti come un piatto prelibato cui lui sta lavorando» aggiunge Paola Minaccioni, cugina di Elio, sola anche lei «ma che si fa abitare da altri per non stare sola».
Si è divertito, invece, da morire Beppe Fiorello: «Ringrazio perché mi ha dato la possibilità di fare l’attore che fa l’attore con trucco fortissimo, esperienza fortissima, giocosa, divertente».
Un po’ come il rapporto che Ferzan ha con Procacci il produttore, «che sembra un rapporto da cabaret tutto allegria e scintille ma il problema è che tutto ciò che non va lui lo scarica su di me, è a anche carinissimo con gli attori ma quello che non va lo sconto io. Ma, è vero, con lui mi diverto anche io». Infine da Ozpetek un appello: «Siamo in un Paese d’arte, basterebbe soltanto che sfruttassimo il nostro teatro, i nostri monumenti, la bellezza delle nostre città per poter vivere alla grande e non fare più nulla, ma, nonostante questo, il nostro paese fa poco e mette in ginocchio anche il nostro cinema che è poco supportato».