Coppie di fatto, omosessualità, mentalità aperta. Nonostante i passi avanti, molte persone subiscono condizionamenti da una società che è ancora per certi aspetti “repressiva” e pocco avvezza al cambiamento. Molti credono (compresa una fetta della psicologia) che la sessualità si possa cambiare, che si possa invertire la rotta dei sentimenti. Ma la scienza dice che non è così. Che le teorie riparative si sono dimostrate fallaci. “Proponiamo, insieme a tutte le organizzazioni scientifiche del mondo e in base alle moltissime ricerche ripetutamente convalidate, che l’affettività omosessuale non sia né una malattia né un sintomo e dunque non possa e non debba essere curata né cambiata. Certamente, in una società in cui l’omosessualità è talvolta ancora guardata come se fosse un disturbo, le persone omosessuali vanno aiutate a valorizzare a pieno la propria identità e la propria differenza, e questo è un compito che i professionisti devono porsi”. Così Paolo Rigliano, Jimmy Ciliberto e Federico Ferrari presentano ad Affaritaliani.it Curare i gay? (Cortina). Per la prima volta viene presentato al pubblico italiano un testo che affronta il problema delle terapie riparative da un punto di vista rigorosamente scientifico, analizzandole nei loro aspetti clinici, psicoterapeutici e culturali e dimostrandone l’inefficacia e la dannosità. Gli autori propongono al contrario un modello di accoglienza delle persone omosessuali in psicoterapia, valido per ogni rapporto di cura, basato sulle evidenze scientifiche e sul rispetto dei loro diritti e delle loro prerogative. È anche il primo libro a riflettere sui gay credenti in psicoterapia.
L’INTERVISTA A TRE VOCI
Come mai un libro dal titolo Curare i gay?
“Curare i gay?”, con il punto interrogativo, è una domanda che abbiamo assunto come sfida e che poniamo a tutti i lettori, contro la visione fuorviante di interpretare l’orientamento sessuale come un sintomo di disagio. E’ questa una falsificazione strisciante e marginale, che purtroppo ancora sopravvive negli ambienti scientifici più arretrati e in certi movimenti religiosi reazionari. Come messo in evidenza dal sottotitolo “Oltre l’ideologia riparativa dell’omosessualità”, quello che questo libro vuole ribadire è che non solo l’omosessualità non è una malattia, ma come ogni orientamento sessuale è un aspetto centrale del Sé, che deve essere valorizzato perché si possa vivere pienamente e serenamente la propria sessualità.
Come mai c’è ancora chi considera l’omosessualità una malattia?
Da una parte, c’è una sparuta minoranza di terapeuti ideologicamente asserviti alle fedi fondamentaliste e integraliste, che quindi seguono vecchi dogmi religiosi, tra l’altro del tutto contrari al messaggio evangelico dell’accoglienza delle differenze e della valorizzazione delle diverse forme di amore e di vita. Dall’altra, ci sono alcuni psicoterapeuti, di solito psicoanalisti vecchio stampo, rimasti legati a sorpassate teorie piene di pregiudizi, sconfessate dalla ricerca scientifica. Noi proponiamo invece, insieme a tutte le organizzazioni scientifiche del mondo e in base alle moltissime ricerche ripetutamente convalidate, che l’affettività omosessuale non sia né una malattia né un sintomo e dunque non possa e non debba essere “curata” né “cambiata”. Certamente, in una società in cui l’omosessualità è talvolta ancora guardata come se fosse un disturbo, le persone omosessuali vanno aiutate a valorizzare a pieno la propria identità e la propria differenza, e questo è un compito che i professionisti devono porsi.
Come cercano i fautori delle terapie riparative di “riorientare” l’omosessualità?
Il libro spiega come i fautori delle terapie riparative tentino di “riorientare” la sessualità e come inesorabilmente falliscano: non è mai stata provata alcuna efficacia di questi pericolosi trattamenti, mentre sono numerose le testimonianze di danno subito. I risultati millantati da alcuni sedicenti terapeuti corrispondono in realtà ad una maschera che i pazienti apprendono a mostrare a sé e agli altri, ma non ad un cambiamento dei desideri della persona. Questo, col tempo, può diventare logorante per la persona.
Come gestite il rapporto con l’etica?
L’etica è un aspetto centrale della nostra riflessione: chi propone questo tipo di trattamenti viola le norme dell’etica in molti modi. I fautori più convinti delle terapie riparative si propongono come “agenti di cura” ignorando però i dettami scientifici di base nel definire che cosa costituisca o meno malattia, e confondendo i propri tabù sessuofobici e omofobici con il disagio mentale. Già questo tipo di mistificazione è eticamente molto grave. Ma anche chi si presti a trattamenti volti al cambiamento dell’orientamento sessuale senza considerare l’omosessualità una malattia (e ce ne sono) si mette nella posizione di chi cerca deliberatamente di amputare un arto sano, provocando dolore inutile, ma essendo anche destinato a fallire nel suo intento.
E con la libertà?
La libertà è un tema fondamentale e complesso. La libertà significa piena possibilità di essere se stessi, di seguire il sogno della propria felicità e realizzazione affettiva ed esistenziale. Chi cerca i trattamenti riparativi, chiedendo di cambiare orientamento sessuale, chiede di essere aiutato a reprimere i propri desideri perché ha interiorizzato l’idea che essi sono sbagliati. E lo fa nella falsa speranza di cambiare la propria parte più intima e genuina, quella che definisce il suo desiderio d’amore. Questo, ci dice la ricerca scientifica, non è possibile. Assecondare una simile richiesta significa dunque condannare l’individuo ad una privazione costante, all’autosorveglianza e all’automortificazione: significa condannare la persona a opprimere se stessi, sottoponendosi ad un vero e proprio lavaggio del cervello. Diventa dunque molto difficile considerarlo un modo di rispettare la sua libertà.
A chi consigliate in particolare la lettura di questo libro?
A tutti coloro che si trovano o potrebbero trovarsi ad avere a che fare con l’ideologia riparativa dell’omosessualità, perché offre strumenti scientifici forti per capirne la fallacia. Le persone omosessuali, le loro famiglie, le figure educative nel senso più ampio del termine, i consulenti religiosi sono i lettori primari di questo libro, che aiuta anche tutti coloro che sono interessati a capire le strutture di desiderio, le dinamiche dei legami affettivi ed erotici, oltre i pregiudizi e i luoghi comuni. Questo, inoltre, è anche un libro clinico. Si rivolge dunque agli psicoterapeuti, per offrire loro gli strumenti per una riflessione chiara sulle dimensioni complesse dell’identità sessuale: quelle più fluide e sempre in cambiamento, e quelle invece nucleari che definiscono il Sé dell’individuo.
Ci sono tanti omosessuali che vorrebbero non esserlo e chiedono aiuto alla psicologia?
La maggior parte delle persone omosessuali, nelle società occidentali di oggi, vive positivamente la propria omosessualità. Rimane tuttavia una fascia di popolazione, soprattutto tra gli adolescenti e/o i credenti, particolarmente vulnerabile ed esposta all’oppressione sociale, all’invisibilità e alla squalifica che ancora caratterizzano la società italiana.
La società è pronta per affermare una totale libertà sessuale o i condizionamenti della Chiesa e dell’impostazione tradizionale sono troppo presenti ancora?
La questione è che nella società ci sono già milioni di persone omosessuali che vivono il proprio desiderio, formano coppie, famiglie, contribuiscono all’evoluzione della comunità. I dogmi del fondamentalismo religioso non possono arrestare questo processo, ma possono sicuramente influenzare le possibilità di accettazione positiva del proprio desiderio e la promozione della convivenza delle diversità.
============================
da L’Espresso
Chi vuole “guarire” i gay
di Stefania Rossini
Arrivano anche in Italia le teorie e i libri degli psichiatri Usa che piacerebbero a Giovanardi: quelli che spiegano agli omosessuali come diventare etero. Magari leggendo la Bibbia, o con un’applicazione per iPhone(21 febbraio 2012)Bisognerebbe fare un test culturale. Appostarsi in una libreria e spiare le reazioni del pubblico che fra qualche giorno si troverà davanti a un volume che sembra provenire da un’altra epoca o da un’altra civiltà: “Curare i gay?”. L’impatto del titolo non è attenuato dall’interrogativo, e risposte di sconcerto, interesse, scandalo o indifferenza potrebbero dire molto sulla persistenza del pregiudizio omofobico nel nostro Paese.
Appare infatti quasi una provocazione il saggio scritto dallo psichiatra Paolo Rigliano insieme agli psicoterapeuti Jimmi Ciliberto e Federico Ferrari (Cortina editore), un sasso lanciato per vedere che effetto fa nell’apparente calma di una società civile e scientifica che ha da tempo accettato l’omosessualità come una delle normali componenti della vita affettiva. Tanto che per stanare le sacche di omofobia e mettere in allerta la cultura progressista su uno scenario possibile, gli autori si affidano alla futurologia. Descrivono cioè con dovizia di particolari una tendenza felicemente ignorata in Italia, ma presente negli Stati Uniti, dove hanno una certa fortuna le cosiddette “terapie riparative” il cui scopo è quello di riportare i pazienti gay a una presunta eterosessualità originaria. L’avvertimento è esplicito: attenzione, i fenomeni culturali che in America acquistano senso e visibilità non hanno mai tardato ad attecchire anche da noi.
Ecco allora la descrizione di un filone psicologico che in Usa ha messo radici nelle retrovie dello schieramento repubblicano, trovando alimento nella cultura settaria del fondamentalismo religioso, al pari del creazionismo. L’idea di base dei cosiddetti psicoterapeuti riparativi è semplice: la natura divide l’umanità in maschi e femmine destinati ad accoppiarsi tra loro, tutto il resto è devianza che, con apposite cure, può essere riportata alla normalità originaria. Poco importa che l’omosessualità non sia più classificata come disturbo mentale fin dal 1973 e che i Paesi anglosassoni siano all’avanguardia nel riconoscimento dei diritti civili dei gay. I “riparatori” usano tutti i canali possibili per insinuarsi, se non nel dibattito scientifico, almeno nella opinione pubblica americana più disarmata.
L’editoria conta già una dozzina di titoli che professano cure contro l’omosessualità, a cominciare da quelli del loro massimo teorico, lo psichiatra Joseph Nicolosi, tradotto in italiano anche dalle Edizioni San Paolo. La tv dà voce a testimonial come il commentatore della Cnn Rowland Martin che ha una moglie psicologa in grado – lui garantisce – di far passare il desiderio per lo stesso sesso. La politica si avvale di un altro marito, quello di Michele Bachmann, ex candidata del Tea Party alla Casa Bianca, che dirige una serie di Crisis Clinics dove l’omosessualità è curata soprattutto con la lettura della Bibbia. Anche lo sport ha nomi di grido, come l’ex campione dei Giants, la squadra di football americano vincitrice dell’ultimo campionato, che dichiara il suo “appoggio affettuoso a tutti gli ex omosessuali”. E mentre Internet ha sul tema centinaia di siti, non mancano incursioni anche nella telefonia, tanto che la Apple si è vista costretta a ritirare un’applicazione per l’iPhone chiamata “Gay Cure”. L’aveva installata un anno fa su richiesta di un gruppo evangelista, ma era stata sommersa da una protesta firmata da 150 mila persone.
A chi pensa che si tratti di folklore americano e che farne argomento di un libro di denuncia rischi di dare notorietà a trite asserzioni ideologiche, Rigliano risponde che conviene prevenire perché il nostro Paese è, per molti motivi, tra i più esposti alla penetrazione di vecchie e nuove teorie omofobe. Infatti è tra i pochi che ancora non hanno dato nessuna legittimità alle unioni di fatto, subisce il diktat di un papato fortemente ostile alla condizione omosessuale e, punto inaspettato, porta la zavorra di “una retorica progressista fallimentare”, per la quale “essere omosessuale è un tratto diverso e irrilevante, come avere gli occhi verdi o i capelli biondi”.