Dalla rassegna stampa Libri

Intervista a Cristiana Alicata autrice di “Verrai a trovarmi d’Inverno”

Cristiana ti conosciamo come militante lgbt, donna del pd, webmaster, manager fiat e ora come scrittrice. Una vita intensa…

Cristiana ti conosciamo come militante lgbt, donna del pd, webmaster, manager fiat e ora come scrittrice. Una vita intensa…

Diciamo che le ore che protestano sono quelle del sonno. In ogni caso non sono manager nel senso comune del termine: ho un settimo livello metalmeccanico e sono responsabile commerciale Lancia di un pezzetto d’Italia. In realtà sono al secondo romanzo e forse la scrittura è la cosa che ho cominciato a fare appena ho potuto, ma sono un po’ lenta perché è la parte di me su cui esigo di più. Quando al blog è il mio rifugio.

Ci puoi anticipare qualcosa di Verrai a trovarmi d’inverno?

È la storia di Elena che fa la chirurga e una notte, in moto, va a sbattere contro le Mura aureliane. Contro il parere di tutti decide di trascorrere la convalescenza a Pantelleria, in pieno inverno, non esattamente un luogo invernale, converrai. Qui conosce Liz, fisioterapista transessuale in attesa di cambiare sesso, e Gina, che fa il meccanico di qualsiasi cosa abbia un motore. Con loro ricostruisce le dinamiche dell’urto, sentimentale prima che fisico. E poi Aldo, padre di Elena, Giovanni il suo socio e Mattia, il figlio di Giovanni da sempre innamorato di lei. Una strana storia di un viaggio a Parigi in 500m durante gli anni di Piombo. Ed, infine, Viola. Ma di lei non ti dico niente.

Come mai un libro sulla ricerca di sé?

E’ un viaggio che ho voluto fare in un luogo che non conoscevo: essere omosessuali e non riuscire a dirlo. Ma anche un viaggio nei modi diversi di vivere l’amore e i rapporti, un viaggio nella nostra generazione e nel suo rapporto con quella dei nostri genitori. E’ un libro dedicato, come scrivo in coda al romanzo, alla nostra comunità, anche se non è un libro solo “per noi” o “di noi”. C’è anche la ricerca del rapporto che i nostri genitori hanno avuto con il loro essere giovani e con il rapporto che noi, figli, abbiamo con questo loro primato “di gioventù”.

E la tua ricerca come è andata?

La scrittura è un’esegesi, in ogni caso. Di sé e degli altri. E majeutica, è come l’esercizio dell’ostetricia: cava fuori. Ti conduce alla scoperta di cose che non sapevi, ti insegna. Io dico sempre che la fortuna degli scrittori è avere la scrittura che li fa risparmiare sull’analisi. Come tutte le ricerche vere…non è ancora finita.

Quali sono le problematiche maggiori vive una donna lesbica in Italia oggi?

Non so se ci sono problemi specifici dell’essere donna e lesbica insieme. Di sicuro in Italia non è facile essere donna come non è facile essere omosessuale. Da una parte si pensa che l’omosessualità femminile sia più tollerata, ma è una tolleranza figlia del maschilismo che ripudia l’omosessualità maschile con disgusto e guarda a noi come un sogno erotico. Insomma, non sono mai contenta quando dopo un coming out mi sento dire che “però i maschi, no, che schifo”. In realtà l’omosessualità femminile, porta con se la discriminazione più profonda che è quella del non detto, quella dell’amputazione sociale: si ritiene che una donna lesbica, “rifiutando” il maschio, non sarà mai madre. Oggi sappiamo che non è così e per fortuna l’evoluzione del genere umano (in Italia un po’ in ritardo) ci ha fatto comprendere che la genitorialità è altra cosa dall’indirizzo sessuale.

Sei molto attiva nel PD: la tua ultima iniziativa è stata chiedere l’espulsione di Mario Adinolfi che ha dato del “frocetto” a Signorini…

A dire la verità mi ha offeso di più il “servetti” gay dato ai commessi. Questo machismo (che poi è maschilismo puro) che mette all’indice la femminilità se incarnata in un corpo maschile, è proprio medievale ed offensiva. Trovo che da parte del primo dei non eletti alla camera nel Lazio e per la visibilità che ha, sia un atteggiamento altamente lesivo nei confronti di un partito che, direi finalmente, è impegnato su tutti i fronti contro l’omofobia (progetto di legge in Parlamento condotto da Paola Concia e appoggiato da tutto il partito, la giovanile impegnata a fare campagna culturale) da una parte e dall’altra sta discutendo – e non sto dicendo che sarà una passeggiata di piacere – che forma dare alle unioni civili (premettendo che io, come è noto sono per il matrimonio esteso anche a noi). In ogni caso la mia attività nel PD, ovviamente, non si riduce né a questo caso, né unicamente alle nostre battaglie, ma non è questa la sede.

Qual’è il tuo rapporto con Arcigay?

Credo, da sempre, sereno. Ho bei ricordi, per esempio del tempo passato a Torino con i ragazzi di Arcigay Torino. Sono molto felice che Arcigay abbia preso una strada di totale indipendenza dai partiti, non vorrei mai che un’associazione, chiunque essa sia, fosse subordinata ad un partito, la troverei una presa in giro. Questo separa i ruoli: io faccio politica, tu fai l’associazione. Il politico si sporca le mani nel cercare strade e compromessi (che è la politica nelle democrazie che ci piaccia o no) e l’associazione è quella che deve tenere l’asticella al livello massimo e cazziare la politica, continuamente. Come politica vorrei che Arcigay fosse un sindacato e vorrei che i sindacati, in Italia, divenissero sempre più indipendenti dai partiti e quindi forti.

Quale futuro per il movimento gay italiano?

Dipende. Se l’operazione di indipendenza dai partiti (e non dalla politica, ovviamente) funziona vedo molte speranze. Questo significherà anche, forse, rinunciare a finanziamenti, ad appoggi di amministrazioni non coerenti fino in fondo, che si lavano la coscienza sui nostri temi finanziando progetti. Dobbiamo pretendere leggi e provvedimenti oltre all’approvazione di progetti, la nostra libertà passerà di lì. Bene invece la collaborazione e l’appoggio delle amministrazioni virtuose sui nostro temi. Il movimento deve riuscire a diventare un punto di riferimento forte per la comunità LGBTQI, e temibile ed autorevole per la politica. Oggi il movimento ha la stessa malattia della sinistra. Non dico che serva un leader unico, un portavoce forte, supportato da tutti, perché siamo belli anche per le diversità che conteniamo, ma di sicuro e lo dico da cittadina lesbica di Roma, la comunità non ne può più di essere strumentalizzata e di assistere alla guerra tra bande di alcuni che pur di uscire sui giornali ingigantisce i fatti di cronaca fino quasi all’invenzione. Questo danneggia la comunità, ci mette all’angolo, non ci fa più essere credibili, non è giustificabile per nessuna causa e non è più tollerabile. Ci sono tanti talenti nel movimento, tanta ricchezza culturale, ma non riusciamo a metterla a sistema, a diventare da movimento, una comunità matura, che discute, ma poi fa sintesi.

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