Angelo Pezzana, lei ha pubblicato in questi giorni con Stampa Alternativa il libro «Un omosessuale normale», diviso in vari capitoli. Come definirebbe il suo lavoro e perché ha sentito il bisogno di scriverlo?
«Il libro è un diario diviso in molti capitoli brevi come è giusto che sia per un diario, nel quale descrivo gli episodi più significativi della mia vita partendo dagli anni della giovinezza fino a oggi».
Da un lato lei descrive la sua esperienza omosessuale e parla del lungo e difficile cammino verso la conquista di un’identità e dall’altro lato descrive molti personaggi significativi per il suo percorso, per la sua vita.
«Sì, partendo dagli Anni 60 nei quali la società non aveva ancora raggiunto quella modernità che oggi noi conosciamo, l’argomento era tabù, non se ne parlava. Io ho sempre avuto l’anima della suffragetta secondo la buona tradizione anglosassone delle battaglie per i diritti civili per cui quarant’anni fa, nel 1971 diedi inizio al movimento di liberazione omosessuale Fuori, che rappresentò una svolta nella mia vita».
Insomma, lei oltre a vivere la sua esperienza personale e descriverla fin da ragazzino poi sente l’esigenza di farne una battaglia politica di cui è orgoglioso. E’ così?
«Sì, la battaglia politica fu fatta con Marco Pannella e il Partito radicale che in quegli anni di grande conformismo rappresentò una preziosa eccezione».
Oggi come stanno le cose?
«L’informazione è cambiata dal punto di vista del costume, quasi nulla dal punto di vista legislativo. L’Italia è il fanalino di coda dei paesi civili in questo senso».
Nel suo libro, lei scrive una lettera aperta al Presidente del consiglio Silvio Berlusconi proprio su questo punto.
«Parto da un articolo di Pierluigi Battista che si chiedeva se non sarebbe stato un governo liberale come quello di Berlusconi a realizzare le riforme legislative che per esempio ha fatto Aznar in Spagna. Ma è rimasto un pio desiderio».
Lei è battagliero ma non perde mai il senso dell’ironia nel suo libro.
«Sì, perché l’ironia è un’arma importantissima per attirare l’attenzione sui problemi seri. Per esempio c’è una pagina dove mi fingo un eterosessuale e scrivo quello che tanti eterosessuali pensano sotto sotto condividendo le critiche».
Oggi però si parla molto di omosessualità.
«Sì, perché l’Italia ama il pettegolezzo ma questo non aiuta a fare le riforme che hanno fatto i paesi democratici per i diritti delle coppie di fatto».
Ma lei è favorevole al matrimonio gay?
«Sì, nel senso che due persone che si amano e vogliono regolarizzare vanno al Municipio e lo fanno. E’ un riconoscimento laico e non religioso, ma le clausole debbono essere identiche a quelle che esistono per gli eterosessuali».
Lei cita molti personaggi, da Fernanda Pivano ad Aldo Busi, da Franca Valeri al ministro Carfagna, a Jean Cocteau, fino a Jemolo a Montale e a Baldwin, da Roberto Bolle a Tom Ford, a Moira Orfei, fino al Papa Montini o a Tennessee Williams. Perché tutti questi personaggi ed altri?
«Perché in un modo e in un altro hanno contribuito a costruire la mia identità omosessuale».
Ma che cos’è un’identità omosessuale?
«Conoscersi e sapere che si è».
E quindi?
«Evitare tutte quelle ipocrisie che hanno sempre segnato la vita di gran parte degli omosessuali nel nostro paese».
Tra i personaggi cita anche il filosofo Gianni Vattimo.
«Vattimo è talmente amico dei dittatori che imprigionano e impiccano gli omosessuali che gli ho detto un giorno “Se mi incontri per strada toglimi il saluto”».
Lei invita anche lo scrittore Aldo Busi, che peraltro stima e considera un amico, a riflettere su questo, se non sbaglio, sul fatto di conoscersi e di accettarsi per quello che è.
«Sì, lui ha scelto di fare l’eccentrico e quindi rifiuta la qualifica di scrittore omosessuale anche se poi scrive su questo argomento. Secondo me, invece, quello è un aggettivo bellissimo. Ma forse Busi vuole soltanto essere uno scrittore. Da un lato ha ragione a non volere etichette ma l’omosessualità fa parte dell’identità di una persona».
Lei Pezzana da sempre è anche molto vicino al mondo ebraico e a Israele. Secondo lei Primo Levi voleva essere soltanto uno scrittore ebreo o uno scrittore? «Io ero molto amico di Primo Levi. Lui è stato negli ultimi anni molto vicino a Israele e lo ha espresso con il libro “Se non ora, quando?”, e mi disse che avrebbe voluto scrivere il seguito, ma purtroppo non ne ha avuto il tempo».
6/2/2011