Se il mese di agosto, secondo le spennate e sparute “colombe” sopravvissute nel Pdl e fra i finiani, deve servire ad avvicinare le posizioni fra i fratelli-coltelli della destra, possiamo già dire che questi primi dieci giorni sono stati sprecati. Non solo le polemiche sulla casa di Montecarlo scavano un fossato fra i due schieramenti ma anche sul programma emergono posizioni inconciliabili. La Russa vuole intervenire sul tema dell’immigrazione clandestina, così caro al presidente della Camera, con norme ancora più severe così da certificare la fuoriuscita degli ex compagni di partito dalla maggioranza di governo.
L’altra parte risponde rilanciando l’intero pacchetto dei temi eticamente rilevanti per rimarcare le distanze dalla casa madre. L’iniziativa l’ha presa Benedetto Dalla Vedova, parlamentare ex radicale e ora nel gruppo finiano, che ha proposto di riaprire il dossier sulle coppie di fatto “anche gay” nonché sulla legge 40 e sul testamento biologico. Gli ha risposto in malo modo Maurizio Gasparri che considera questi argomenti fuori dal programma di governo e quindi non trattabili. Anzi ha proposto che la Camera voti sul testamento biologico lo stesso testo del Senato che non piaceva al suo ex leader.
Per Fini e i suoi parlamentari le questioni etiche rappresentano un punto di arrivo e un punto di partenza. Sui diritti civili il revisionismo del presidente della Camera ha fatto piazza pulita della cultura omofoba della destra e l’ha liberata anche dagli antichi legami clericali. In questi anni, prima che le polemiche investissero i temi direttamente politici, il dissenso di Fini sulle questioni etiche sembrava volesse incoraggiare l’aggregarsi attorno alla destra di forze liberali e moderne. Il composito fronte del Family day, che aveva contribuito a segnare nella scorsa legislatura la riscossa berlusconiana, ha visto così ergersi davanti a sé un nuovo e imprevisto ostacolo interno. Fini, uscendo dal coro tradizionalista, lanciava un ponte verso le nuove destre europee, quelle che hanno aperto un fronte polemico con i gruppi xenofobi e reazionari, proponendo una più aggiornata visione di una società laica. Il nuovo Fini è partito da qui.
È del tutto naturale quindi che in una fase in cui il movimento fuoriuscito dal PdL decide di darsi una propria fisionomia, siano proprio queste questioni a tenere banco. La scommessa finiana è giocata tutta sull’ipotesi che vi sia nel paese e anche nell’opinione pubblica di destra una corrente di pensiero in grado di accettare la sfida di una società più aperta e tollerante. Non manca neppure un calcolo politico-elettorale. Nella vasta area degli elettori socialisti e radicali che in questi hanno scelto il centro-destra e spesso l’astensione sono in tanti quelli che aspettano una chiamata alle armi sulle grandi questioni che infiammarono gli anni ‘70 e ’80. Malgrado la rigida disciplina del centrodestra e l’affiancamento dei vertici del partito alle posizioni più conservatrici della Cei, più volte si sono manifestate posizioni di disagio anche fra i parlamentari berlusconiani. Lo stesso arrivo nel gruppo finiano della giovane Chiara Moroni, oltre che il ruolo di primo piano di Dalla Vedova, rappresentano bene questa opportunità che i finiani vogliono cogliere. Dalle prime battute polemiche di queste ore è evidente che troveranno nel vecchio partito solo porte chiuse.
Ma solo nel vecchio partito? Nei giorni scorsi avevamo segnalato, e trovato poi conferma, come questo attivismo del nuovo gruppo parlamentare sulle questioni etiche avesse suscitato grande allarme fra le gerarchie ecclesiastiche. Nella formazione del blocco elettorale di destra la componente cattolico-tradizionalista ha giocato un grande ruolo. La “rupture” di Fini rappresenta, quindi, una breccia importante. Nella prima repubblica socialisti, liberali e repubblicani avevano rappresentato l’argine al clericalismo di governo giocando di sponda con l’opposizione e con la pattuglia pannelliana. Nella seconda Repubblica questa area è completamente scomparsa dall’orizzonte delle forze moderate al governo. Fini può colmare questo vuoto? Paradossalmente il presidente della Camera dovrà guardarsi non solo dai nuovi nemici ma anche dai nuovi amici. La sua battaglia libertaria troverà ostacoli altrettanto insuperabili sulla strada dell’eventuale costruzione di un “terzo polo”.
Casini e Rutelli difficilmente seguiranno il presidente della Camera sui temi eticamente sensibili. Se Fini farà del suo partito l’avanguardia dei diritti civili, i suoi due probabili alleati lo lasceranno solo. Il presidente della Camera potrebbe immolare la battaglia sui diritti civili in nome della necessità di mettere in sicurezza il rapporto con loro. È una scelta rischiosa che gli alienerebbe le simpatie dei liberal di destra e di sinistra e provocherebbe una frattura nel gruppo dirigente della nuova formazione. Di più. Dovrebbe cercare su altri temi le ragioni delle differenziazione da Berlusconi rischiando di essere risucchiato dalle posizioni giustizialiste che emergono fra i suoi più fedeli seguaci. Potrebbe viceversa dare impulso alle battaglie civili così allontanando o comunque rendendo più difficoltoso il cammino della convergenza con Casini e Rutelli. Anche da questo scenario si comprende come la nascita di una destra liberale e tollerante sia un’impresa difficilissima. Sull’accoglienza e sulle libertà la destra italiana è molto lontana dall’Europa, ma anche i “centristi” vivono nel passato.