Dalla rassegna stampa Cinema

«Amo molto Milano perché sono frivolo»

Ozpetek: «Ho imparato da Germi e De Sica» – Come le è venuta in mente una storia così? Troppo bella, divertente e crudele per non essere vera… Quello che si vede nel film è successo davvero a un mio amico. Un bellissimo ragazzo, uno di quelli che quando passano per strada ti volti a guardare. …

Milano – «Difatti lo è— assicura Ferzan Ozpetek, regista di Mine vaganti, applaudito allo scorso Festival di Berlino, venduto a velocità record in molti Paesi e dal 12 marzo nei cinema —. Quello che si vede nel film è successo davvero a un mio amico. Un bellissimo ragazzo, uno di quelli che quando passano per strada ti volti a guardare. Gay da sempre, aveva deciso di farla finita con le ipocrisie e dirlo in famiglia. Ma quando stava per farlo, ecco che suo fratello, gay pure lui, e pure lui in incognito, si fa avanti e lo batte sul tempo nell’outing. E a lui non resta che far retromarcia per non infierire sui genitori, già sconvolti».

Bel colpo di teatro. Avrà pensato subito a un film

«No. Io avevo in mente un altro progetto, Le sospese, ben più drammatico, tutto al femminile, per dieci attrici. È stato Domenico Procacci, il produttore di Fandango, a spingermi su quest’altra vicenda. Ferzan, mi disse, è una storia fantastica, fa riflettere e fa ridere. Proprio quello di cui oggi c’è bisogno».

La rivelazione infatti scatena il putiferio e, per effetto domino, dà la stura a segreti emisteri di famiglia fino allora gelosamente custoditi. Confessioni tenere ed esilaranti. Eppure un critico tedesco ha tirato in ballo il cupo e grottesco «Festen»…

«Magari. Il film di Vinterberg per me è un capolavoro. Ma no. Qui siamo su tutt’altri fronti. Qui tutto, pur se serio, talora drammatico, accade sotto il segno di quella leggerezza, quell’ironia, che è il mio modo di vedere la vita. Dietro ci sono le mie origini mediterranee, ma anche la lezione dei giganti della commedia italiana, De Sica e Germi in testa… Geniali, capaci di raccontare i risvolti più duri e dolorosi della vita con un sorriso, una trovata comica. Non è facile».
Nei suoi film, da «Le fate ignoranti» a «La finestra di fronte», da «Saturno contro» a «Mine vaganti», la famiglia, scombinata o pittoresca che sia, resta l’appiglio più saldo in un mondo che va alla deriva.

«Sono cresciuto in una famiglia “anomala”: mio padre e mia mare erano divorziati ma vivevano nella stessa casa, in ale diverse. Ciascuno faceva la sua vita, ma ogni tanto si ritrovavano in cucina. A entrambi piaceva far da mangiare e capitava che lo facessero insieme. Certe sere poi ci si trovava tutti, il primo marito di mia madre, la terza moglie di mio zio, figli di vari letti… Tutti alla stessa tavola. Un’atmosfera bella, molto naturale. Quando morì il suo primo marito, mia madre era distrutta. “È morto un uomo che ho sempre amato”, mi disse. “E mio padre allora?”, ribattei dispiaciuto. Non si ama mai una persona sola, mi rispose».

O come dice Tommaso, alias Riccardo Scamarcio, in «Mine vaganti»: «alla fine non si lascia mai nessuno»

«Lo penso anch’io. Per questo il mio tavolo si continua a dilatare… A 51 anni più che mai sento bisogno di famiglia, pur se rivisitata a modo mio. Un letto caldo e una cucina accogliente contro il buio e il freddo in agguato fuori».

Ovviamente sta parlando per metafora.

«Ovviamente. Mai come in questo momento la storia mi sembra oscura, mai abbiamo toccato un tale fondo. La politica, italiana e non solo, è così torbida, ingarbugliata che per raccontarla bisognerebbe essere un maestro del giallo e dell’horror: Hitchcock e Dario Argento insieme. Io, che non penso di aver quelle doti, nei miei film cerco di farne sentire l’odore solo da lontano».

Martedì sarà a Milano a presentare il suo film, alle 17 all’Anteo, nel corso di un incontro condotto da Alessandra De Luca. Come vede il suo sguardo turco-romano questa città?

«Bellissima. Una città raffinata, con palazzi di austera eleganza e un’atmosfera di leggera malinconia che mi piace molto. E poi essendo un po’ frivolo, adoro andare per negozi. E le vetrine più belle sono le vostre. Sia quelle di moda, sia quelle di gastronomia. Ci lascio gli occhi su entrambi i fronti». Cosa pensa della moda? «Mi piace molto Armani, Aspesi… E uno stilista turco, Umit Benan. Ma è un mondo che nonmi attira, che mi mette molta malinconia. Preferisco altre storie. Magari al femminile, come ho in mente. Il punto forte del cinema italiano in questo momento non sono né i registi né gli sceneggiatori, ma gli attori. Le attrici anche di più. Non vedo l’ora di tornare a lavorare con loro».

Effettua il login o registrati

Per poter completare l'azione devi essere un utente registrato.