Dalla rassegna stampa Cinema

"L´amore gay come bellezza e dolore nel film c´è tutto il mio lato romantico"

A 48 anni, ancora molto affascinante, lo stilista e regista parla di sé e del suo esordio cinematografico “Un uomo solo”, tratto dal libro di Isherwood, al terzo posto nella classifica dei più visti in Usa

Il protagonista George ha il cognome del mio primo ragazzo. E nella scena del bar compare Richard Buckley il mio compagno da 23 anni
La moda non è arte: è un prodotto commerciale per i desideri irrazionali della gente. Il cinema si rivolge alle emozioni e al pensiero

MILANO
A Christopher Isherwood piacevano biondi, quindi Tom Ford, che lo aveva conosciuto quando lo scrittore era già molto vecchio, non sarebbe stato il suo tipo: il ragazzo invece era innamorato, non proprio di lui ma di George, il maturo protagonista del suo romanzo Un uomo solo, pubblicato nel 1964, e subito diventato, allora, una specie di bandiera del movimento di liberazione gay. «Ma per me, che lo lessi a vent´anni, quindi molti anni dopo, non costituì nessuna rivelazione, non incise sulle mie scelte di vita: i tempi erano cambiati, essere gay non era più un problema, era anzi una moda, una cosa chic. Anche se poi l´Aids cambiò completamente il modo di esserlo». Quel libro, quegli anni Sessanta, quel George che si è perso con la perdita dell´amatissimo compagno, non l´hanno mai abbandonato neppure nel decennio del suo fulgore mondiale come stilista del più frenetico esibizionismo.
Il film Un uomo solo che Tom Ford ha scritto e diretto, esce venerdì in Italia. Presentato all´ultima Mostra di Venezia dove si sghignazzava in attesa della bufala fashion, fu invece accolto con sorpresa commozione, ottenendo il premio al miglior attore per il meraviglioso protagonista Colin Firth, e il Queer Lion per il miglior homofilm. «Certo il mondo del cinema era molto diffidente, non gli attori però, Colin e Julianne Moore e gli altri, che letto il mio copione hanno subito accettato. Il film l´ho pagato tutto io, quasi 7 milioni di dollari, che è niente a Hollywood. Adesso negli Stati Uniti è al terzo posto nella classifica di incassi per proiezione».
Ai tempi in cui regnava sulle sfilate milanesi della maison Gucci, imponendo alle signore impazzite una moda dominatrix e vampira, lui, bellissimo, vestiva tutto di nero, la camicia candida aperta sino alla vita a mostrare un luccicante torso glabro, all´ultima sfilata, nel 2004, sotto una pioggia di petali di rose rosa, una camelia rosa all´occhiello. Tuttora molto attraente, a 48 anni non una ruga, due millimetri di barba, barba e capelli nero pece, vestito di grigio, camicia grigia più chiara, aperta sul torso adesso ricoperto da vellutato e folto pelo chiaro, riceve nel suo ufficio milanese, anche quello tutto grigio, dove sono esposti occhiali Tom Ford, abiti maschili Tom Ford, scarpe Tom Ford, profumi Tom Ford, l´ultimo pure inneggiante al grigio, “grey vetiver”.
Scusi la banalità, ma erano necessarie le infedeltà al romanzo, per esempio l´idea del suicidio, l´attribuire al protagonista una passata avventura con l´amica Charlie mentre nel romanzo è Jim, l´amato morto in un incidente d´auto, ad averlo tradito con una donna, Doris, personaggio che lei ha soppresso?
«Il libro è un monologo interiore durante una sola intera giornata, che io dovevo tradurre in immagini e in dialoghi. Ho azzardato l´eventualità di un suicidio come se quella fosse la sola giornata che resta a George, dando quindi importanza ad ogni gesto, ad ogni incontro, al presente, eliminando quindi il passato, cioè Doris. È ovvio che il linguaggio letterario è diverso da quello cinematografico: io ho costruito il film come se fosse muto, come se il significato della storia dipendesse dalle sole immagini: poi ho aggiunto le voci».
Don Bachardy che oggi ha 75 anni ed è stato l´ultimo compagno di Isherwood, era d´accordo sui cambiamenti?
«Certo, tanto che appare nel film, nella scena del bar, assieme a Richard Buckley, che oggi ha 61 anni ed è il mio compagno da 23 anni».
Ci sono altri accenni autobiografici in Un uomo solo?
«Nel romanzo il professor George non ha cognome, nel film sì, si chiama Falconer: Jan Falconer è stato il mio primo ragazzo, quando avevo 17 anni. Per il tema musicale ho scelto il compositore Shigeru Umebayashi, quello di In the mood for love, film che mi ha commosso per il modo in cui ha raccontato il dolore dell´amore irrealizzato. E ancora: la fiction televisiva Mad Men descrive gli anni ´60, quelli di Un uomo solo, in maniera esemplare, così ho chiesto al protagonista, l´attore John Hamm, di prestarmi la voce per la telefonata in cui si annuncia a George la morte di Jim».
Nel romanzo Isherwood descrive le donne quasi con orrore; lei si limita a rendere un po´ grottesca Charlie, l´amica di George, nel trucco e nel comportamento.
«Nel romanzo c´è forse una rabbia oggi datata, ma io non credo affatto di essere stato ingeneroso con Julianne Moore e il suo personaggio: quelli erano ancora i tempi della mistica della femminilità, Charlie è una donna sola quando esserlo era quasi una condanna, è ancora bella ma teme che la sua bellezza stia svanendo. Ha paura. Del resto guardi sul mio computer: per il suo aspetto mi sono ispirato a una bellissima donna che adoravo, mia nonna, che non usciva mai dalla sua stanza senza trucco e ciglia finte. Quando morì, nella bara non era più lei; andai a casa, presi le sue ciglia finte, mi sforzai di applicargliele, la truccai perfettamente. Sono sicuro che dovunque si trovasse, me ne fu grata. A me non potrà succedere perché mi farò cremare».
La sua pubblicità per la moda è sempre stata violentemente erotica, tanto da essere talvolta sospesa; le immagini del suo film sono pudiche e romantiche. Perché questo approccio diverso?
«Non ho mai creduto che la moda abbia a che fare con l´arte, il cinema sì; la moda è un prodotto commerciale che si rivolge ai desideri irrazionali della gente, il cinema alle emozioni e al pensiero. Disegno vestiti e accessori pensando a una clientela da attirare con richiami primari, ho fatto un film per esprimere in totale libertà e sincerità me stesso, il mio lato romantico che mai manifesterei nel mio lavoro mercantile».

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