Non la metto nei film, la tengo nella mia sfera privata e penso che Obama abbia le carte per passare alla storia come grande presidente
La filosofia del protagonista è che la vita è una esperienza tragica, l´unico sollievo è ciò che funziona nel singolo momento
Dopo quattro film girati in Europa, Woody Allen torna ad ambientarne uno a New York intitolato Whatever works, che ha inaugurato il Tribeca Film Festival e uscirà in Italia per Medusa. La storia ricorda Manhattan, ma la città non è celebrata in bianco e nero con le musiche di George Gershwin. Qui è immortalata con colori decadenti, ambienti poveri e personaggi amareggiati e allo sbando ma, come sempre, Allen propone temi alti trattati con leggerezza e genialità: si discute dell´esistenza di Dio, della ricerca angosciata della felicità, e della fragilità delle relazioni sentimentali. Tuttavia sembra prevalere una concezione disperata dell´esistenza, e i motivi per cui vale la pena vivere non sono, come in Manhattan, Mozart, Monet o il viso di una bella ragazza, ma “whatever works”, ciò che funziona e dà un po´ di sollievo.
La storia ha per protagonista uno scienziato pieno di amarezza e rancore (è andato a un passo dal vincere il Nobel e sembra una perfida parodia di Philip Roth, con il quale Allen non ha buoni rapporti), il quale, dopo il primo di due tentativi di suicidio accoglie in casa una ragazza estremamente ignorante con la quale finisce per sposarsi. «In molti mi hanno chiesto cosa possa trovare una bella ragazza come Evan Rachel Wood in uomo come quello interpretato da Larry David» racconta Allen, camicia gialla e bicchiere d´acqua minerale in mano «a me interessava raccontare l´imprevedibilità dei sentimenti e l´attrazione degli opposti. Non è prima volta che vedo giovani innamorarsi di persone molto più anziane».
Cosa c´è di autobiografico nel film?
«Meno di quanto si possa pensare: l´aspetto principale è la filosofia cupa del protagonista. La vita è un´esperienza tragica, e l´unico momento di sollievo sta nel saper apprezzare quello che funziona in uno specifico momento e non arreca male a nessun altro».
I suoi film sono sempre più pessimisti.
«Credo che l´esistenza non abbia senso: non sappiamo perché siamo al mondo, e persino la nostra nascita è legata al caso. Le possibilità che s´incontrino l´uovo e lo spermatozoo che lo feconda sono infinitesimali e il caso è determinante in ogni aspetto della vita. Non esiste alcun Dio ed è difficile resistere all´idea di vedere tutto come un incubo terribile. A coloro che vedono nel finale del film un segno di ottimismo rispondo parlando di accettazione, disincanto e un tentativo di sopravvivere rispetto alle notti in cui si è sopraffatti dall´orrore. Si tratta comunque di un passo avanti rispetto ai tentativi di suicidio del protagonista».
Dostoevskj ha scritto che se Dio non esiste tutto è permesso. Lei crede in una legge morale superiore?
«Non esiste un decalogo, e ritengo solo che si possa trovare un´intesa riguardo ad atti evidentemente criminali come uccidere o rubare. Ogni persona compie scelte morali, ma non c´è nulla al di sopra di noi».
La New York del film è molto diversa dal passato.
«Non ha nulla a che vedere con la città: è come la vede il protagonista, che ha abbandonato la moglie, la professione e una casa elegante per vivere in un desolato appartamento a Chinatown. Tuttavia credo che anche quella zona di New York abbia una bellezza non convenzionale».
Come mai non ha interpretato il film?
«Ho preferito affidare la parte a Larry David perché è uno di quegli attori che riesci ad amare anche quando interpretano personaggi bruschi e amari. Io avrei portato nel film un elemento comico, che avrebbe stonato con la storia».
È vero che non rivede i suoi film?
«Mai, e quando capitano in televisione cambio immediatamente canale. Non ne sono mai soddisfatto: ogni volta penso di realizzare “Quarto Potere” o “Ladri di Biciclette” ma poi faccio solo un altro film di Woody Allen. Già sul set mi accorgo degli errori, e col tempo ho imparato molti trucchi, ma non sono diventato più saggio. L´unico del quale l´ultimo giorno di riprese mi sono sentito soddisfatto è stato “Match Point”, ma questo non significa che sia il mio miglior film».
Nei suoi film la politica appare solo come parodia.
«Tengo la politica nella mia sfera privata, ma ho le mie idee: sono convinto ad esempio che Obama abbia tutte le carte per passare alla storia come un grande presidente. Ha già dimostrato coraggio e ora deve solo sperare che i più responsabili tra gli avversari dimostrino spirito di collaborazione e che quelli della sua parte non siano vigliacchi e mostrino il suo stesso coraggio».