Un regista come William Friedkin non ha certo bisogno di presentazioni, essendo uno degli autori più famosi del cinema americano che fu e che è, artefice di almeno tre capolavori d’inobliabile importanza: L’esorcista, Il braccio violento della legge e Vivere e morire a Los Angeles.
Anche se basterebbe il primo titolo che ho citato ad annoverarlo trai maestri dell’orrore contemporaneo, per come ha saputo gestire la materia demonologica nella maniera più seria e convincente possibile, tanto che anche nei momenti di pura effettistica quando deve risultare credibile sfondando i limiti della fisica per abbandonarsi al campo della metafisica, nessuno osa sbeffeggiare certe tecniche speciali, e il film riesce a tenere sempre elevati i livelli adrenalinici.
Eppure, contrariamente a quanto si possa pensare, Friedkin non è un regista propriamente horror, e anzi l’horror è un genere da lui nenache così troppo frequentato. Questo è uno dei motivi per i quali ritiro fuori un suo film abbastanza recente (2006), passato in sordina, almeno in Italia poiché non fu distribuito nemmeno in sala, dal titolo Bug.
Bug non è esattamente un horror, o meglio lo è ma a determinate condizioni. È la storia di Agnes una ragazza separata dal marito violento finito per qualche anno in carcere, a cui è stato rapito il figlio, e che ora vive in un motel dell’Oklahoma insieme a una sua collega di lavoro omosessuale R. C. Un giorno R. C. le presenta un uomo, Peter. Agnes e Peter fanno presto amicizia, Peter è ombroso, riservato e parecchio strano ma i due ci mettono poco ad innamorarsi. Capitano però cose impensabili come insetti che si annidano nel corpo di Peter e che si nutrono del suo sangue per procreare altri insetti. Almeno questa sembra la realtà dei fatti, perché come rivela Peter questi insetti fanno parte di un esperimento medico fatto in una base militare e condotto sulla sua persona. Ora egli crede che i servizi segreti americani lo stiano cercando per eliminarlo, perché ha capito che gli insetti sono dei vettori di un microchip impiantato nelle menti umane al fine di essere controllate. Paranoia o reale ossessione che naturalmente finisce per contaminare anche Agnes.
Bug può essere considerato tranquillamente come un film minore di Friedkin, quasi un b-movie ma realizzato col piacere di fare un film tipicamente di genere. La derivazione è da una pièce omonima di Tracy Letts, e in effetti l’utilizzo di una camera di motel come unità di luogo della rappresentazione filmica da vita a uno spazio decisamente teatralizzato.
Ciò che riesce particolarmente bene a Friedkin è mettere in scena ciò che a sua volta riesce particolarmente bene nell’opera di Tracy Letts, ovvero la messa in interferenza degli immaginari di due grandi scrittori: Philip K. Dick e William Burroughs. Il film di Friedkin si dipana magnificamente in un crescendo davvero pauroso da uno stato di normalità con scene di una donna piegata dal suo destino alla paranoia pura, in cui l’ossessione paranoide prende il sopravvento su tutto.
La metafora dell’insetto (un afide quasi invisibile) come microrganismo che si insinua sotto pelle radicalizza la paura di un qualcosa di ignoto che si insinua dentro le nostre vite per controllarle, ma l’insetto – non dimentichiamolo – è anche nella terminologia informatica quel quid che genera una falla irreparabile nel sistema. Proprio ciò che accade alla fine nei cervelli di Agnes e Peter, che non sanno più distinguere la realtà dall’illusione.
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