“In due storie c´è anche il diavolo, un carattere malleabile di cui è divertente scrivere”
“Il pessimismo cosmico non è raro in una donna di montagna che invecchia”
NEW YORK
Il nuovo libro di Annie Proulx, intitolato Ho sempre amato questo posto è una raccolta di nove racconti ambientati ancora una volta nel Wyoming, lo stato nel quale l´autrice vive da molti anni, dopo aver passato parte della propria esistenza in Vermont e nel Newfoundland, la terra estrema in cui ha ambientato Avviso ai Naviganti, il romanzo per il quale è stata insignita del premio Pulitzer.
E ancora una volta, come avvenne già in I segreti di Brokeback Mountain, la Proulx ci consegna delle storie segnate da passioni grandi ed infelici, e da un destino ineluttabile che sembra il contraltare della severità di una natura eterna, silenziosa e implacabile. Ho sempre amato quel posto, che in originale è intitolato Fine Just the Way It Is (letteralmente: «va bene cosi´») ed esce in Italia presso Mondadori (pagg. 219, euro 18) con l´eccellente traduzione di Silvia Pareschi, conferma la robusta e originalissima personalità letteraria di un´autrice che ha cominciato a scrivere dopo i cinquanta anni, ed è riuscita a trasformare l´asprezza e il rigore delle proprie scelte in un mondo espressivo immediatamente riconoscibile, che riesce a sedurre anche chi è lontano per tradizione e cultura. Ron Carlson sul New York Times ha scritto che la Proulx, ormai settantatreenne, «scrive come un diavolo», e l´itinerario drammatico dei personaggi, così come l´evoluzione delle storie, sembra che sottintendano un invito a condividere un senso tragico della vita, nel quale anche «l´amore non porta nulla di buono» e persino «morire» può essere «noioso».
Questo pessimismo cosmico (un personaggio riflette: «il mondo non le era mai sembrato così orribile») viene accentuato dalla presenza imprescindibile di una violenza efferata, nei quali anche gli oggetti inanimati «bramano il sangue». I racconti sono diversi per lunghezza ed ambientazione temporale, ma celebrano a modo loro i grandi spazi e le vite solitarie della gente del Wyoming. Con l´eccezione di due storie che, forse non a caso, hanno invece per protagonista il diavolo. «Ho voluto semplicemente cercare ogni tanto un tono meno serio» si schermisce la Proulx, nella sua casa tra le montagne, «mi interessava bilanciare il tono della raccolta. Il diavolo è un carattere malleabile, e proprio per questo è divertente scriverne».
Lei sembra affascinata dai quadri che lo rappresentano con ali di farfalla.
«E così che lo hanno raffigurato Bosch e Bruegel. Ho citato anche un quadro scomparso di Jackson Pollock, ma quella è un´invenzione».
Nei racconti il diavolo agisce perché persino la tentazione sembra che non sia più un male necessario.
«In realtà sono convinta che la tentazione sia il motivo più forte per molti degli errori della nostra epoca, e forse di tutti i tempi».
Lei crede nel diavolo?
«Credo nel diavolo come simbolo del male, la malizia e la cattiva condotta, le intrusioni e le pressioni sugli affari altrui, e come capro espiatorio per le nostre trasgressioni».
Nell´inferno che descrive c´è un girone dedicato ai politici italiani del rinascimento.
«Sono da sempre interessata al rinascimento italiano e mi sono laureata con una tesi su Poggio Bracciolini. Inoltre, nella casa in cui sono cresciuta, i miei genitori avevano una copia della Divina Commedia illustrata da Doré. Ho voluto riferirmi a quell´immagine dell´inferno, pieno di politici italiani del tempo: ho ancora quel libro e l´ho studiato prima di scrivere i racconti sul diavolo».
Nel primo racconto, intitolato “Un padre di famiglia”, l´esistenza sembra portare solo rimpianti, delusioni e incomunicabilità.
«In genere non cerco di trasferire le mie convinzioni personali nei miei libri. Cerco piuttosto di descrivere in cosa credono alcuni personaggi, come vivono, cosa muove i loro comportamenti, perché fanno certe cose. In questo racconto è il mio personaggio che si rende conto che gli è impossibile comunicare con la sua parente, ed è costretto a cercare dentro di sé se esiste una possibile consolazione».
E difficile non pensare ad una visione tragica dell´esistenza di fronte a frasi come «erano le sei e mezzo e non c´era niente per cui valesse la pena di alzarsi» e «alla mia età, più che di sonno hai bisogno di riposo. Riposo eterno».
«Diciamo che il pessimismo cosmico non è un sentimento raro per una donna di montagna che invecchia».
Una delle storie più potenti è ambientata nella preistoria.
«Mi ha sempre interessato l´archeologia del West ed in particolare quella relativa agli indiani che hanno abitato in quelle zone. Nel posto in cui vivo in Wyoming ci sono pozzi che risalgono al 2700 avanti Cristo, e rupi che vennero utilizzate per cacciare i bisonti. Gli indiani costringevano gli animali nel precipizio, e la mia storia nasce dalla volontà di capire come riuscissero in questo intento».
Lei descrive le scena di caccia con estremo realismo: c´è una donna, che «affettava e tagliava, tagliava gole palpitanti e raccoglieva il sangue dentro sacche di pelle». Alcuni passaggi sembrano celebrare quei momenti di violenza.
«Ritengo che non sia una storia di violenza ma di sopravvivenza. E ho descritto dei cacciatori. In un sito archeologico del Wyoming è stata trovata una ciotola che probabilmente aveva un utilizzo sacrificale. E questa ciotola il centro della mia storia».
Il libro suggerisce che l´uomo è portato naturalmente ad essere violento con il suo prossimo.
«Ritengo che spesso sia vero il detto “homo homini lupus”, ma credo anche che gli esseri umani abbiamo una riserva di gentilezza e compassione. E che sviluppare queste caratteristiche rappresenti un obiettivo degno».
Raccontando la felicità di due giovani innamorati lei scrive che «il mondo assumeva la parvenza di un ordine». Ogni tanto nelle storie emerge un anelito di armonia.
«Non credo che il mondo possa essere armonico. E troppo popolato in un momento in cui le risorse si riducono, e troppo pieno di enormi ineguaglianze sociali. Il massimo a cui possiamo aspirare sono brevi periodi di armonia, e degli sforzi personali per raggiungere la serenità».
Una donna seppellisce il feto del figlio che non è riuscito ad avere, e poco dopo si accorge che i coyote lo stanno mangiando. «La natura è indifferente al dolore umano».
Lei cita Borges: «L´universo visibile era un´illusione».
«Penso che sia così. Vediamo quello che vogliamo. Crediamo quello che pensiamo sia vero. Le variazioni nella percezione umana sono così vaste. Ed è quello che rende la letteratura così interessante».
L´ultima storia è forse la più tragica, e racconta un matrimonio triste e fallimentare anche nel giorno della cerimonia.
«Non ho una posizione precisa sul matrimonio. Per alcuni è l´unione tra due persone che rende la vita completa e soddisfacente. Per altri è una gara per la supremazia; altri ancora lo vivono come la chiusura delle porte di una trappola. Ci sono tante variabili quanto sono le coppie».
La protagonista del racconto pensa che «la televisione non poteva competere con la radio. Le immagini dello schermo erano di qualità inferiore rispetto a quelle della mente».
«Beh, ammetto che in questo sono proprio io: sono convinta che le immagini dello schermo siano inferiori all´immaginazione».