Dalla rassegna stampa Cinema

«Ho il terrore di rivedere i miei film»

Ferzan Ozpetek: «Tra i miei maestri Troisi e Bava, ma soprattutto Marco Risi» – Cinema Il regista turco-italiano di «Le fate ignoranti» si racconta in libreria a Laura Delli Colli

Milano – «Il regalo della Turchia al cinema italiano»: così esordiva il prestigioso «Village Voice» nel dicembre scorso, recensendo con entusiasmo la retrospettiva di Ferzan Ozpetek al Moma di New York. «Non voglio essere retorico», dice il regista di “Un giorno perfetto”, «ma questo omaggio è stato una sorpresa, e mi ha fatto un gran bene. Negli incontri con il pubblico mi ha meravigliato l’intensità degli spettatori, la loro attenzione ai dettagli». Questo mese Ozpetek (Acquario) festeggia i cinquant’anni, ed esce un libro di Laura Delli Colli («Ferzan Ozpetek. A occhi aperti», Mondadori), che presenta oggi alla Feltrinelli. Rispetto a tanti registi italiani sconosciuti all’estero, sicuramente un’eccezione. «Ho avuto la fortuna che il mio esordio “Il bagno turco” è uscito un po’ dappertutto. In Francia e Spagna i miei film di solito escono regolarmente; ma anche in Norvegia, non si direbbe. Negli Stati Uniti alcuni erano già usciti nel circuito d’essai, in poche copie e sottotitolati». «Le fate ignoranti » negli Usa è uscito in dvd col titolo “His Secret Life” e una copertina che ammicca al pubblico gay, al contrario del manifesto italiano.
«Il manifesto peggiore è stato quello francese, sempre delle “Fate ignoranti”: l’hanno chiamato “Tableau de famille”, c’era una cornice dorata con peperoncini e pomodori, e delle foto appiccicate dentro. Mai visto niente di più brutto».
Come vanno i suoi rapporti con la critica?
«Dei miei primi film, “Il bagno turco” e “Harem Suaré”, si diceva che mettessero d’accordo critica e pubblico. Poi qualcosa è cambiato… ma dopo sette film sono tranquillo, a meno che non si scrivano cose aggressive. “Cuore sacro” ha creato divisioni, anche il pubblico l’ha seguito meno, ma è un film che amo e che trovo molto attuale».
Va a vedere i suoi film in sala?
«Il bello del mio lavoro è quando il regista si annulla, e condivide un’emozione uguale a quella dello spettatore. Ma spesso ho il terrore di andare in sala. Preferisco le arene estive. Lì ritrovo un pubblico che mi segue da undici anni».
Qual è stato il suo primo lavoro nel cinema italiano?
«Sono stato aiuto regista per sedici anni: la prima volta con Massimo Troisi, ho fatto l’assistente volontario in “Scusate il ritardo”. Ho lavorato con Ricky Tognazzi, Lamberto Bava, Sergio Citti… Ho imparato da tutti, ma il primo che mi ha dato davvero fiducia in me è stato Marco Risi ».
A che cosa sta lavorando adesso?
«Sto scrivendo una sceneggiatura con Ivan Cotroneo. Poi scoprirò se è adatta a me. Perché un film lo senta mio, prima devo vedere i posti, le facce».

Feltrinelli, ore 18.30, piazza Piemonte 2, ingresso libero

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