Oggi arriva per «Il papà di Giovanna» di Avati con Greggio
venezia Il coraggio non sempre paga. Neppure quello di Ferzan Ozpetek per girare una storia non sua e su atmosfere diverse dai sei film. Così il primo dei quattro film italiani del concorso, l’attesissimo Un giorno perfetto si è rivelato molto sotto le attese e accolto tra fischi e applausi.
Un thriller non thriller
Un thriller che non è un thriller, dal romanzo di Melania Mazzucco sceneggiato da Sandro Petraglia con il regista stesso.
È stato il momento più importante di una giornata di tanto pubblico, ma senza grandissimi eventi. Giuliano Montaldo ha ricevuto il «Premio Pietro Bianchi» alla carriera dicendosi «pazzo di gioia per la nuova stagione del cinema italiano», ma anche che «servono più soldi alla cultura, che è il ministero più importante per l’Italia».
Come evento speciale è passato l’interessante documentario Venezia 68 di Antonello Sarno e Steve Della Casa sulle contestazioni alla Mostra del 1968. In concorso sono passate due opere destinate a non lasciare grandi segni. Da una parte Plastic City girato in Brasile dal cinese Yu Lik-Wai, un incomprensibile misto di realismo alla cinese, di thriller sudamericano su crimine e night club e un fantasy alla giapponese. Un po’ meglio 35 Rhums di Claire Denis con Gregoire Colin, storia di un rapporto padre e figlia con contorno di amici, ma senza grandi brividi: la cosa migliore è la battuta di un giovane che può finalmente trasferirsi all’estero alla morte del gatto diciassettenne.
Oggi tocca a greggio e avati
In attesa de Il papà di Giovanna di Pupi Avati che passa oggi, tutti a parlare del film di Ozpetek. Una signora chiama di notte la polizia perché ha udito degli spari dall’appartamento vicino, dove vive un uomo che si è da un anno separato dalla moglie. La storia torna indietro di 24 ore rispetto al fatto. C’è l’uomo, Antonio (Valerio Mastrandrea), appostato sotto la finestra della moglie Emma (Isabella Ferrari) e vede la figlia Valentina. Di giorno lui farà da autista a un politico (Valerio Binasco) candidato alle elezioni politiche che spera di essere rieletto per sfuggire a una condanna processuale e continua a cercare ?il Presidente? Che non gli risponde mai. La giovanissima moglie del deputato (Nicole Grimaudo) scopre di essere incinta quando sembra accorgersi di stare stretta nel legame d’interesse. Intanto il figlio grande del politico fa un esame universitario (e una bravissima Milena Vukotic non cede al peso del cognome e gli dà un 20 esagerato per la sua impreparazione) e la figlia piccola compie sette anni e invita gli amici a una festa lussuosa. Incluso il piccolo e vitale Kevin (Gabriele Paolino, 8 anni e già due film con Ozpetek), figlio di Antonio, per il quale ha un debole. Ed Emma si confronta con la madre Adriana (Stefania Sandrelli) che è un po’ il suo alter ego giovane e si rivede nei tormenti della figlia.
Mentre la moglie incontra Mara (Monica Guerritore), un’insegnante di Valentina con la quale spartisce per qualche ora la solitudine, l’uomo riesce a passare serata e notte con i figli. La trama, ancora più complicata, finisce in tragedia (però gli spari ai piccoli non si vedono), ma Ozpetek non trova mai il tono giusto (e le musiche ridondanti non aiutano) e banalizza temi forti come l’amore estremo, l’ipocrisia e la violenza quotidiana.
Il pianto degli uomini
Ne abbiamo parlato con il regista del film, che sarà in 400 sale da venerdì.
«Domenico Procacci mi ha chiamato e mi ha chiesto di dirigere il film ‘ Racconta ‘ Mi ha dato la sceneggiatura di Petraglia, poi mi sono accorto di avere acquistato due copie del romanzo. Li ho letti, mi hanno catturato subito e ho accettato. Poi c’erano delle cose che non mi convincevano e le ho cambiate. Per esempio l’insegnante era un gay e l’ho fatto diventare una donna, non per moralismo, ma perché mi piaceva di più la camminata di due donne sole nella città».
C’è qualcosa di lei in questa Mara?
No, perché io a differenza sua non sono mai stato lasciato! Un regista mette sempre qualcosa di suo in tutti i personaggi, li deve amare tutti, se no non riuscirebbe a raccontarli. Anche il padre che uccide i figli non l’ho mai giudicato.
Il film poggia su questi personaggi femminili.
Da tanto tempo credo che le donne abbiano come un organo in più degli uomini, che siano superiori.
Per lei «Un giorno perfetto» è un film diverso dai precedenti.
È stata occasione di nuovi incontri, di un nuovo inizio, mi è piaciuto molto lavorare a questo film. La difficoltà iniziale è stata abbandonarmi alla storia, fare in modo che i personaggi entrassero in me. Melania mi ha detto che voleva vedere il mio film, non il suo, e questo mi ha fatto piacere. Anche qui in fondo c’è tutto il mio mondo, anche per i luoghi ho inserito posti come il Gazometro o i Mercati generali che nel libro non c’erano ma che mi sono cari.
Lei fa spesso piangere gli uomini.
Sono scene che piacciono, che commuovono, forse perché sono poco usuali al cinema. E forse perché gli uomini mostrano la loro parte femminile e più vulnerabile. Feci piangere Filippo Nigro ne La finestra di fronte e l’anno dopo vidi almeno cinque film italiani in cui un uomo piangeva. Fa tenerezza.