Dalla rassegna stampa Cinema

I binomi di Brothers and Sisters

Sorpresa, fra le delusioni della programmazione Rai di questa estate, una nuova serie – niente affatto scadente – farà capolino dai televisori di chi non avesse voglia di uscire a partire da questa settimana. Si tratta di Brothers and Sisters (Emmy award di quest’anno, per la prima stagione già …

Sorpresa, fra le delusioni della programmazione Rai di questa estate, una nuova serie – niente affatto scadente – farà capolino dai televisori di chi non avesse voglia di uscire a partire da questa settimana. Si tratta di Brothers and Sisters (Emmy award di quest’anno, per la prima stagione già trasmessa negli Usa), e parla di avvocati gay fortunati nel lavoro e fortunati in amore; donne manager perfette capitane d’industria, fallimentari nel matrimonio (ma va? Lei è comunque Rachel Griffiths, la Brenda di “Six feet under”); opinioniste radiofoniche repubblicane che tentano il grande salto da un medium all’altro, accettando di lavorare in televisione per la prima volta. Cosa hanno in comune? Sono tutti figli di uno stesso defunto padre, manager della sua impresa con successo, la lascia loro, insieme a un numero di gatte da pelare tale che se ne è potuta trarre una serie in più stagioni. Aggiungete che altri due dei figli, Justin e Tommy, sono rispettivamente in cerca di gloria militare in Afghanistan e di un figlio dalla moglie antipaticissima, ed avrete un quadro appetibilissimo per gli italiani orfani – da par loro – di Cento Vetrine.

Questi sono i Walker, e cominceremo molto presto ad amarli o ad odiarli a giudicare da come ha reagito il pubblico statunitense al loro primo appuntamento. Per quelli dal piglio più cinefilo ma sporcaccione fra gli appassionati di televisione americana seriale, troveranno da subito un grosso difetto a Brothers and Sisters: non essere in alcun modo un remake dell’omonima situation comedy del 1979, che scaturì direttamente dal grande e inatteso successo del primo film dedicato alle fraternities e alle sororities dei campus universitari Usa: Animal House, di cui riproponeva lo spirito e l’ambientazione ma, ahimé, non lo stesso fulgido cast di talenti lanciati o rilanciati. Quello che invece piacerà agli italiani della serie in onda su Rai Due sarà probabilmente la location fra Los Angeles e Pasadena, irreale abbastanza da permettere di affermare che sembra tutto così reale, in più telefonate critiche prima che il programma possa dirsi accettato dal gruppo di ascolto di quartiere.

I culacchi genealogici complessi ma necessari, sia ad esercitare memorie dimentiche anche del più becero nozionismo dai tempi di giurisprudenza, sia a seguire una vicenda che invece che semplicemente cool, risulterebbe “lenta” alla spettatrice che non tenesse abbastanza cugini Walker a mente. Fra figli scapestrati nel modo più dilettantesco e meno prodigo che ci sia (fare i volontari di guerra) e quelli professionalmente rompiscatole, insomma, si indaga ancora una volta nell’intrico di dove il piacere confina col dovere, e quando se ne allontana inevitabilmente. Famiglia e lavoro, amicizia e interessa, sesso e amore, evoluzionismo e numeri sono solo alcuni dei binomi avvincenti di cui sarà dotata ogni visione di Brothers and Sisters, finché un invito a cena all’aperto non ve ne separi.

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