Dalla rassegna stampa Cinema

Jean Delannoy, il regista che la Nouvelle Vague voleva «uccidere»

È morto a cento anni il più vecchio regista di Francia. Ha girato oltre 50 film di genere. Diresse anche Gina Lollobrigida

Lo scorso 12 gennaio aveva festeggiato i 100 anni. Non è da tutti. Jean Delannoy viveva nella cittadina di Bueil, in Normandia, dove il Municipio gli aveva dedicato il salone delle feste: il compleanno era stato celebrato lì, alla presenza di Michèle Morgan, la grande diva del cinema francese che, nata nel 1920, ha «solo» 88 anni. Superato questo prestigioso traguardo, Delannoy si è spento ieri, speriamo serenamente.
Era il più anziano regista francese vivente, uno dei pochissimi in tutto il mondo ad avere iniziato negli anni 20. Allora, Delannoy era un attor giovane, e gli vengono accreditati ruoli già nel 1927. Ben presto passò dietro la macchina da presa, come montatore, e successivamente come regista. La sua prima regia, salvo omissioni, risulta essere Paris-Deauville, nel 1934. Esordisce quindi poco dopo Jean Renoir e addirittura prima di Marcel Carné, i due grandissimi del «realismo poetico» degli anni 30 (per altro Carné, classe 1909, era più giovane di lui). Nel corso del secolo, è il caso di dirlo, le regie di Delannoy arriveranno ad essere 52: una carriera ricchissima e a suo modo coerente, fatta di film di genere solidi, con grandi attori, con una tendenza al melodramma opulento e un po’ pompieristico.
Quando negli anni 50 i giovanotti della Nouvelle Vague prendono d’assalto – prima come critici, poi come cineasti – il fortilizio dell’industria francese, attaccano il «cinema di papà» salvando, dei vecchi, solo Vigo, Renoir e Bresson. Delannoy è uno dei «padri» da uccidere, assieme a Duvivier, Autant-Lara e lo stesso Carné. Spesso i ragazzi sono ingiusti, e a distanza di mezzo secolo alcuni filmoni del vecchio cinema di allora reggono al tempo meglio di certi filmetti intellettualistici della Nouvelle Vague, ma all’epoca andava così: la critica e il gusto hanno le loro mode. Delannoy era famoso soprattutto per alcuni titoli in costume, come un Gobbo di Notre-Dame del ‘56 (dove Esmeralda era Gina Lollobrigida) e una Maria Antonietta dello stesso anno (dove la regina decapitata era la citata Michèle Morgan); o Il segreto di Mayerling, del ‘49. Ma fu sua, ad esempio, l’idea di chiamare Jean Gabin a interpretare il commissario Maigret creato da Simenon, in due film (Il commissario Maigret del ‘58, Maigret e il caso Saint-Fiacre del ‘59) dei quali possiamo ancora essergli grati. Come molti, negli anni 60, girò alcune co-produzioni con l’Italia, come Venere imperiale e L’amante italiana. Era un regista rassicurante, di quelli che il pubblico ama senza, magari, conoscerne il nome.

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