Dalla rassegna stampa Cinema

L'Europa premia Chéreau

“Intellettuale io? Per me è un insulto” – Al grande regista francese verrà consegnato domenica a Salonicco l´Oscar del teatro E lui annuncia i suoi nuovi progetti, tra i quali quello di un film con attori internazionali

Non sono un rivoluzionario. Da 40 anni mi limito a collocare corpi nello spazio
Leggere un testo è come far arrivare i pensieri, stabilire un contatto con la scena

SALONICCO

dal nostro inviato
«Non sono un rivoluzionario della scena. Da quarant´anni mi limito a collocare corpi nello spazio. Corpi calmi o arrabbiati. Corpi che hanno una voce e una faccia. E il punto in cui meglio si incrociano i racconti e le storie di questi corpi è il teatro». Austero e geniale nelle sue creazioni internazionali, esigente e inquieto per carattere e per essere figlio di pittori, padrone anti-convenzionale dei più rigidi e arditi strumenti del teatro, del cinema e della lirica, il mitico Patrice Chéreau, 64 anni, presenza magnetica, quotatissimo in Italia già a 26 anni quando fu chiamato nel 1970 al Piccolo Teatro di Milano da Grassi per sostituire Strehler, fino a meritarsi ancora nel dicembre scorso l´onore e il plauso della regia d´apertura della Scala con Tristano, riceve domenica uno strameritato Premio Europa per il Teatro alla XII edizione di questa manifestazione di nuovo ospitata a Salonicco dal Teatro Nazionale della Grecia del Nord. Fanno corona a Chéreau i destinatari del Premio Europa Nuove Realtà Teatrali assegnato ex aequo al collettivo tedesco Rimini Protokoll, a Krzysztof Warlikowski, e a Sasha Waltz, mentre una menzione speciale (auspicata da Pinter, Havel e Stoppard) va al Belarus Free Theatre di Minsk, compagnia bielorussia con qualche problema di censura in patria.
Chéreau, oltre ad aver mescolato la Callas e Janis Joplin in un Riccardo II, ad aver “inondato” Il massacro di Parigi di Marlowe e La disputa di Marivaux, ad aver regalato a noi italiani una sorprendente Lulu di Wedekind, ha cambiato il modo di fare l´opera col suo wagneriano L´anello dei Nibelunghi a Bayreuth nel 1976, ha poi adottato e fatto conoscere un autore come Bernard-Marie Koltès alternando nuove energie in molti testi classici, ma intanto ha pure affrontato con spudorato realismo la condizione umana in film come L´homme blessé, Intimacy, Son frère.
Chéreau, la sua ricerca non fa differenze tra arte dal vivo e espressione cinematografica?
«Parlerei di convivenza di orientamenti e di formule non necessariamente legate tra loro. Lei s´immagini un albero: ogni ramo ha la sua direzione. Ascolto come un insulto il fatto che si definisca teatrale il mio cinema e che si trovi cinematografico il mio teatro, ma se le due constatazioni sono legate e si bilanciano, allora la cosa mi fa piacere».
Pare che lei accetti con diffidenza l´attributo di “intellettuale” che le viene attribuito in Francia…
«Il motivo è semplice: da noi questa parola è purtroppo il corrispettivo di uno spregio, di una discriminazione. Ed è una faccenda allucinante, perché invece io trovo che sia un termine bellissimo. Arriverei a dire che bisogna meritarsela, la vera fama, la vera identità di intellettuale. Magari io lo fossi, come certi filosofi, come certi scrittori».
Da qualche anno lei calca i palcoscenici con letture richiestissime, e ha cominciato con Dostoevskij. Un genere a parte, il reading?
«Mi capita di fare letture perché, mentre la prosa ormai si organizza con due-tre anni di anticipo, questo rimane ormai il modo più rapido di fare teatro. Ho cominciato dal 2000. È un esercizio che tra l´altro mi fa tornare alle radici del mio lavoro: come dire un testo, come far arrivare i pensieri, come stabilire un contatto con la scena».
Al Premio Europa sta per proporre La Douleur di Marguerite Duras e Coma di Pierre Guyotat…
«Il pezzo della Duras lo condivido con l´attrice Dominique Blanc, ed è la ricostruzione autobiografica e dolorosa dell´attesa dell´autrice in vista del ritorno dal lager di Dachau del marito Robert Antelme, mentre lei vive con un altro uomo. Guyotat è un grande scrittore francese venuto fuori negli anni ´70. L´affronterò domenica dopo la cerimonia del Premio, e spero di non essere deconcentrato».
Nel frattempo le sue regie liriche, come l´ultimo Wagner alla Scala, hanno alte quotazioni ovunque: ha una regola?
«Faccio sì che i cantanti dimentichino le leggi fasulle dell´opera e agiscano come fossero a teatro con Racine o Shakespeare».
E si sa che al momento sta lavorando al suo nuovo film…
«Sì, lo sto scrivendo. È assai intimo. Con produzione tedesca e attori francesi. Ancora non ne parlo. Ma le accenno il tema: è un caso di persecuzione amorosa. E s´intitolerà Persecuzione».

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