Dalla rassegna stampa Libri

Kureishi - In Occidente conta il piacere L'Islam crede nella famiglia

… ha mandato a Stephen Frears la sceneggiatura di My Beautiful Laundrette…

Incontri Lo scrittore anglo-pakistano torna a parlare dei suoi parenti (con qualche polemica) e di razzismo («subisco un’offesa al giorno»)
Il conflitto tra Est e Ovest, tra felicità individuale e responsabilità collettiva

Le storie di Hanif Kureishi aprono sovente uno spiraglio su un mondo maschile bizzarro e presuntuoso che preferisce la trasgressione al conformismo, il piacere al dovere, la ribellione all’accettazione. Se si sostituisce la parola «gente» con «uomini», l’inizio del suo nuovo romanzo, «Something to Tell You», il cui narratore è uno psicanalista, potrebbe rappresentare il suo credo: «I segreti sono la mia moneta: con i segreti mi guadagno da vivere. I segreti del desiderio, di quel che la gente vuole veramente e di quel che più teme. I segreti del perché l’amore è difficile, il sesso complicato, la vita dolorosa e la morte così vicina, anche se si cerca di allontanarla». Sempre di più è quest’ultima a preoccuparlo, eppure, a 53 anni, Kureishi dice che, a differenza di molti dei suoi personaggi, a lui la mezz’età piace. «Mi ci trovo bene. Conosco meglio il mondo. Ho meno paure», dice, seduto nel Cafe Rouge di Shepherd’s Bush, a Londra ovest, che usa come ufficio per incontrare gli studenti e rilasciare interviste. «Hai più soldi. E hai i bambini. Succedono tante belle cose quando si raggiunge la mezz’età».
«Something to Tell You» è più piacevole dei racconti di Love in a Blue Time (1997) — aspre storie di rabbie, sconfitte e inquietudini della mezza età — forse perché ora Kureishi è più soddisfatto, ma anche perché usa una forma più aperta. I lettori dei precedenti romanzi di Kureishi ritroveranno temi e figure familiari: la madre bianca, il padre pachistano; gli adolescenti degli anni Settanta, tutti presi da spinelli, sesso e musica; i gruppetti di amici dediti alla piccola criminalità, le periferie di Londra come simbolo di tutto ciò che ci si deve scrollare di dosso; il razzismo — tutti aspetti della periferia sud-est di Londra in cui è cresciuto negli anni Sessanta, quando, come ha scritto in un saggio del 1986 ristampato in La parola e la bomba, «ho calcolato che dall’età di cinque anni ho subito almeno un’offesa razziale al giorno».
La notorietà e i cambiamenti intervenuti in Gran Bretagna ne hanno stemperato gli effetti, ma, dice con improvvisa rabbia, «La scorsa settimana sono stato vittima di una buona dose di razzismo. Non ci sono più abituato. Ero in Germania. Tutti i giornalisti parlavano di me come di uno scrittore immigrato. Ad esempio: “I suoi figli si trovano tra due culture, come si sentono?” Non ci sono ragazzi più inglesi dei miei figli».
Il razzismo ha fatto di lui un ragazzino spaventato e ostile, e uno scrittore; gli incidenti accaduti in Germania, sono stati «come ritornare a un vecchio trauma. Le parole degli altri ti definiscono, ti escludono e in generale ti umiliano. Mi hanno fatto tornare in mente perché volevo scrivere: per raccontare la mia versione dei fatti».
Ma di quei fatti ci sono anche altre versioni. Sua sorella ha scritto ai giornali, protestando per il modo, secondo lei scorretto, in cui sono stati descritti i suoi genitori; chi non ha apprezzato il romanzo di Kureishi
Nell’intimità (1998), su un padre che lascia la compagna e i suoi due figli, lo ha visto come un ulteriore tradimento dello scrittore nei confronti della moglie e dei figli gemelli che anch’egli aveva da poco lasciato.
Non dovrebbe essere un po’ più cauto? «No. Perché mai? E che differenza farebbe? Il mio compito, da artista, è essere privo di remore». Silenzio meditabondo. Per niente? «È una questione tra me e la mia coscienza. Pensi a quel che vuoi dire, lo soppesi e poi decidi se dirlo o no». E ha mai scelto di non dirlo? «Sì, immagino di sì. Certo. Voglio dire che, in un certo senso, l’impegno principale è nei confronti del libro. Questa è la cosa che conta. Cercare di scrivere un libro decente, che interessi gli altri, e che mi sembri onesto».
Kureishi ha cominciato con il teatro. È stato suo padre a dargli il via, scoprendo e mandando al Royal Court Theatre un’opera teatrale del figlio. Aveva 18 anni. Lo presero a lavorare lì: doveva leggere manoscritti, fare la maschera; proprio il primo giorno di lavoro ha visto Beckett provare. «Ho imparato molto stando là, così giovane, in mezzo a persone tanto intelligenti. Non sono istruito. Se ho imparato qualcosa, è stato attraverso gli altri».
Poi ha mandato a Stephen Frears la sceneggiatura di My Beautiful Laundrette. Ha avuto una nomination per l’Oscar, e anche se ora sembra datato e un po’ sopra le righe, il racconto delle pressioni esercitate dal thatcherismo sugli asiatici di Lewisham, dell’amore interraziale tra gay circondati da skinhead, è stato un manifesto di quei tempi. In seguito le sue opere sono cambiate, hanno assunto tinte più oscure. Nel 1991 è morto il padre, e lui ne è stato sconvolto al punto da rischiare di affogare, come ha scritto, «nella cocaina, nel nitrato di amile, nell’ecstasy, nell’alcol, nell’erba, come se volessi uccidere qualcosa, o portare in vita qualcosa in me». Ha cominciato a frequentare le moschee e ha scritto The black album (1995), su un giovane che si fa attrarre dalla retorica violenta che si respira in quei luoghi. «My Son the Fanatic», un racconto divenuto un film, torna su quel tema spinoso; la sua simpatia, ovviamente, va al padre pachistano, liberale, gran lavoratore, che crede nell’integrazione ed è stupito di vedere il figlio inasprirsi sempre più.
Da una crisi di identità maschile è passato a un’altra;
Love in a blue time è disseminato di donne abbandonate, uomini persi in relazioni sbagliate; creativi sfatti a cui non serve l’enorme capacità di consumare sostanze illecite. Il mio orecchio sul suo cuore (2004) è un ritratto malinconico e duro del padre — aspirante scrittore nell’India precedente alla separazione del Pakistan, musulmano laico, funzionario dell’ambasciata pachistana a Londra — basato su alcuni suoi manoscritti rifiutati dagli editori. Kureishi sostiene di non ricordare come si sentisse dopo aver finito il libro, ma «immagino che libri di questo genere si scrivano per provare a capire e poi dimenticare. Sono libri per elaborare un lutto. Ma mio papà ritorna in continuazione. Mi chiedo cosa direbbe di quel che sto facendo ora, e se sarebbe contento».
Il nuovo romanzo prende in considerazione quel che succede quando la ribellione perde di vigore e la trasgressione smette di funzionare. Per Kureishi «i soli veri piaceri sono quelli trasgressivi». Il problema è la loro infinita spinta regressiva. La vera tensione, come diceva già in Nell’intimità, è tra il piacere individuale e le responsabilità familiari. «Per gli adulti è molto più difficile trovare il piacere, perché ci sono tanti doveri. E gli adulti sono più inibiti, i loro piaceri sono più difficili da liberare. E il prezzo è anche molto più alto. Viviamo in una società votata al piacere, alla cosiddetta realizzazione di sé. Se vivessimo in un paese musulmano, saremmo dediti all’ideale della famiglia e alla nostra responsabilità come membri di essa. Due concezioni molto diverse. Nelle famiglie musulmane non si parla molto dell’importanza della felicità individuale, perché è all’interno dell’unità familiare che si deve trovare la propria soddisfazione. Nell’Occidente si pone l’accento sulla felicità personale. E c’è molta più ansia di essere felici, o magri, o realizzati, o avere la relazione giusta con la persona giusta. In una società musulmana si ha meno scelta. E sicuramente non c’è tutta quell’aspettativa sul fatto di star bene. Io mi dedico alla mia famiglia, alla mia arte e a me stesso». Legge di meno; ha meno tempo, la lettura gli dà meno. «Leggere Sulla strada, o Flaubert, o Balzac — dice — per me fa parte del passato. È una cosa che probabilmente non succederà più, un piacere superato». Ma «scrivere mi appassiona ancora, ma in un certo senso non mi importa se non lo faccio. Per me non è così importante come vivere».
© Guardian News & Media 2008
(Traduzione di Maria Sepa)

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