«La vicenda della mostra omosessualista bocciata dal sindaco Letizia Moratti e accolta a Napoli tra l’entusiasmo dell’intellighenzia ufficiale rappresentata dal Sovrintendente Nicola Spinosa e il silenzio anche dei politici che si definiscono cattolici, induce ad alcune riflessioni. Anzitutto la libertà di espressione artistica non c’entra nulla. Qui ci si trova di fronte all’apologia dell’omosessualità, assunta come modello estetico e condizione privilegiata di vita. Come ha riconosciuto lo stesso Vittorio Sgarbi suo sponsor “La mostra rappresenta la condizione di orgoglio gay dando spazio ad artisti che mostrano un’estetica omosessuale in modo esibito, orgoglioso e con qualche provocazione incontenibile”», scrive Fraternità cattolica». «All’attenzione dei napolitani e dei campani proponiamo queste riflessioni: a Milano il sindaco Moratti e almeno parte degli intellettuali e dei politici non hanno avuto paura di reagire, di sfidare l’impopolarità massmediatica e di imporre prima il ritiro della cultura che offendeva in modo gravissimo il Papa Benedetto XVI e poi la chiusura della mostra omosessualista. A Napoli invece dominano conformismo, timore e indifferenza».
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«Per Milano nessun rancore La censura ci dà una mano»
Milano si prepara, forse, a salutare l’unica mostra della storia meneghina, e non solo, che lascia la città senza che la città l’abbia mai vista. Così «Vade retro. Arte e omosessualità», la contestatissima mostra bocciata sabato dal sindaco Letizia Moratti, dovrebbe traslocare. Meta più probabile, contro le resistenze già sollevate dal ministro della Giustizia Clemente Mastella e dalla curia di Napoli, Castel Sant’Elmo, seguita da Firenze e Torino. «Napoli è la sede più probabile – spiega Andrea Brunello, amministratore delegato di Artematica, che ha organizzato e sponsorizzato la mostra -: Andrea Spinosa è stato il primo a chiederla, Castel Sant’lmo è una sede prestigiosa che ha dato disponibilità per tutto l’inverno. Le mostre hanno un picco di visitatori tra settembre e dicembre, quindi non ci sarebbero dubbi: dopo il clamore mediatico che abbiamo avuto la mostra potrebbe raggiungere un numero di visitatori certamente superiore a ogni aspettativa». Nessun rancore dunque? «Assolutamente – risponde soddisfatto Brunello – se la mostra va a Napoli, e nel giro di un paio di giorni lo sapremo con certezza perché la nostra intenzione è inaugurare la settimana prossima – riusciremo a ripianare tutti i costi, anche quelli imprevisti come i biglietti non venduti questa settimana. Il catalogo che è andato al macero, per esempio, è stato battuto su eBay due giorni fa a 150 euro e ieri a 170, quando ne costava 28».
Nessun risentimento nemmeno da parte del giovane curatore della mostra, Eugenio Viola, contento di traslocare a Napoli, dove «giocherebbe in casa» (Viola è di orgini partenopee): «Milano è una città importante e se ci sarà occasione lavorerò volentieri ancora qui. Rimango comunque per l’autonomia dell’arte e devo dire che in questa occasione ho conosciuto la Milano “dei Borromeo”, dove trionfano l’oscurantismo politico, religioso, sociale e culturale».
Polemico l’assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi che non ha perso occasione di lanciare attacchi al vetriolo al sindaco: «Versace era un uomo dal grande senso estetico e per questo non avrebbe mai approvato la censura delle opere d’arte» ha commentato ieri alla Scala prima del balletto in onore dello stilista scomparso dieci anni fa. «A Milano abbiamo un sindaco che anticipa il cardinale» ha rilanciato annunciando che alla mostra dedicata a Versace, che aprirà i battenti a settembre a Villa Belgioioso Bonaparte, ci saranno anche «alcune provocazioni a sfondo omosessuale».
Tra una polemioca e l’altra oggi Andrea Brunello di Artematica incontrerà a Napoli il sovrintendente Spinosa per definire dettagli e prendere la decisione finale sul trasferimento della mostra, che verrà esposta nella sua versione integrale: «Sarà il pubblico a giudicare se effettivamente la censurea “s’era da fare” o no. Io penso di no».
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L’arte omosex non trova casa Ora lo scandalo spacca Napoli
di Giannino della Frattina
Rischia di non aprire nemmeno a Napoli Arte e omosessualità, la mostra-choc inaugurata a Milano con la scultura di Papa Ratzinger en travesti, ma i cui portoni non si sono mai spalancati. Una provocazione che riesce nell’incredibile impresa di mettere d’accordo un sindaco simbolo del centrodestra come Letizia Moratti, un ministro del centrosinistra come Clemente Mastella, la curia di Napoli e tanti altri. Dopo l’annuncio del polemico trasferimento scagliato come un anatema dall’assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi e dal bravo organizzatore Andrea Brunello, già si moltiplicano le proteste che minacciano di far ri-saltare l’evento. «L’idea che non si faccia a Milano e si faccia a Napoli – ha sbottato ieri il Guardasigilli Mastella sotto il Vesuvio – mi pare sconveniente e inaccettabile». Un’analisi che lascia ben poco scampo a quadri, sculture e fotografie in cerca di ospitalità. «Non siamo – s’inalbera – lo scarto di Milano. Un’ipotesi irriguardosa. Se avessero allestito la mostra a Napoli avrei potuto contestarne i contenuti, oggi ne contesto il metodo». Replica Sgarbi, tra il piccato e l’ironico. «“Fratel Clemente” dovrebbe unirsi a “suor Letizia” nel convento delle Carmelitane», l’ultima stilettata dell’assessore-critico-curatore che al sindaco Moratti non perdona l’ultima reprimenda («Milano non merita provocazioni sterili che confondono e contrabbandano per arte quello che arte non è»). «“Fratel Clemente” – dà lezioni di tolleranza Sgarbi – non ha ancora capito che a Napoli, al contrario di Milano, c’è un’autonomia della cultura rispetto alla politica». E ricorda come, a chiedere il trasferimento, sia stato «Nicola Spinosa, sovrintendente del Polo museale di Napoli, una persona intelligentissima che ha chiesto Arte e Omosessualità proprio nello spirito della libertà dell’arte rispetto alla politica». E annuncia la nuova provocazione: a settembre nella mostra dedicata da Milano al grande stilista, «Miti, dei, eroi, secondo Versace», troveranno posto anche «provocazioni in tema omosessuale». Che ne dirà la Moratti? «I cittadini – ha spiegato – non possono essere offesi da opere blasfeme, da immagini religiose o di minori poste in un contesto quasi pornografico. In gioco non c’è solo la libertà di espressione, un bene prezioso da tutelare, ma anche il rispetto per chi vive e crede nei valori della famiglia e della religione». In difesa dei quali si schiera la Curia Arcivescovile di Napoli. «Chi sceglie Napoli nel nome di una maggiore apertura al “nuovo” e a particolari interpretazioni dell’arte, certamente lo fa dimenticando il buon gusto, l’intelligenza e la sensibilità dei napoletani che storicamente hanno saputo esprimere e accogliere opere il cui valore è stato pari al rispetto dei canoni fondamentali dell’arte e della cultura». Quindi «l’auspicio che prevalga il buon senso». Come dire, citando il titolo della mostra fantasma, anche a Napoli vade retro
Ieri, 15 luglio, festa di san Bonaventura da Bagnoregio. Francescano, amico di san Tommaso d’Aquino e dottore della Chiesa (doctor Seraphicus) per cui nell’arte c’è solo il bello. Anche quando si rappresentano oggetti ripugnanti. «Perfino un diavolo – scriveva nel XIII secolo – è bello quando è raffigurato nella sua turpitudine». E quanti meravigliosi diavoli hanno dipinto Giotto o Bosch. Sia chiaro, gli omosessuali non sono il diavolo. Ma un Papa con tanga e calze autoreggenti è solo una turpitudine. Impossibile «travestirlo» da opera d’arte.