Dalla rassegna stampa Cinema

Trasgressione in tv

Cinquant’anni di omosessualità nella televisione italiana, una storia di invisibilità e di omertà che ora, grazie ad Andrea Jelardi e a Giordano Bassetti, viene ricostruita, con garbo e rigore storico, passo per passo…

Cinquant’anni di omosessualità nella televisione italiana, una storia di invisibilità e di omertà che ora, grazie ad Andrea Jelardi e a Giordano Bassetti, viene ricostruita, con garbo e rigore storico, passo per passo. Sì, perché “Queer tv. Omosessualità e trasgressione nella televisione italiana” (Fabio Croce Editore, 225 pp., 15,00 euro), oltre a colmare un vuoto bibliografico sull’argomento, non concede proprio nulla ai fan del gossip, offrendo, semmai, uno spaccato del nostro Paese attraverso quei personaggi che, nel corso del tempo, sono diventati delle icone della trasgressione. Ed ecco sfilare, in un’interminabile carrellata, meteore (come le sorelle Bandiera) e star della canzone (Amanda Lear, Renato Zero), celebrità del passato (Nunzio Filogamo, la prima vittima della censura omofobica) e del presente (Platinette). Lungi dall’esaurirsi in una sfilza di nomi, il libro esplora l’universo mediatico in toto: dal cinema ai serial televisivi fino ai cartoni animati americani che tanto hanno contribuito a sdoganare le tematiche omosex. Nella sua ricchezza di notizie “Queer tv” (la cui Prefazione reca la firma di Carlo Freccero) finisce col diventare una sorta di bibbia della tv alternativa, con quel distacco critico che rende la lettura fruibile ad un pubblico quanto mai vasto. In chiusura le interviste ad alcuni personaggi che si sono mostrati sensibili alle battaglie della comunità gay, come i giornalisti Massimo Consoli e Roberto Schena, gli attori teatrali Carlo Croccolo e Carlo Buccirosso, la sessuologa Gloria Persico nonché un volto noto della tv come Roberta Capua. E fa riflettere il paradosso che i gay siano tollerati solo se divertono (Malgioglio), suscitano compassione o si travestono. Insomma, nella tv del futuro, per il gay “normale” sembra non esserci posto benché non si possa negare che, sia pure con lentezza rispetto agli altri Paesi, qualcosa stia cambiando anche qui da noi.

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