Dalla rassegna stampa Cinema

Le Termopili? Un videogame

… Evitando magari, come qualcuno ha fatto ieri al festival, di affrontare con il regista argomenti seri, contestandogli la glorificazione della Sparta guerriera contro la brutalità persiana…

La Storia divide Berlino. I Taviani ironici: ora un film dalla parte dei turchi
«L’Olocausto armeno può essere raccontato in due modi come ha fatto Eastwood con Iwo Jima»

DAL NOSTRO INVIATO
BERLINO — La Storia con la S non sempre maiuscola è stata la protagonista della giornata del festival. E per una città come Berlino, attraversata dai più interessanti fermenti, non poteva essere che all’insegna della contaminazione più audace.
Dopo tante polemiche preventive e le critiche positive della stampa tedesca, ieri sera è stato finalmente proiettato come evento speciale La masseria delle allodole di Paolo e Vittorio Taviani, il film che racconta il genocidio del popolo armeno. E su un altro schermo è arrivato 300 di Zack Snyder, dal romanzo grafico di Frank Miller che racconta la battaglia delle Termopili, combattuta nel 480 avanti Cristo, un drappello di eroici spartani contro il potente esercito persiano.
«Non facciamo gli storici, ma speriamo che fra qualche anno il nostro film venga proiettato nelle scuole della Turchia», hanno detto ieri i Taviani. E speriamo – si potrebbe aggiungere – che 300, violento videogioco sia pure d’autore, non sia adottato come materia di studio per i giovani di oggi.
«Tutti i paesi hanno zone d’ombra, sangue e orrore – aggiungono i Taviani – come il fascismo in Italia o il nazismo in Germania, che sono stati condannati. Anche se noi italiani al cinema dobbiamo ancora approfondire certe pagine sconosciute in Grecia o in Albania o il massacro del generale Graziani in Africa (nelle scuole forse è ancora un generale buono). Perché in Turchia non condannano il movimento fascista dei Giovani turchi che sognavano il grande impero. Molti lo vorrebbero, quel Paese sta vivendo momenti di incandescenza, di contraddizioni».
Da Batman al re di Sparta Leonida, passando per la corrotta Sin City. Quando c’è di mezzo un artista Miller che piace a registi come Tarantino, bisogna invece prendere o lasciare, dimenticare Erodoto e accettare che anche la violenza, le teste mozzate, il sangue che invade lo schermo sono un modo per raccontare le vicende umane. Evitando magari, come qualcuno ha fatto ieri al festival, di affrontare con il regista argomenti seri, contestandogli la glorificazione della Sparta guerriera contro la brutalità persiana.
«Perché volete ridurre il mio film alla politica contemporanea, creare parallelismi con le guerre di oggi? Non potete fare a meno di intellettualizzare tutto? Se proprio volete, si potrebbe fare un altro film dalla parte dei Persiani».
Clint Eastwood fa lezione, insomma. E per un curioso destino, anche i Taviani si sono lasciati scappare quella che potrebbe essere una battuta, o una sfida, citando proprio Clint Eastwood che ha girato due film sulla battaglia di Iwo Jima (una versione americana e una giapponese): «Si potrebbe raccontare ora l’olocausto degli Armeni secondo il punto di vista dei Turchi».

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