Dalla rassegna stampa Cinema

Avati attacca: il cinema italiano muore

Ma Ozpetek e Sorrentino rispondono: non è vero

L´autore di “La cena per farli conoscere” accusa i colleghi di essere ormai lontani dal pubblico
Sorrentino: è sparito il cinema alto, quello medio incassa. Ozpetek: le crisi sono sempre cicliche

ROMA – Il cinema è morto, come dice Pupi Avati? Secondo lui «è diventato come la musica da camera, un prodotto d´élite che difficilmente comunica qualcosa». Ed è in crisi «perché quando qualcosa non interessa alla politica, non ha futuro. La tv intanto dilaga con i suoi sottoprodotti. È questa tv la peggiore maestra del secolo. Avanza annullando le coscienze mentre il cinema non è più in grado di formare opinioni, creare tendenze e pensieri».
«Io non sono d´accordo», dice Mimmo Calopresti. «Ho girato L´abbuffata in un paese della Calabria, i giovani non vanno al cinema, ma continuano a sognarlo, comprano i dvd, scaricano dalla rete. Il suo fascino non muore. La tv ha più possibilità di confronto con il pubblico, spesso sfoga il peggio di noi. Ma se la tv è programmazione, il cinema è un´occasione speciale, scelta, creatività, non mi dispiace che sia una forma aristocratica».
Ferzan Ozpetek sfuma il giudizio. «Le crisi sono cicliche. E il cinema non deve educare, ma parlare all´anima, alla sfera delle emozioni, divertire, soprattutto sognare. La tv? Come i telefonini o i computer, è qualcosa da cui non si scappa. E qualcosa di buono c´è, ci sono serie Usa appassionanti, come Three feet under. Io una serie la farei volentieri se potessi scriverla e dirigere senza interferenze».
«Modificherei l´affermazione», dice Paolo Sorrentino. Se mai il cinema alto boccheggia, ma quello medio è vivo, vegeto e fa grandi incassi. Per una ragione precisa: il cinema medio ritrae il costume, che dovrebbe essere solo un aspetto della cultura e invece si scambia per cultura. Se grandi giornalisti che stimo si occupano di film in tv solo se sul costume, si fa passare l´idea che quello è il cinema che fa cultura. Il cinema alto che anticipa le cose, che ha una cifra innovativa, finisce per essere penalizzato. È talmente vero che chi fa costume pensa di fare cultura, e si meraviglia se la critica non lo legittima, fino a dire che la critica è sempre stata negativa con la commedia. E allora Woody Allen?»

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