Un film che ha fatto storcere la bocca, scioccamente, a eserciti di benpensanti. Che è stato persino “rifiutato” da 40 sale su 100 in Italia, a causa delle scene di sesso esplicito. Ma in realtà Shortbus, di John Cameron Mitchell è un piccolo grande capolavoro. Commovente ed entusiasmante, triste e spensierato come dev’essere il vero cinema.
Qualche parola per raccontarvelo, ma davvero rivelando il meno possibile. È tutto da scoprire piano piano, dalle scene – meravigliose quelle di New York vista dall’alto come una scenografia – ai protagonisti, dalle canzoni ai dialoghi, dalle risate alle lacrime.
Sì, ci sono scese di sesso esplicito. Auto-fellatio, penetrazioni eterosessuali e omosessuali, in varie posizioni, sadomaso, sesso a tre, a quattro, orge. Orgasmi veri e simulati. Ma tutto, in ogni momento, è vitale, naturale, nient’affatto forzato o gratuito; e neppure angosciante, torbido. (ovviamente è vietato ai minori di 18 anni).
Il sesso è un grande strumento di incontro e di conoscenza, degli altri e persino di sé stessi. Sullo sfondo di una città – New York e non poteva essere che così – ancora ferita dall’11 settembre, ma aperta e accogliente per i marginali, i diversi, “quelli che ragionano” come dice il personaggio dell’ex sindaco. Una città dove in occasione del black out – che ricorda quello vero – nessuno saccheggia, razzia o aggredisce; ma molti colgono l’occasione per conoscere i vicini di casa.
In breve: una coppia gay – Jamie e James – ricorre a una consulente matrimoniale, prima di aprirsi a un terzo uomo, ma la donna dà in escandescenze e ammette di essere pre-orgasmica, cioè di non aver mai provato piacere durante un rapporto sessuale. Da lì i due la invitano al club Shortbus, gestito dal travestito Justin Bond (che interpreta sé
stesso): un posto dove si pratica sesso e si parla di politica, dove tutti si conoscono e tornano a curare o almeno mettere in comune le loro nevrosi e le loro paure. Orge libere (ma con il profilattico): “È proprio come negli anni Sessanta. Solo, con meno speranza”. “Il voyerismo è una forma di partecipazione”.
Da qui nasceranno situazioni estreme e complesse, ridicole e drammatiche, fino a un finale tra Fellini e Pasolini. Assolutamente imperdibile.