Dalla rassegna stampa Cinema

Grido, l'autobiografia di Delbono

…E il film è proprio questo, la storia di Pippo e di Bobò, … quest’incontro ha cambiato la vita di entrambi: di Bobò che dopo cinquant’anni è uscito dal manicomio e di Pippo che ha avuto la forza di continuare a combattere l’aids…

Grido, proiettato in anteprima alla Festa del cinema di Roma lunedì 16 ottobre è un film a cui Pippo Delbono ha dedicato molti anni della sua vita. O meglio, è la storia della sua vita. Per chi non conosce il lavoro teatrale di Pippo Delbono sarà una scoperta, per chi lo conosce anche. Certo, nel film si ritrova tutto: gli attori della compagnia (Bobò, Gianluca, Nelson, Gustavo, Pepe, Lucia e tutti gli altri), gli spettacoli (l’Enrico V. Il tempo degli assassini), e l’inconfondibile marchio della voce narrante di Delbono. Ma si va oltre. Il mezzo del cinema permette primi piani e riprese di luoghi che a teatro possono essere solo evocati ma che qui vediamo per la prima volta: la riviera ligure dell’infanzia. Napoli, il manicomio di Aversa in cui Pippo incontra per la prima volta Bobò.

E il film è proprio questo, la storia di Pippo e di Bobò, un «piccolo uomo» sordomuto e analfabeta che ha sorpreso tutti durante un laboratorio teatrale in un ospedale psichiatrico e che Delbono ha preso in affidamento: nel film si può vedere un filmato del 1996 in cui Bobò durante il training si muove con una naturalezza e una verità del gesto straordinari. E quest’incontro ha cambiato la vita di entrambi: di Bobò che dopo cinquant’anni è uscito dal manicomio e di Pippo che ha avuto la forza di continuare a combattere l’aids.

Non tutto si riduce però all’autobiografia. In un certo senso si potrebbe dire che Grido sta al teatro di Pippo Delbono come L’intervista di Fellini sta agli altri suoi film. Una specie di dietro le quinte, un film che si pone prima che la vita esploda nel teatro che Delbono, da anni, porta in giro per il mondo con grande successo. Se per esempio leggiamo alcuni testi che compongono uno spettacolo come «Barboni», una delle opere teatrali più importanti di Delbono, scopriamo le poesie di un barbone di nome Bernardo Quaranta.

Prendiamo alcuni suoi versi: «Ho camminato tutta la notte./ Ho camminato tutto il giorno./ Ma non sono stanco./ Sono morto fuori./ Sono vivo dentro». Sono la cifra stilistica di Bobò e di Pippo. Ma indicano anche altro. Se infatti il teatro di Delbono vuole essere la messa in scena feroce e grottesca della vita, se intende rappresentare insomma il pugno nello stomaco con cui si fa avanti l’intensità dell’esistenza (nel suo ultimo spettacolo, «Questo buio feroce», in scena all’Argentina di Roma, un attore che interpreta la parte di un malato terminale canta «My Way» in mutande e con il corpo scavato) allora l’idea di un film che è insieme autobiografia e dietro le quinte risulta meravigliosamente paradossale.

Il messaggio potrebbe essere il seguente: Bobò e io ti raccontiamo la nostra vita, la nostra vera vita, ma la nostra vita, che vedi nel film, è in particolare la vita che ti mostriamo in tutta la sua intensità nel nostro lavoro teatrale. Si tratta, per certi versi, del concetto estetico secondo il quale le opere d’arte servono solo per riconoscere la bellezza là dove inaspettatamente si dà. Grido diventa così una mappa e una guida, un percorso all’interno del quale la vita torna a essere ispiratrice dell’arte perché l’arte, dopotutto, non è altra che la vita in una delle sue manifestazioni più alte.

Visualizza contenuti correlati


Condividi

Effettua il login o registrati

Per poter completare l'azione devi essere un utente registrato.