Dalla rassegna stampa Cinema

Transamerica il cuore oltre i tabù

La grande prova di Felicity Huffman

Un viaggio attraverso l’America e dentro due solitudini. Un viaggio da un genere all’altro, dal passato al presente, senza perdere, anzi conquistando, un figlio. Bree, l’attrice Felicity Huffman protagonista del film Transamerica, rapisce. Sullo schermo è una trans, un uomo che sente di appartenere al genere femminile e che sta per sottoporsi all’intervento per la riconversione dei genitali. Nella vita è una donna. Interpreta il ruolo con maestria. La storia cattura perché a catturare è il «dramma» rappresentato con ironia e sapienza. La gente esce dalle sale affascinata dal personaggio insolito di Bree, dalla sua paternità scoperta per caso, dalla sua maternità conquistata prima e dopo l’operazione. E non c’è scandalo negli occhi di chi guarda le scene. C’è, al contrario, commozione. La sua solitudine incontra quella del figlio che non sapeva di avere. Qualche giorno prima dell’operazione il figlio telefona e chiede del padre. Lei, ormai quasi ex-lui, non può ignorarlo. Deve fare il grande cambiamento intera, contenendo ogni orma del suo passato. Senza rimpianti. Il figlio, Toby, è un ragazzo sfortunato. Troppo. E nel viaggio attraverso l’America entrambi svelano le proprie miserie e nobiltà, facendo trionfare ciò che fino a quel momento hanno mai conosciuto: il piacere di sentirsi in rapporto l’uno con l’altra, ciascuno con la propria identità. Bree e Toby si avventurano nei paesaggi inesplorati delle loro vite man mano che affrontano il viaggio dal nordest al sudovest degli Stati Uniti. E si incontrano.
Con una doppia candidatura agli Oscar e la vittoria del Golden Globe come migliore attrice protagonista, Felicity ha visto riconosciuto il suo talento. Ha rischiato, come Charlize Theron in «Monster» e Hilary Swank in «Boys don’t cry». Ed è stata premiata. Le difficoltà della recitazione sono pazzesche. Lei è donna, ma studia il modo di camminare, di vestire, di parlare di un uomo che si sente donna prima dell’intervento e dopo. L’acrobazia è nell’immedesimazione, che le riesce fino in fondo. La metamorfosi è talmente profonda che Felicity fa fatica a liberarsi del personaggio Bree anche a film ultimato. Quando torna sul set di «Casalinghe disperate», recitazione per cui è nota in Italia, dichiara: «E’ stato un vero choc. La mia voce era più bassa di un’ottava e mi è capitato di avere qualche esitazione riguardo ai bagni pubblici. Andavo verso quelli per donne e poi all’improvviso mi bloccavo pensando: – Posso entrare qui? …si! No, non è la porta giusta… Ma si, invece… io sono una donna!». Felicity scopre che cosa è la transessualità. Scopre il coraggio, l’ostracismo sociale, il sollievo esistenziale al termine del viaggio. Lei stessa, ormai perfettamente addentro all’iter che le persone trans attraversano, dichiara: «…prima dell’intervento definitivo la persona che dovrà operarsi vive per almeno un anno nelle vesti di una donna, in tutti i sensi. Per un uomo che di punto in bianco deve cominciare a indossare tacchi alti e make up per andare in ufficio o a fare la spesa deve essere terribile. Queste persone se sono abbastanza coraggiose per diventare ciò che realmente sono, vengono etichettate come ‘diverse’ e ostracizzate. Se scelgono di non farlo, si alienano da se stesse. Ho cominciato a prepararmi al film ritenendo le persone affette da disforia di genere interessanti ma, nel migliore dei casi, delle bizzarre anomalie. Prima della fine del film ero già convinta che sono le persone più coraggiose del mondo».

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