Misteri del cinema. Nel 1990, a 53 anni, Jane Fonda si congedò dallo schermo con un film impegnato, di quelli che piacevano a lei: Lettere d’amore di Martin Ritt, protagonista un’operaia che viene in soccorso al cuoco Robert De Niro licenziato per analfabetismo. E passiamo ai giorni nostri: Hanoi Jane ricompare a sorpresa, come secondo nome sotto l’emergente Jennifer Lopez, nella commediola Quel mostro di suocera, un genere che a suo tempo avrebbe snobbato. Impossibile non porsi due domande, legate l’una all’altra: perché lasciò e perché è tornata con un film che contraddice l’immagine della diva combattente? Qualche risposta si ricava dall’autobiografia My Life So Far (Random House), ancora fresca di stampa. Un libro insolitamente sincero e ben scritto, rara avis nel panorama di un genere spesso autocelebrativo. Il gran rifiuto che quindici anni fa parve definitivo si dovette, spiega la Fonda, al suo terzo matrimonio, quello con il magnate Ted Turner. Il quale, come la maggior parte dei mariti, aveva piacere che la moglie stesse a casa anziché vagare da un set all’altro. A quel punto, però, Jane stessa si rendeva conto che il fallimento della precedente unione con l’attivista politico Tom Hayden era stato in gran parte dovuto ai troppi impegni di una carriera assommante in un trentennio una filmografia di ben 40 titoli. Stavolta però la signora era risoluta a far funzionare il ménage, donde la decisione di abbandonare il cinema. Fu una mossa saggia, almeno sul piano esistenziale e funzionò a lungo finché intervenne un’amichevole separazione. E l’ex attrice, che orgogliosamente aveva tenuto sempre conteggi separati rispetto al consorte multimiliardario, si trovò di fronte a molteplici problemi di bilancio. Soprattutto la preoccupavano le necessità finanziarie della Georgia Campaign for Adolescent Pregnancy Prevention, un programma di assistenza alle future madri nubili da lei avviata nel 1995. Per cui, consigliata anche dall’agente e amica Paula Weinstein, Jane accettò di tornare al cinema con questo Monster-In Law; e poco le importò che il suo ruolo, per la prima volta, non fosse quello della protagonista, e che l’impresa si configurasse come un filmetto qualsiasi. Ancora una volta Jane ha confermato quell’atteggiamento pragmatico che l’ha guidata per tutta la vita, da quando per sfuggire al perbenismo dell’alta società americana, ma anche per uscire dall’ombra del grande papà Henry Fonda, andò a vivere per sette anni a Parigi dove sposò l’iconoclastico Roger Vadim e fece grandi amicizie nel giro della sinistra. Un’esperienza che la portò, tornata in Usa, a diventare una bandiera del pacifismo antiVietnam trascinandosi dietro una scia d’odio. Spiegati i precedenti (e rimandato il lettore curioso alla lettura dell’autobiografia) resta poco da dire su Quel mostro di suocera di Robert Luketic, dove Jennifer Lopez sul punto di sposare Michael Vartan si trova di fronte la gelosissima suocera Fonda pronta ai peggiori soprusi per impedire il matrimonio. Forte di un aspetto incredibilmente fresco e agile, la diva fa ricorso a tutta la sua esperienza per incarnare in chiave grottesca un personaggio nevrotico e odioso. Una prestazione professionale ineccepibile anche se non entusiasmante, tant’è vero che quando come «suocera della suocera» entra in scena la grande Elaine Stritch (classe 1926) il film prende un’altra vita. Quanto al resto, la Lopez è bella ma insipida, Vartan è un mammozzo e le risate se le prende tutte la segretaria Wanda Sykes sparando battute evidentemente appiccicate. Resta la curiosità di sapere se questa «seconda» Jane Fonda avrà un futuro e se tornerà, felicemente come in passato, a coniugare il cinema con i suoi bollenti spiriti di anima libertaria….
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