Road Movie di Kim In-sik
Quando Wong Kar-wai presentò il suo Happy Together, spiegò di aver inserito proprio all’inizio del film l’unica scena di esplicito sesso gay (purtroppo brutalmente decurtata nell’edizione italiana), per liberare immediatamente il film del côté più morbosamente atteso da stampa e pubblico. Road Movie, opera prima di Kim In-sik è primo film coreano di fiction ad avere come protagonista un personaggio gay, segue un pattern simile. Road Movie si apre infatti con una scena di sesso tra uomini, molto cruda non soltanto per gli standard coreani, ripresa in uno sgranato bianco e nero. Uno dei due amanti quindi rifiuta la proposta di relazione dell’altro, congedandolo poi alla stazione dei treni: conosciamo così Dae-shik, il protagonista gay del film.
Una serie di convulse sequenze ci introduce quindi all’altro protagonista del film, Suk-won, un broker rovinato da un azzardo borsistico, prontamente scaricato dalla moglie e precipitato nel limbo della rovina economica e sociale. Dae-shik lo salva dal suicidio e lo accoglie sotto la sua ala protettiva nella comunità dei senza tetto di Seoul. Dopo una retata della polizia nel sottopassaggio dove i barboni si radunano per la notte, Dae-shik, che ha nel frattempo salvato nuovamente Suk-won dal suicidio, lo porta con sé in un viaggio verso un altrove non meglio precisato.
Mettiamo in tavola le carte che fanno di Road Movie un film formidabile. Innanzi tutto, Road Movie non è un film realista. Sebbene sullo sfondo sia inevitabilmente riconoscibile un contesto sociale preciso, fatto di rampante capitalismo su cui incombe lo spettro della caduta senza possibile appiglio, di silente emarginazione dei reietti, di omosessualità clandestina, Road Movie attinge ad un’astrazione artistica che si manifesta vividamente nell’acquisizione spinta di topoi piegati ad un pervertimento quasi meccanico. Il personaggio gay assume quindi le pose del macho taciturno, mentre quello etero subisce un’inarrestabile perpetua umiliazione della propria mascolinità.
Di astrazione si nutre pure il linguaggio filmico che inscena con noncuranza il parossismo di situazioni “al limite”, che rammentano l’impavida singolarità di un Kim Ki-duk. Come inventariare altrimenti la sequenza del secondo tentativo di suicidio di Suk-won che, impiccato ad una skywalk, cade, viene trasportato da Dae-Shik su un carrello da supermercato, quindi dei byker gli appiccano fuoco?
L’oscillare poi tra la tenera impudicizia di una mdp che si allontana vertiginosamente dal gesto d’affetto di un Dae-shik che imbocca Suk-won alla mensa dei senza tetto e la pervicace irrazionalità dei vani inseguimenti del personaggio femminile Il-joo, che, salvata anche lei dal suicidio, si prende di Dae-shik, rivela risoluto un talento che ambisce al cinema puro, privo dei compromessi al quieto vivere dello spettatore medio.
Del resto sin dal titolo Kim rivendica una scelta programmatica di genere che si predispone all’astrazione. Road Movie “sinonimizza” dislocazione spaziale con movimento concettuale e di paesaggio interiore, operando fusione totale tra tappe di più percorsi a più livelli: viaggio nello spazio dei protagonisti, cammino interiore che ne muta identità e relazioni, itinerario nelle evoluzioni del narrare e del filmare, e rotta di alterazione delle percezioni dello spettatore. Ne discende l’immacolata epurazione di un finale splendido, ancora parossistico, esteticamente sublime: è Dae-shik ora ad elevare alla potenza il suicidio (pillole, alcool, dinamite…) ed è Suk-won ad accorrere in tardivo soccorso (su una spiaggia, vedi il tentato annegamento di Il-joo…); Suk-won decide di darsi al morente Dae-shik, dopo un bagno, nudo, sotto la pioggia, troppo tardi; lo scomparire di Suk-won come ombra nel perpetuare un movimento senza possibile meta…
Una conseguenza diretta, seppur in apparenza paradossale, della sua cristallina purezza di cinema, è che Road Movie non è un film gay, non di certo perché Kim non è gay, e nonostante il suo film si proponga quasi come (per)corso propedeutico all’accettazione dell’amore omosessuale per straight. Road Movie è soprattutto un magnifico, fiammeggiante mélo, una storia d’amore non corrisposto tra le più devastanti del cinema degli ultimi anni. E non a caso certi passaggi narrativi potranno legittimamente far pensare ad un grandissimo mélo astratto come The Isle di Kim Ki-duk… Difficile non concordare con Tony Rayns: Road Movie è tra i grandi esordi dello scorso anno, non solo coreani, un film che brucia come pochi altri nel recente panorama mondiale.
da cinemacoreano.it