Due profondi film francesi sul lutto vengono presentati tra oggi e domani al Festival Gay di Torino: una doppia perdita, del proprio adorato marito, in ’17 volte Cécile Cassard’, opera prima dello scrittore Christophe Honoré, e di un luogo di memorie, un cinema porno che chiude i battenti in ‘La gatta a due teste’ di Jacques Nolot (ma il titolo originale è più ambiguo perché ‘chatte’ è anche il sesso femminile).
Nel primo la prognàta Béatrice Dalle è una vedova trentenne che vive a Tours col figlio piccolo e non si rassegna alla perdita del marito, lo vede nudo in immagini fantasmatiche mentre si allontana da casa, tenta di suicidarsi nelle acque melmose di un fiume. Sconvolta dal dolore al punto di decidere di entrare letteralmente nella tomba del marito ma terrorizzata dall’idea di poter nuocere al suo stesso figlio dopo un tentativo fallito di suicidio per annegamento, fugge a Tolosa dove conosce un gruppo di ragazzi gay tra cui Matthieu, un sensibile ragazzo riccioluto (il simpatico Romain Duris de ‘L’appartamento spagnolo’ e ‘Gadjo Dilo’). Lui è innamoratissimo del suo fidanzato ma vuole fare un bambino con lei, riuscendo finalmente a strapparle un sorriso. Intimista, cupo e a tratti autocompiaciuto, è una ‘mise en abîme’ verticale di due cuori lacerati attraverso 17 momenti di un’afflizione estrema, radicale, anche un po’ nichilista. Molto interessante nella prima parte (una discesa agli inferi di un’anima persa, tra le immagini inquietanti di un toro morto e sanguinante e il viso indifeso del bambino alla notizia della morte del padre), si perde nella seconda in contemplazioni e stasi inespressive che lo rendono pesantemente uggioso. In una divertente scena che rappresenta uno dei pochi momenti di svago dei protagonisti, Romain Duris canta al femminile e in costume da bagno tirato su a mo’ di tanga la ‘Lola’ del film di Jacques Demy.
‘La gatta a due teste’ è invece il titolo di un film porno ormai classico per gli habitués di un cinema che sta per chiudere (esistito veramente in Place Clichy a Parigi). E mentre a Torino si piange per la chiusura di uno storico cinema nella centralissima Via Garibaldi, il Charlie Chaplin, nel fatiscente cinema a luci rosse di Nolot tre personaggi si raccontano, si confessano, si amano: lo stesso Nolot (il bravo sceneggiatore di ‘Niente baci sulla bocca’ di Téchiné nonché amante di Charlotte Rampling nel capolavoro ‘Sotto la sabbia’ di François Ozon) interpreta un cinquantenne innamorato del giovane proiezionista mentre la cassiera, l’azzeccata italofrancese Valeria Scognamiglio in un’interpretazione molto almodovariana, svela il suo passato da prostituta e ricostruisce la storia del cinema vista dietro alla cassa. Lento, quietamente mesto, è invaso da scene di sesso particolarissime quali una trans in età che sembra Mrs. Doubtfire con seno flaccido e sesso maschile che viene palpeggiata e sodomizzata da diversi uomini, un bel militare marchettaro che si fa il cinquantenne mentre guarda il film porno etero proiettato sul grande schermo, un ragazzo obeso a caccia di prede sessuali che si diverte a travestirsi da donna nella toilette in estenuanti sedute di trucco. Lo stile calmo, malinconico e un po’ nostalgico, fatto di lente carrellate e placidi piani sequenza, rendono il film davvero particolare, d’essai, quasi un De Oliveira in chiave porno.
Ed è commovente ripensare alle inquadrature della sala che si riempie e si svuota di amici nel documentario ‘Ottavio Mario Mai’ di Giovanni Minerba e Alessandro Golinelli. Per sdrammatizzare, chissà che in sala, al Teatro Nuovo di Torino, il pubblico non si faccia invece coinvolgere…