Lezioni di felicità

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Lezioni di felicità

Questo primo film dello scrittore francese Eric-Emmanuel Schmitt si presenta come una commedia che sconfina nel musical ma che non disdegna riferimenti culturali ambiziosi, come il paragone con la vita del Cristo (visto attraverso l’immaginazione della protagonista) e una debole critica alla società intellettuale parigina (alla quale sarebbe da preferire l’onestà e la semplicità degli scrittori di romanzi rosa). Questi ultimi aspetti del film sono comunque i meno riusciti e quelli che rendono l’opera, in alcuni momenti, un po’ discontinua. Grandissima la performance della protagonista, Catherine Frot, che avevamo già ammirato nel cupo “La voltapagine”, e che qui, al contrario, ci inonda di serenità e felicità. Come poi possa essere felice una quarantenne vedova da dieci anni che lavora come commessa in un grande magazzino e deve star dietro a una figlia senza lavoro che si è portata in casa un ingombrante e insignificante amante, e un figlio gay, Rudy, che, naturalmente, pensa solo al sesso, è spiegato dal messaggio cristiano-letterario che sottende al film. Al di là del messaggio il film si lascia gustare proprio quando se ne dimentica e ci fa entrare nel quotidiano mondo variopinto di una commessa di supermercato (deliziose le scenette al banco dei cosmetici o della lingerie) o di una composita famiglia proletaria. In quest’ultima il figlio gay, utilizzando tutti gli stereotipi del caso (naturalmente lavora come parrucchiere, cambia di continuo gli amanti, pensa e vede solo sesso, si dipinge le unghie dei piedi, indossa tutù di banane, ecc.), è grande alleato e ispiratore della madre (che lo ricambia definendolo il personaggio più a posto della famiglia), forse ancora di più dei romanzetti rosa che le avrebbero “salvato la vita”. Rudy contribuisce ampiamente a creare quell’atmosfera “camp” che pervade e rende piacevole gran parte del film, insieme agli esilaranti “voli” della madre e alle sue brillanti performance di ballerina casalinga. Consigliato a chi ama i romanzetti rosa (gay e non) e le commedie alla Mary Poppins, naturalmente aggiornate.

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8 commenti

  1. zonavenerdi

    Oltre a Rudy (il figlio di Odette che all’improvviso balla con un casco di banane al posto delle mutande (di cui vi ho già raccontato nel precedente commento) un’altra cosa non mi è piaciuta di come vengono contiderati i gay in questo film: Alexandre (il fidanzato di Rudy) che andando a farsi firmare il libro da Balthazar si definisce (in quanto gay) “non uomo”…

  2. zonavenerdi

    A distanza di alcuni giorni dalla visione, pur confermando il mio giudizio, vorrei far notare la visione di un gay medio in questo film. Tutto il cast canta e balla con la protagonista; ma il solo personaggio gay è l’unico che si ritrova (mentre balla) prima senza camicia, poi con i boxer e infine con una corona di banane a mò di costume. Gli omossessuali nella realtà non sono così e vorrei non lo fossero nemmeno nei film. Stereotipo andato a male.

  3. zonavenerdi

    Questo è un film pieno di clichè contrapposti (come del resto ha fatto notare il protagonista al suo editore a metà film): il figlio gay gentile e la figlia sgorbutica (almeno all’inizio); il fidanzato del figlio ben educati e quello della figlia buono a nulla e poi sopratutto i due protagonista. Odette poco intelligente e quindi spensierata; mentre Balthazar scrittore rinomato e quindi depresso. Come non confrontare il parallelo Odette/Gesù, fino alla resurrezione finale. In questo film ci sono troppe situazioni che non finano con la logica; però se si stacca il cervello e si vede il film solo come una favola diventa non solo piacevole; ma anche spensierato.

  4. Penso che questo sia un bellissimo film… l’ho visto al cinema quando uscì, e devo dire che non sia esattamente il mio genere e che per tanto non è in cima alle mie preferenze, ma analizzandolo freddamente è davvero ben fatto, con la giusta dose di leggerezza e profondità e una buona analisi del rapporto tra elite intellettuale e il mondo delle sciampiste e delle commesse…

  5. Graziosa commedia francese, piena di musica, colori, leggerezza.. Bravissima C. Frot, già vista nell’introspettivo e sensuale film ‘la voltapagine’. Da vedere entrambi..

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trailer: Lezioni di felicità

https://youtube.com/watch?v=BzhOCiC7te8

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“Commessa in un grande magazzino, Odette non avrebbe molte ragioni per essere felice; ma è una donna semplice e incline per natura alla gioia. Tutto il contrario per Balthazar Balsan, scrittore di romanzetti, baciato dal successo però scontento, fino a cadere in depressione (per colpa di un critico). Non ci vuol molto a capire che i due opposti s´incontreranno e che l´incrocio delle loro strade cambierà la vita di entrambi. Debuttante dietro la macchina da presa, Eric-Emmanuel Schmitt è, in versione più colta, una specie di Balthazar: un drammaturgo e romanziere di successo. Adattando uno dei propri racconti, lo scrittore divide il mondo in due fette opposte: da una parte l´ambiente parigino intellettuale e mediatico; dall´altra la periferia con la sua gente semplice, la consolante quotidianità. Andava bene quando cose del genere le diceva Jacques Tati irradiandole di sorridente poesia. Qui, invece, lo schematismo dell´antinomia risulta goffo: la critica alla vanità del successo e del denaro necessita di argomenti ben più forti, o caustici, del candore di Odette. Detto questo, il film si può guardare come una favola dei nostri tempi, non priva di simpatia e dai dialoghi piuttosto azzeccati.” (r.n.)

“…Schmitt, che come drammaturgo e romanziere ha affrontato temi che vanno dal nazismo alla musica di Mozart, spiega poi la leggerezza programmatica del suo esordio cinematografico: «Nel film ho messo lo spirito dei miei numi tutelari: l’ottimismo dei cartoon Disney, certo ”realismo magico” di film come ”Miracolo a Milano”, citazioni della pittura di Magritte, l’omaggio alla musica della Baker e quello a Proust, per il nome della protagonista»…” (Oscar Cosulich – Il Mattino)

“Di per sé Lezioni di felicità sarebbe un filmetto qualsiasi se non mettesse in campo un problema centrale della critica letteraria: è giusto trascurare, oscurare e implicitamente condannare i romanzi scritti per la gioia di donzelle e matrone? Ovvero di tutte quelle signore che li prediligono, che vi trovano rispecchiati i propri sentimenti e incoraggiate le speranze per il futuro? Lo scrittore Eric-Emmanuel Schmitt, per l’occasione trasformato in regista, ha ideato in proposito una metafora di perigliosa realizzazione: quando la gentile commessa di profumeria Odette Toulemonde, protagonista del film, si immerge nelle pagine del suo scrittore preferito, Baltahsar Balsan, e letteralmente vola. La vediamo levitare nell’aria, con il naso nel libro, fra i viaggiatori dell’autobus: e la vediamo addirittura vagante nei cieli metropolitani….” (Tullio Kezich – Corriere della Sera)

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