Bronson

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Bronson

Grottesco, ruvido, storia vera del più pericoloso criminale britannico, Michael Peterson (Tom Hardy, bravissimo e seducente), un povero pazzo muscoloso, bello, pelato, faccia da schiaffi, masochista – gli piace essere menato a sangue – che si crede Charles Bronson, ‘il giustiziere della notte’, rinchiuso per decenni in prigione perché “crede di essere in un albergo” (è tuttora carcerato e ha 56 anni). Ha anche un amico omosessuale che gli insegna come diventare una celebrità – il suo grande sogno – combattendo con altri maschi nerboruti e persino cani, ma quando un altro gay gli insegna che cos’è l’arte lui gli fa fare una triste fine da statua vivente dipingendogli il corpo alla Gilbert & George ma non potete immaginare il livello di perversione. Ultraviolento, estremo, lucido come un Kubrick survoltato e delirante, fa rabbrividire nella scena al manicomio coi pazzi che sembrano davvero pazzi (fra loro c’è pure un coprofilo) mentre inquieta nella scenetta teatrale in cui si traveste da joker gender e parla con voce da donna ma anche da uomo, truccato per metà da lui e per metà da lei. (Roberto Schinardi)

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2 commenti

  1. zonavenerdi

    Mi sono annoiato per lunghi tratti del film, tanto da credere di non riuscirlo a vedere fino alla fine. Il regista non ci fa mai capire la parte psicologica di Bronson e il perchè delle sue azioni. Abbiamo solo un criminale che entra ed esce dal carcere e che ogni tanto mette in ostaggio qualche secondino.

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Michael Peterson, violento diciannovenne inglese di buona famiglia in cerca di notorietà, decide di rapinare un ufficio postale armato di un fucile. Arrestato dopo aver sottratto un magrissimo bottino, viene condannato a sette anni di carcere. In prigione non si placa la sua sete di celebrità e non perde occasione per salire agli onori delle cronache attaccando, picchiando e sequestrando, finendo per trascorrere in carcere i successivi trentaquattro anni, trenta dei quali in regime di isolamento.
«Charles Bronson è la metafora di un artista alla ricerca di una tela su cui dipingere. Se sei un artista provi molte cose: diventi erratico, violento, pazzo e vuoi distruggere tutto fino a quando non trovi il posto che cerchi. Questo mi è diventato chiaro mentre giravamo la scena finale e mi sono chiesto “perché sta facendo tutto questo?”, e non sono stato in grado di trovare una risposta. Così ho capito che vuole qualcosa, vuole la musica, possiede un temperamento creativo e ha bisogno di una tela per esprimersi». (TFF)

Nicolas Winding RefnNicolas Winding Refn (Copenaghen, Danimarca, 1970) si è trasferito a New York all’età di dieci anni, per fare ritorno a Copenaghen sette anni dopo. Conseguito il diploma, ha frequentato la American Academy of Dramatic Arts di New York, dalla quale è stato presto espulso. Tornato in Danimarca, ha superato l’esame di ammissione alla Danske Filmskole, che però ha poi deciso di non frequentare. All’età di ventisei anni, ha scritto e diretto il suo lungometraggio d’esordio, Pusher (1996), dopo il quale ha fondato la casa di produzione NWR insieme al produttore Henrik Danstrup, con l’intenzione di assicurarsi la piena autonomia artistica e finanziaria per i progetti futuri. Il suo film successivo, Bleeder, un cupo racconto di frustrazione e alienazione, è stato presentato alla Mostra del cinema di Venezia nel 1999. Fear X, il suo terzo lungometraggio, interpretato da John Turturro, è stato presentato in anteprima al Sundance Film Festival nel 2003. Refn è poi tornato a girare film in danese, e tra il 2004 e il 2005 ha realizzato Pusher II e Pusher III. Nel 2007 ha diretto un episodio della serie della BBC Miss Marple. Durante la realizzazione del suo ultimo film Valhalla Rising (2009), si è dedicato a un altro progetto, Bronson, film che racconta la vera storia di Michael Peterson, considerato il più violento detenuto inglese, e che è stato presentato al Sundance Film Festival del 2009. (TFF)

“…Nelle mani di un talento visionario come Winding Refn, l’allucinata vicenda di Bronson diventa una lucida rappresentazione del fascino oscuro della violenza, anche grazie al carisma magnetico del sublime interprete Tom Hardy, in grado di rendere al meglio la follia narcisistica che alberga in Bronson, trasformandolo sullo schermo in uno dei ‘cattivi’ cinematografici più affascinanti degli ultimi anni: un provocatore survoltato che gioca col concetto di gender – brechtianamente si presenta allo spettatore truccato per metà da uomo e per metà da donna su un palco fittizio dove parla con voce maschile e femminile come un joker schizoide, al punto da diventare amico di un gay segaligno che lo istruisce su come realizzare il suo grande sogno, ovvero diventare una celebrità a tutti i costi (ma all’omosessuale che gli spiega cos’è realmente l’arte fa fare una fine atroce trasformandolo in statua morente, anziché vivente, alla Gilbert & George)…” (R.Schinardi, Gay.it)

Notevole e mutevole film sul carcerato inglese Peterson, detto Bronson come l’attore, di cui vediamo le prodezze come nel teatro (brechtiano). La violenza genera violenza, dicevano i western: così è per questo eroe (storia vera) da Arancia Meccanica che dalla galera si vende come pittore. Regista il geniale danese Nicolas Winding Refn, star Tom Hardy, colonna sonora di Verdi, Wagner e Bruckner per una storia che contiene molte forze del destino e si ricorda sempre di kubrick (M.Porro, Corsera – vot 8/10)

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