Animal Kingdom

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Animal Kingdom

Ennesimo ma bellissimo film, candidato agli Oscar e ai Golden Globe, sul sottobosco criminale dove banditi e poliziotti gareggiano in violenza e vendette. Il film è basato sulle vicende di una sparatoria realmente avvenuta a Melbourne nel 1988. L’eroe del film è un giovane minorenne (interpretato da un efficace James Frecheville) che suo malgrado viene assorbito all’interno di una band famigliare, assistita da una madre, per lui nonna, che ne condivide programmi e progetti, quasi tutti nella più completa illegalità. Darren Cody (interpretato da Luke Ford) è uno dei fratelli della band, il più giovane, zio del protagnista anche se ha solo due anni di più. In una scena del film assistiamo ad un suo interrogatorio da parte del fratello maggiore che gli vuole estorcere la confessione di essere gay. “Dimmelo, per me non fa differenza, ma voglio saperlo, con me puoi parlare tranquillamente…” Ma Darren non risponde, mentre si dimostra alquanto infastidito. Sicuramente è gay, anche se non lo dice. Non lo vediamo mai con ragazze, ha un carattere introverso, sicuramente è il più ‘pulito’ di tutti, quello che soffre, più di tutti, la violenza che lo circonda. Ma non ha le palle per reagire, si sente in dovere di obbedire, sicuramente più per paura che per convinzione. Struggente la scena che lo vede incapace di fare qualcosa per salvare una vita innocente. In prigione lo vediamo completamente distrutto, sempre sotto le sgrinfie del malefico fratello. Tutto l’opposto del giovane protagonista, che saprà dimostrare il suo valore e risolvere a modo suo la tragedia in cui l’hanno coinvolto. “Sin dalle prime battute è evidente sia quanto il regista punti sull’autenticità, sia la misura del suo successo. L’immersione vibrante e immediata nella vicenda, sotto la pelle dei protagonisti, è il risultato di uno script ben congegnato, di una regia ricca di idee brillanti e originali nella loro semplicità, e di una straordinaria prova corale degli interpreti, dal giovanissimo James Frecheville al divo “aussie” Guy Pearce, dal sottilmente inquietante Ben Mendelsohn fino all’incredibile performance di Jacki Weaver, icona del cinema anni ’70 di Down Under rilanciata con enorme risonanza grazie a questo Animal Kingdom, e in odore di nomination all’Oscar.
E’ lei l’anima della storia, in quanto personificazione di una natura perversa nell’ottica della metafora cui la pellicola deve il suo titolo; madre sorridente, affettuosa, attenta, che rivela per gradi la propria spietatezza mentre la vicenda scivola inesorabilmente nel sangue e nell’orrore. Una metamorfosi parallela e altrettanto sconvolgente è quella che tocca a J, un ragazzino costretto a maturare nel giro di poco tempo una consapevolezza terrificante, in grado di schiacciare molti adulti, e a trasformarsi da vittima in carnefice, da pedina in eroe. Così Animal Kingdom, dopo aver attratto e imprigionato lo spettatore nella densità e nel realismo delle sue atmosfere, lo avvolge con la luttuosa maestosità delle musiche di Antony Partos, non gli permette di distrarsi né di rifiatare per un istante, e lo carica, scena dopo scena, di un’angoscia tangibile, oppressiva, come un ragno avvolge la sua preda inerme. Per lasciare la presa solo in un deflagrante, inatteso e commovente epilogo.”
(A. Starace, Movieplayer.it)

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3 commenti

  1. kasabian

    il film scorre molto bene.per me un piccolo gioiellino sconosciuto per chi puo’ lo guardi su cult domani.tematica gay quasi zero.
    La famiglia cinematografica piu’ oscura e inquietante che abbia vist quest’anno insieme a killer joe.
    Jackie weawer,inquietante burattinaia dell’intera famiglia……

  2. zonavenerdi

    Il film scorre a fatica. Ne esce bene J. il ragazzo protagonista, sopratutto in confronto allo zio quasi coetaneo. Ma la figura più emblematica per me è quella della mamma/nonna. All’inizio sembra che sia lei a capo di tutto; poi più il film va avanti più si capisce che la mente è il figlio maggiore. Fino al finale (che non racconto), ma in cui è chiaro il contrario. Nella vita reale sarebbe un comportamento troppo facilone e inaccettabile.

  3. smalltownboy

    Per chi ha apprezzato questo film, ne consiglio un altro sempre australiano e altrettanto sconvolgente e feroce: “Snowtown” (2011) regia di Justin Kurzel. Enjoy!

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trailer: Animal Kingdom

https://youtube.com/watch?v=ArFyIaLb3I4

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SINOSSI COMPLETA:
After his mother overdoses on heroin, Joshua ‘J’ Cody is forced to move in with his estranged grandmother, Janine ‘Smurf’ Cody, the matriarch of a notorious Melbourne crime family. Also living with J’s grandmother are her three sons, the Cody Boys. Her eldest son is an armed robber named Andrew ‘Pope’ Cody, and is in hiding from a group of renegade detectives. The middle brother, Craig, is a successful but volatile drug dealer, and youngest brother Darren follows the lead of his older brothers.
J’s uncle Craig takes J for a drive and is insulted at a set of traffic lights by a man in a neighbouring car. After handing J a handgun, Craig follows the man and his accomplice to an alley, where the car pulls up and the man gets out, attempting to provoke a fight between himself and Craig. Instead, Craig prompts J to get out of the car and scare off the assailant.
Later, Pope’s best friend and partner in crime Barry ‘Baz’ Brown goes to meet Pope at a shopping center claiming that he wishes to quit the robbery game and settle down with his family, suggesting that Pope join him and the pair take up stock investment. As Baz goes to leave, he is encountered by police. After telling the police that Pope has left, the police shoot Baz dead.
The tension between the family and the Police explode, and soon J is asked to steal a car and bring it to the middle of a road. J complies, and two policemen are drawn to the scene, where they are ambushed and killed by Pope and Darren.
The next day, Pope, Darren and J are arrested and taken in for questioning where J meets Senior Police Officer Nathan Leckie (who also leads the armed robbery squad), who takes interest in J’s situation and seeks to relieve him from it. The three are later released from custody.
Later, J is arrested by Officer Leckie for underage drinking and is taken to a hotel for temporary housing. There, Leckie proposes that J be moved to a more permanent witness protection. J turns down the offer.
The situation becomes more intense. As well as J himself, J’s girlfriend becomes entangled in the war between the Codys and the police, and is eventually killed by Pope as Darren watches. This triggers the arrest of Pope and Darren, who are placed in prison.
Meanwhile, Craig has escaped to a friend’s house in regional Victoria, where he finds that he is being monitored. Despite an escape attempt, police arrive and kill Craig as he runs away.
With Craig and Baz dead and Pope and Darren imprisoned, Smurf decides that “J needs to go”, as he is the star witness in the murder case and indeed their armed robbery charges. Smurf uses her connections to procure J’s address and organize a raid on that address where J will be shot and killed, but J escapes when he sees armed police heading for the building.
J then returns to Smurf’s house, saying that he “can’t live like this”, and that he wishes to help free Pope and Darren from prison. To do this, the family’s lawyer sets up J’s answers so that a hole can be formed in the case, forcing the release of the pair from prison. Directly following the court session, Leckie visits J, asking him if he had found his place in the world.
After Pope and Darren’s release, J returns to Smurf’s home asking to stay. After Smurf lets him in, J goes to greet Pope and Darren before going to his room. Pope enters and begins to talk to him, but is cut off when J shoots him in the head. In the final shot of the film, J returns to the living room to embrace an uneasy and uncomfortable Smurf.

CRITICA:

“C’è un sottobosco a Melbourne dove si muovono, impauriti e per questo più pericolosi, animali feroci braccati da predatori non meno spietati. ‘Animal Kingdom’ (…) non è un documentario naturalistico, ma un western metropolitano dove però lo sguardo del regista australiano, l’esordiente e bravo David Michôd, segue i personaggi con lo stesso interesse con cui un etologo seguirebbe l’oggetto dei suoi studi nel regno animale. Quella che descrive è una guerra senza regole tra guardie e ladri in cui è difficile distinguere i buoni dai cattivi. Una pellicola durissima, che non risparmia crudeltà, ma che non si abbandona a scene di violenza fini a se stesse né utilizza effetti speciali per renderle più orribili – alla Cohen o alla Tarantino per intendersi – riuscendo in questo modo a restituire al racconto un’inquietante atmosfera di realismo. Miglior film al Sundance Festival 2010 (…). Come avveniva in ‘Non è un paese per vecchi’, dei fratelli Cohen, Michôd presenta una realtà totalmente negativa e senza speranze. Le scelte compiute dai personaggi, dettate da paura e da desiderio di vendetta ma mai di giustizia, appaiono tutte sbagliate. È la descrizione di una realtà dove bene e male si confondono e che non ammette possibilità di redenzione. Un film ben interpretato e altrettanto ben girato, problematico, che fa riflettere sulla deriva di una società che non sa proporre uno sguardo positivo sull’uomo e che finisce per arrendersi a una situazione percepita come ineluttabile.” (Gaetano Vallini, ‘L’Osservatore Romano’, 31 ottobre 2010)

“Bellissima sorpresa del cinema australiano con quest’opera prima di David Michod che ci porta in una famiglia di bravi ragazzi. (…) Una tragedia in nero, elisabettiana più che scespiriana, dove la potenza dell’autore si fa strada nello zoo di macerie familiari e sociali: un gruppo di attori ci fa sospettare che non c’è ragione di sperare.” (Maurizio Porro, ‘Corriere della Sera’, 5 novembre 2010)

“Claustrofobie criminali, famiglie monster, corruzioni, vendette, violenze bestiali. Di questo si compone il prodigioso ‘Animal Kingdom’ del deb australiano David Michod. Che, trasferito in US con indigestioni di Peckinpah, Carpenter, Van Sant, certo Scortese, il connazionale Hillcoat (il tono non è lontano da ‘The Proposition’) e altri signori del wild dark & paranoid underworld, ha messo tutti al tappeto, vincendo il Sundance 2010 e piazzandosi tra i migliori esordi dell’annata. Sfiorando il già-cult.” (Anna Maria Pasetti, ‘Il Fatto Quotidiano’, 4 novembre 210)

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