La battaglia parlamentare e sociale sulle unioni civili

Il Parlamento italiano, e con esso tutto il Paese (significativa la presenza di richiami arcobaleno indossati da alcuni concorrenti al festival di Sanremo) sta affrontando la discussione sulla prima legge italiana che prende in considerazione i diritti degli omosessuali (che fino ad oggi per lo Stato è come se non esistessimo). Quasi ogni giorno abbiamo intere doppie pagine sui principali quotidiani nazionali che approfondiscono l’argomento attraverso cronache, interviste e riflessioni. La maggioranza della stampa, del Paese e dei parlamentari si dichiarano a favore delle unioni civili omosessuali. Ci sono invece dei distinguo sul tema (e sull’articolo 5 della legge Cirinnà che lo affronta) delle adozioni del figliastro, cioè del figlio del partner, visto da alcuni come un cavallo di troia per l’utilizzo (all’estero, essendo proibito in Italia) dell’utero in affitto. E’ molto probabile che questo argomento, visto il richiamo alla libertà di coscienza permessa da quasi tutti i partiti, sia defalcato dalla legge in discussione e rimandato ad una nuova elaborazione della legge generale sulle adozioni. Se ciò avvenisse sarebbe una parziale sconfitta della parità che gli omosessuali richiedono, in quanto l’adozione del figliastro è attualmente possibile per le coppie etero. In realtà dietro a questo argomento si trincerano coloro che sono contrari a tutta la legge. Esagitati interventi nell’aula di oppositori come Malan (FI), Gasparri (FI), Giovanardi e molti suoi colleghi GAL, si uniscono all’intemerato invito del cardinale Bagnasco (CEI) per l’utilizzo del voto segreto, e all’appena più meditato richiamo di Papa Francesco che esprime “rammarico” per l’equiparazione delle unioni civili al matrimonio (vedi recente dichiarazione da Cuba). La Chiesa (ed i suoi accoliti) reclamano il monopolio del matrimonio, considerato di nuovo, in modo pre-conciliare, come istituto dedito esclusivamente alla procreazione, e pretendono che lo Stato civile, che giustamente considera il matrimonio come prima cellula fondante della società (di cui gli omosessuali sono parte attiva), ne condivida le oscurantiste limitazioni. Confidiamo, dopo il promettente voto (due terzi a favore) che ha impedito di bloccare il percorso legislativo della Cirinnà, nel buon senso di un’Italia civile, democratica e aperta, che ponga fine ad inconcepibili e malefiche discriminazioni.


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