Matthew Shepard

Matthew Shepard
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  • Data di nascita 01/12/1976
  • Data di morte 12/10/1998
  • Luogo di nascita Casper, USA
  • Luogo di morte Fort Collins, USA

Matthew Shepard

da Wikipedia

Matthew Wayne Shepard (Casper, 1º dicembre 1976 – Fort Collins, 12 ottobre 1998) è stato uno studente statunitense, derubato e torturato da due giovani uomini, in una località vicino a Laramie, Wyoming, la notte tra il 6 ottobre e il 7 ottobre 1998. Shepard morì cinque giorni dopo a causa delle ferite subite; durante il processo, gli imputati ammisero di avere inflitto le torture a Shepard perché questi era omosessuale[1].

I suoi assassini stanno attualmente scontando la pena in prigione. Il suo caso, grazie anche alla famiglia che ha scelto di non mettere a tacere l’episodio ma di parlarne in pubblico, è diventato un simbolo contro l’omofobia e la discriminazione delle persone LGBT in tutto il mondo.

La vita
Shepard nacque a Casper, primo figlio di Dennis Shepard e Judy Peck Shepard. Frequentò la Crest Hill Grade School, Dean Morgan Junior High, e i primi due anni delle scuole superiori al Natrona County High School. Divenne anche membro della St. Mark’s Episcopal Church. Shepard, successivamente, frequentò alcuni anni la scuola americana in Svizzera, diplomandosi nel 1995.

Shepard frequentò anche il Catawba College e il Casper College prima di trasferirsi a Denver. Shepard incominciò, quindi, il primo anno di Scienze politiche all’Università del Wyoming a Laramie. I suoi genitori vissero per un certo periodo a Dhahran in Arabia Saudita, dove suo padre lavorò per la compagnia petrolifera Aramco.

L’aggressione
Subito dopo la mezzanotte del 7 ottobre 1998 il ventunenne Matthew Shepard incontrò in un bar Aaron James McKinney e Russell Arthur Henderson. Secondo McKinney, Shepard chiese loro un passaggio a casa. Successivamente Shepard fu derubato, picchiato selvaggiamente, legato a una staccionata e lasciato lì a morire.[2] McKinney e Henderson trovarono anche il suo indirizzo, con l’intenzione di svaligiare la sua casa. Shepard fu trovato 18 ore dopo da un ciclista di passaggio, vivo e in stato di incoscienza.[2]

Shepard aveva una frattura dalla nuca fino oltre l’orecchio destro. Parte del cervello era stata danneggiata in modo tale da risultare compromessa la capacità del suo corpo di regolare il battito cardiaco, la temperatura corporea e altre funzioni vitali. C’era inoltre circa una dozzina di piccole ferite sulla testa, sul collo e sulla faccia. È stato riportato che Shepard era stato colpito con una violenza tale da rendere il suo volto completamente ricoperto di sangue, ad eccezione di dove era stato lavato dalle sue lacrime.[3] I medici giudicarono le sue lesioni troppo gravi per poter essere operate. Shepard non riprese più conoscenza e rimase sempre in rianimazione.[2] Morì alle 00:53 del 12 ottobre all’ospedale Poudre Valley a Fort Collins, in Colorado.

La polizia arrestò McKinney e Henderson poco dopo, trovando l’arma insanguinata, le scarpe della vittima e la carta di credito nel loro camion. I due assassini avevano cercato di procurarsi un alibi grazie alle loro fidanzate.

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Il processo

Due appartenenti alla Westboro Baptist Church esibiscono cartelli con scritto “Dio odia i froci” e “Matt all’inferno”.
Durante le udienze entrambi i difensori usarono varie strategie per difendere le loro azioni. Quella più degna di nota fu la cosiddetta difesa da panico gay: i due sostennero di essere diventati temporaneamente incapaci di intendere e di volere per colpa delle avances sessuali che dichiararono di aver ricevuto dalla vittima. In un altro momento i due sostennero invece che loro volevano solamente rapinare Shepard, e non avevano mai avuto intenzione di ucciderlo.

Henderson fu dichiarato colpevole il 5 aprile 1999 e accettò di testimoniare contro McKinney per evitare la pena di morte; ricevette due condanne a vita, senza possibilità di essere rilasciato anticipatamente per buona condotta. Nel processo di McKinney la giuria lo dichiarò colpevole di omicidio volontario. Quando si iniziò a considerare la pena di morte, i genitori di Shepard patteggiarono un accordo, che fruttò anche a McKinney due condanne a vita senza possibilità di essere rilasciato anticipatamente per buona condotta.

I genitori di Shepard dichiararono «Stiamo offrendo la sua vita in memoria di uno che non vive più». Il clero della locale comunità cattolica acquisì una controversa pubblicità opponendosi alla pena di morte per questo specifico caso; in prigione McKinney ed Henderson avevano entrambi cercato di razionalizzare l’accaduto affermando che le loro azioni erano state dettate dalla Bibbia.

Le conseguenze
Nel mondo incominciarono diverse manifestazioni a favore di Shepard, subito dopo la brutale aggressione: queste manifestazioni portarono alla ribalta mediatica il caso e l’attenzione dell’opinione pubblica si concentrò sull’omofobia e sulla discriminazione sessuale che Shepard era stato costretto a subire.

Un gruppo di oppositori omofobi, capeggiati dal pastore della Chiesa Battista Fred Phelps, protestarono con picchetti ai funerali di Shepard e al processo dei suoi assalitori. La violenta protesta si concretizzò con cartelli e slogan come «Matt Shepard marcisce all’inferno», «L’Aids uccide i finocchi morti» e «Dio odia i froci». Successivamente Phelps chiese l’autorizzazione cittadina per la costruzione di un monumento «di marmo o granito, alto 5 o 6 piedi», da porre nel parco di Casper, sul quale avrebbe dovuto essere apposta una targa in bronzo con l’immagine di Shepard e le parole: «MATTHEW SHEPARD, entrato all’inferno il 12 ottobre 1998, in spregio all’avviso di Dio: “Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna: è abominio.” – Levitico 18:22».

Durante il processo a Henderson, Romaine Patterson, un’amica di Shepard, insieme con altri sostenitori, organizzò una controprotesta nei confronti di Phelps circondando il suo gruppo. I dimostranti di Patterson indossavano una lunga tunica bianca e immense ali che nascosero completamente al pubblico di passaggio la vista del gruppo di Phelps che già era stato confinato dalla polizia in una piccola area. Nonostante il gruppo non avesse un preciso nome durante la dimostrazione è stato successivamente soprannominato come Angels of Peace e Angel Action.

Tattiche simili a quelle utilizzate dagli Angels of Peace sono state riutilizzate in numerose occasioni di protesta contro le manifestazioni omofobe di Phelps, ottenendo però risultati meno efficaci a causa dell’intervento della polizia che le ha confinate in zone diverse per evitare un contatto troppo ravvicinato tra i due gruppi.

I genitori di Matthew, Judy e Dennis, sono oggi attivi sostenitori dei diritti gay ed educatori alla tolleranza. Lo steccato sul quale Shepard venne legato e lasciato a morire è stato rimosso dal proprietario del terreno.

Il caso Shepard spinse il presidente Bill Clinton a rinnovare i tentativi di estendere la legge federale in materia di crimini per pregiudizio includendo individui gay, lesbiche e disabili. Questi sforzi sono stati frustrati, nel 1999, dalla maggioranza repubblicana della Camera dei Rappresentanti americana.

Successivamente, durante l’Amministrazione di Barack Obama, e fortemente volute dallo stesso, le modifiche alla legge sono state riproposte e definitivamente approvate dalla maggioranza democratica di Camera e Senato nell’ottobre del 2009.[4]

Attestazioni e commemorazioni
Importanti personalità del mondo dello spettacolo hanno espresso il loro sdegno e ricordato in diverse maniere l’attacco:

Politica
Coretta Scott King, vedova di Martin Luther King, ha scritto a Judy Shepard, madre del ragazzo ucciso, esprimendo il proprio cordoglio e la speranza che i diritti civili includano, in futuro, i diritti di gay e lesbiche.
Spettacolo
L’attrice Ellen DeGeneres ha presenziato a un servizio commemorativo su Shepard a Washington, dove ha affermato che il proprio coming out avvenuto poco prima dell’attacco era stato per «evitare che questo tipo di cose accadessero».
Sono stati prodotti tre film sulla storia di Shepard:

The Laramie Project (basato sull’omonimo dramma teatrale),
The Matthew Shepard Story e
Anatomy of a Hate Crime.
Matthew Shepard è inoltre presente, in una breve intervista, nel documentario Dear Jesse.

Nel novembre del 2004 gli assassini di Shepard sono stati intervistati al programma 20/20 della rete televisiva ABC News, spiegando che il loro omicidio non era stato indotto da motivazioni omofobe bensì da una collera indotta da metilanfetamine, un’affermazione dimostrata falsa dagli investigatori originali del caso. Entrambi hanno dichiarato di avere avvisato immediatamente i loro avvocati, ma che questi preferirono intraprendere allora l’inutile difesa da “panico gay”. L’ABC è stata criticata dai sostenitori dei diritti omosessuali per il pezzo.

Canzoni
Le canzoni scritte sul caso Shepard sono una cinquantina.[5] Fra esse si segnala:

Darthe Jennings, Way to Laramie – da Lessons Of The Heart, (1999).
Tim Baldwin, Wyoming skies – da Full circle round, (1999).
Hugh Blumenfeld, Lacrimae Laramie – da Mr. Jekyll & Dr. Hyde, (1999).
Grace, Crucify (song for Matthew Shepard) – da Grace, 1999).
Mark & Dean, How many candles – da Man of my dreams, (1999).
Mike James, Scarecrow – da Right aligned, (1999).
Randi Driscoll, What matters (In memory of Matthew Shepard), (1999).
Dave Crossland, Matthew Shepard – da Fields of promises, (2000).
Heather Lev, Matthew Shepard – da Reasons for rain (privately released), (2000).
Stain’d Glass, Matthew 21:22 – da Family Values, LML Music, (2000).
Melissa Etheridge, Scarecrow – da Breakdown (2001) (il titolo allude al fatto che Shepard venne scambiato per uno spaventapasseri al momento del ritrovamento).
Elton John e Bernie Taupin, American Triangle – da Songs from the West Coast (2001).
Ami Ray, Laramie – da Stag, (2001).
Protest The Hero, Fear and loathing in Laramie – da A calculated use of sound (2003). Opera di una band “indie rock”.
Thursday, M. Shepard – da War all the time, (2003). Opera di un complesso hardcore punk.
Heather T. Strong, The Shepard.
Trivium, And Sadness Will Sear – da The Crusade, (2006)

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