Baby Steps

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Baby Steps

Primo film come regista dell’attore gay Barney Cheng (visto anche in “Hollywood Ending” di Woody Allen), qui anche sceneggiatore e protagonista. La storia che ci racconta il film è in gran parte autobiografica e viene definita dallo stesso autore come il proseguimento immaginario del film di Ang Lee “Banchetto di nozze” (1993), cosa che viene sottolineata anche dall’avere tra i protagonisti la veterana e sempre bravissima attrice Ya-Lei Kuei, che in entrambi i film svolge il ruolo della madre. In questo film, al discorso finale di Grace, la madre, sarà impossibile trattenere le lacrime e d’obbligo offrirle il nostro incondizionato amore. Un amore grandissimo è anche quello che lega Grace al proprio figlio Danny (Barney Cheng) che però vive da qualche anno a Los Angeles col suo compagno Tate (Michael Adam Hamilton). Nonostante la lontananza, lei vive a Taiwan, il suo sogno è sempre quello di ricongiungersi col figlio nella speranza di diventare presto nonna. A Los Angeles Danny, che fa il commercialista di successo, festeggia col compagno artista Tate il loro secondo anniversario. Tate gli regala per l’occasione un suo dipinto che li ritrae entrambi. Ma quello che Danny desidera veramente è diventare padre, cosa che in un primo tempo non trova d’accordo Tate, che però si lascia facilmente convincere. Iniziano quindi la ricerca di una madre surrogata. A Taiwan, attraverso la sua domestica Mickey (Love Fang), la madre Grace viene a conoscenza della cosa e decide di partire subito per Los Angeles per chiarire la cosa e soprattutto per riprendersi il controllo sull’amato figlio. Il suo problema resta quello dell’omosessualità del figlio, cosa che nel suo intimo non riesce ad accettare (e ancora meno a parlarne con le sue amiche). Dopo il tentativo fallito di dissuadere il figlio da una maternità surrogata (il suo sogno resta quello di una famiglia tradizionale), consapevole ormai che questa è l’unica strada per diventare nonna, s’impegna anche lei nell’impresa. Assisteremo ad un rocambolesco viaggio verso Bankok (per trasferire gli embrioni) di questo improbabile quartetto (madre surrogata compresa), un viaggio anche attraverso i cuori dei protagonisti e le loro emozioni, forse in alcuni momenti un po’ didattico perchè, come spiega il regista, il film è il frutto “della mia vasta ricerca sulle leggi di maternità surrogata in vari paesi, il businnes e la tecnologia medica implicata. Ho voluto dimostrare quanto possa essere complicato per una persona che vuole diventare genitore, sia per gli ostacoli personali, interpersonali e generazionali che per quelli legali, culturali ed etici che si devono affrontare”

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