Un nuovo giorno

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Un nuovo giorno

“E’ la storia di Giulio, che fin dalla tenera età si sente di appartenere a un corpo sbagliato: guarda le bambine e si sente una di loro. A 27 anni decide di operarsi e intraprende un viaggio a Bangkok, in Thailandia, per cambiare sesso e diventare ‘finalmente’ donna fisicamente e fisiologicamente. Un percorso che porterà la protagonista a rivalutare i propri rapporti con la famiglia e gli amici e a ricominciare una nuova vita in un corpo che la farà sentire finalmente a proprio agio nel mondo.
Il film inizia con una citazione dantesca, dal Canto XXIV dell’Inferno, sul tema dell’ermafroditismo che da sempre ha affascinato e turbato le menti e l’inquadratura sono le gambe di una donna che si muovono leggere a Bangkok come si capirà dopo qualche fotogramma. Una voce narrante traccia la strada che percorreremo con poche parole, sull’importanza di non nascondersi per capire chi siamo e qual è il nostro posto nel mondo, forse la cosa più difficile ed elementare che la vita ci chiede.
Poi la macchina da presa ci riporta ai tempi della scuola e a quel bambino così bello che vuole giocare con le barbie delle compagne ma è respinto dalle bambine, violato dai maschi, coetanei e perfino da un sacerdote senza che questo gli faccia perdere la fede. Giulio-Giulia continuerà a credere negli angeli, quando sarà usato da un compagno, nella malattia feroce, nel rischio di cambiare sesso, nel coraggio di affrontare il proprio corpo di donna a tutti gli effetti che all’esterno lo fanno sembrare un trans. Bello, poetico, ma credibile, il rapporto con la madre e la sua sofferenza di non poter proteggere abbastanza quel figlio; della sorella complice; del compagno che è il vero miracolo della vita e dell’amicizia in un ambiente professionale di solito feroce come quello della moda. Eppure il regista è sapiente nel rendere credibile, non sdolcinato, senza mai cedere al tono della fiaba. Girato con grande fluidità, attenzione ai dettagli, senza estetismi e una naturalezza, quasi una nonchalance, che permette allo spettatore di concentrarsi sui dialoghi e il vissuto dei personaggi. Commovente e ironico a tratti con una scelta impeccabile degli interpreti, a cominciare dal gustoso Franco Oppini. Un film che invita a riflettere sull’utilità di attraversare la propria sofferenza senza sconti, accettando la vita senza rabbia, reticenza né arroganza, per costruire passo dopo passo quello che siamo veramente. Una riflessione esistenziale, con il tono della commedia e un finale lieto che dà speranza, senza nessun semplificazione. Un film sulla ricerca autentica di noi stessi e del nostro posto del mondo, oltre qualsiasi falsificazione: il coraggio e l’umiltà di guardarsi dentro in quel nucleo più profondo senza toni di sfida, senza voglia di scandalizzare. Una storia paradossalmente e incredibilmente semplice di valori familiari, di desiderio di famiglia, di fede nonostante tutto e che, in un mondo alla deriva che preferisce la protesta e lo scandalo, vuole proporre che l’amore è ancora possibile anche se la strada è faticosa. Un’analisi attenta dei comportamenti umani, un film sul rispetto dell’altro, sulla complicità che è solidarietà, sulla complessità dell’identità. Interpretato con passione e attenzione dagli attori che non schiacciano mai il personaggio. Belli i dialoghi.” (Ilaria Guidantoni, saltinaria.it)

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NOTA DI REGIA:

Il film entrerà nel cuore di tutti, è basato sulla forza d’animo, sulla fede e anche sulla coerenza con la propria natura interiore, sul superamento di tutte le paure, persino le più intime e le più grandi. Si tratta di un film tanto intimista quanto di cronaca, poiché è un’implicita denuncia a tutti quegli atti di prepotenza che derivano dai pregiudizi. Stefano Calvagna

INTERVISTA (di Martina Barone su cinematographe.it)

Un nuovo giorno è l’ultimo film di Stefano Calvagna, progetto low budget girato tra l’Italia e Bangkok che racconta la vita travagliata di Sveva Cardinale, nata nel corpo di un uomo, ma inadatta ad esserlo nello spirito. La sua trasformazione in donna e il raggiungimento della felicità saranno il risultato di una serie di problemi e violenze. A Roma per presentare il film è presente tutto il cast insieme al regista.

Come è nata la voglia di fare questo film e come è avvenuto l’incontro tra regista e Sveva?

Calvagna: Il nostro incontro è avvenuto d’estate, mentre eravamo in vacanza io con la mia famiglia e lei per suo conto. C’è stato da subito un grande impatto emotivo tra noi ed è stato questo che ha permesso a Sveva di aprirsi. È stata per via della sua estrema sincerità che non ho usato escamotage nel film, bastavano i suoi occhi ad esprimere quello che aveva vissuto, un racconto che per me doveva diventare film. Non è stato un progetto con una grande quantità di soldi, ma spero che vada bene visto che ce l’ho messa tutta.

Sveva: Quando mi sono aperta con Stefano non pensavo che da quella chiacchierata ne sarebbe uscito un film, ne tanto meno pensavo che mi avrebbe proposto di interpretare me stessa. Rivedere quello che ho vissuto per me è stato un modo per esorcizzare il passato. È stata un’avventura bellissima, ma insieme estremamente dolorosa, perché come si vede nel film ad un tratto ho voluto smettere di sopravvivere e questo ha richiesto un grande sforzo. Dopo l’operazione è come se mi fosse tornata la voglia di fare, di sorridere, di rinascere. Ed abbracciando Luca, che interpreta me prima dell’operazione nel film, quando si stava girando la scena all’ospedale di Bangkok è stata una sorta di liberazione dal passato.

Quanto c’era di reale e quanto di romanzato nel film?

Calvagna: Ho preso tutti i fatti e li ho riportati esattamente così come erano. Non è stato romanzato nulla potrei dire. Anche le omissioni sono state minime, ma le ho ritenute necessarie, per mettere tutto si dovrebbe creare una fiction di almeno sei puntate.

Come è stato per voi attori lavorare ad un film come Un nuovo giorno?

Luca Filippi: Per prepararmi al film ho parlato molto con Sveva, ci siamo visti spesso e su un quadernino riportavo tutti i suoi gesti, le sue movenze, il modo in cui si imbarazzava e cose così. Ma anche se il confronto c’è stato prima di tutto sono partito da me, perché credo interamente nell’onestà dell’attore.

Niccolò Calvagna: Il mio papà, che è il regista del film, dopo un giorno di scuola mi ha detto che dovevo lavorare ad un film con lui. Anche se sono molto impegnato, sono contento di aver trovato il tempo per girare questo film, perché mi piaceva la storia.

Imma Piro: Nel film interpreto la madre di Giulia e la domanda che mi fanno è “Ma se ti fosse successo lo stesso? Se tuo figlio o tua figlia decidessero di cambiare sesso?”. Ogni volta rispondo che mi sarei comportata esattamente come la mamma del film, desidero solo il meglio per mio figlio, quindi lo sostengo. Poi lavorando con il piccolo Niccolò si è instaurato un bel rapporto ed era come se fossimo legati veramente.

Franco Oppini: Come modello a cui rifarmi Stefano mi aveva consigliato Stanley Tucci ne Il diavolo veste Prada, ovviamente lui è inarrivabile, ma ho provato a dare brio al mio personaggio, anche con il breve spazio. Lavorare con gli altri è stata davvero una bella esperienza, anche se bisognava fare tutto velocemente a causa dei pochi giorni di lavorazione.

Paola Lavini: È stato bello lavorare in questo film, si è creata una sintonia forte con gli altri ed io sono diventata veramente amica di Sveva. Ho pensato alla sua storia sempre come ad una storia d’amore eterosessuale, perché lei è sempre stata donna. E spero che nel mio ruolo, ossia dell’amica, sia uscito oltre alla leggerezza anche tutto l’affetto che provo per lei.

Danilo Brugia: Posso dire che sono contento che Stefano mi abbia chiamato per questo film e sento che la parte che interpreto sia giusta per me. È stata una bella esperienza e per questo ringrazio il nostro regista.

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CRITICA:

Il soggetto, tratto da fatti reali, ricorda ‘The danish girl’. Fin da bambino Giulio si sente prigioniero in un corpo non suo. È certo di essere una donna e non lo nasconde: il che lo rende vittima di predatori sessuali, dai compagni di scuola al prete della parrocchia dove fa il chierichetto.
Cresciuto, non gli va molto meglio; anche a causa del carabiniere Mario, tutt’altro che nei secoli fedele. Poi Giulio incontra Fabio ed è vero amore. Affronterà i rischi di una difficile operazione a Bangkok per diventare finalmente Giulia. Ci sono film di cui percepisci le buone intenzioni, ma che non riescono a trovare la via giusta per trasmetterle. È il caso di
Un nuovo giorno, che inizia in modo interessante poi sembra trasformarsi non in uno, ma in due film diversi: curiosamente lo rivela la locandina, dove il volto del protagonista è rappresentato in tre momenti della vita, come sotto l’effetto del “morphing”. L’uso di due attori per il personaggio centrale non contribuisce all’illusione di realtà. (R. Nepoti, La Repubblica – voto 3/6)

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