Gli Ultimi saranno ultimi

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Gli Ultimi saranno ultimi

Il film è l’adattamento cinematografico, con alcuni ampliamenti, dell’omonima opera teatrale andata in scena nei teatri di tutta Italia dal 2005 al 2007, che vedeva come unica protagonista Paola Cortellesi. Qui i protagonisti sono differenti e Cortellesi accompagna l’intero svolgersi del film coi suoi commenti personali alla vicenda. Peccato che non tutti i protagonisti siano approfonditi come meriterebbero lasciandoci spesso perplessi davanti a reazioni poco spiegate. Alla fine sembra di trovarsi davanti ad una carellata più di stereotipi che di personaggi reali. Anche la figura del transessuale sudamericano Manuela, che il protagonista Bentivoglio sembra l’unico a frequentare senza accorgersi della sua natura, poteva avere uno spazio maggiore e rappresentare uno dei momenti chiave del film, anzichè limitarsi ad uno spot stile pubblicità progresso. Il film racconta due storie parallele che si uniscono solo nel finale. Quella di Luciana Colacci (Paola Cortellesi), una donna semplice che sogna una vita dignitosa insieme a suo marito Stefano (Alessandro Gassmann). Luciana lavora da dieci anni in una fabbrica laziale e praticamente è il sostegno della famiglia in quanto il marito Stefano è un disoccupato che rifiuta l’idea di lavorare sotto padrone. Hanno molti amici ma vorrebbero riempire la loro vita anche con un figlio che non arriva. Quando il sogno diventa realtà, cioè quando Luciana scopre di essere in cinta, anzichè aprirsi nuovi orizzonti di felicità, iniziano i problemi, soprattutto quando il datore di lavore di Luciana si rifiuta di rinnovarle il contratto a tempo determinato causa la gravidanza in corso. L’altra storia è quella del poliziotto Antonio (Fabrizio Bentivoglio) veneto che viene trasferito ad Anguillara, accompagnato da una brutta reputazione per via di un episodio in cui il più giovane compagno di pattuglia ha perso la vita per colpa sua. Anguillara è un paesino ridente ma in realtà intossicato dalle pesanti radiazioni emesse dalle antenne di Radio Vaticana. Antonio dovrà scontrarsi con l’inerzia delle istituzioni davanti ai diritti del cittadino. Il suo è un percorso di espiazione costellato dalle punizioni del capo e dalle mortificazioni dei compagni di pattuglia… Il regista Massimiliano Bruno giustifica così questa sua ultima fatica: “Era necessario per me fare questo film, perché racconta di una reazione. Ognuno di noi ha varie facce, a seconda dei momenti. E’ un tema difficile, un pugno nello stomaco se vogliamo, un film che ci racconta quanto siamo in grado di sopportare, ma se poi sbattiamo contro un muro la solitudine può portarci a reagire in modo inappropriato”

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Questo film al box office

Settimana Posizione Incassi week end Media per sala
dal 3/12/2015 al 6/12/2015 20 59.899 1.174
dal 26/11/2015 al 29/11/2015 12 211.250 1.380
dal 19/11/2015 al 22/11/2015 6 703.077 1.789
dal 12/11/2015 al 15/11/2015 4 985.236 2.662

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Un commento

  1. Film bellissimo a mio parere. Molto attuale, duro, pieno di pathos. Bravissima la Cortellesi. Giusto nel ruolo anche Gassman. Con concretezza e senza abbellimenti vediamo scorrere la vita di una coppia che deve fare i conti con la perdita del lavoro a causa di un evento da loro molto atteso e lieto. Critico verso l’ipocrisia del nostro Paese, senza tralasciare la tematica lgbt, in questo caso T. Lo consiglio vivamente a tutt*

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CRITICA:

Luciana vive ad Anguillara, lavora in fabbrica ed è sposata con Stefano, disoccupato cronico pieno di idee multimilionarie ma refrattario all’idea di “stare sotto padrone”. Da tempo desiderano un figlio che non arriva, ma quando il loro sogno si avvera il datore di lavoro di Luciana si rifiuta di rinnovarle il contratto “a tempo determinato”, vista la gravidanza in corso. Antonio è un poliziotto veneto trasferito ad Anguillara con disonore e accolto con scherno dai colleghi. Appena arrivato si confronta con le peculiarità del paese, a cominciare dai ripetitori che trasmettono la messa dai citofoni e dai lavandini di casa (insieme a una serie di radiazioni pericolose). Il suo è un percorso di espiazione costellato dalle punizioni del capo e le mortificazioni dei compagni di pattuglia.
Fin dalla descrizione dei due protagonisti paralleli, Gli ultimi saranno ultimi mostra come la sua storia potrebbe sconfinare ogni momento in farsa o in tragedia, e infatti la narrazione cammina in bilico su questo crinale, in quella tradizione del cinema italiano che attinge alla realtà e al carattere nazionale per declinarsi in tutte le sue sfumature tragicomiche. Scritto e diretto da Massimiliano Bruno, Gli ultimi saranno ultimi nasce come pièce teatrale ma nella trasposizione cinematografica attinge alla luminosità morbida e clemente della provincia laziale, allargando lo spazio a molti caratteri riconoscibili: gli amici, i vicini, la single “collezionista”, la poliziotta goffa e sfortunata, la guardia giurata affettuosa (e quella letargica), l’apprendista ambiziosa (più per disperazione che per vocazione). Ognuno brilla grazie a una scrittura precisa e credibile, e all’interpretazione esatta ed empatica di un cast di ottimi caratteristi: la deliziosa poliziotta Maria Di Biase, gli amici Silvia Salvatori, Emanuela Fanelli, Giorgio Caputo e Marco Giuliani. Bravissimi anche Diego Ribon nei panni di un sindacalista da prendere a ceffoni, Duccio Camerini padrone di casa e Francesco Acquaroli padrone delle ferriere, Ariella Reggio mamma di Antonio.
Ovviamente la parte del leone va a Paola Cortellesi (Luciana), perfetta come sempre: tenera, stressata, commovente, buffa, patetica. Le tiene testa uno straordinario Alessandro Gassmann (il marito Stefano) che dà prova inconfutabile, con apparente leggerezza, della sua raggiunta maturità d’attore, e della sua capacità tutta italica (parliamo di commedia all’italiana) di essere insieme gaglioffo e gagliardo. Fabrizio Bentivoglio fa più fatica a risultare credibile nella sua volontà programmatica di calarsi nei gesti e nell’accento del poliziotto Antonio, ma rende bene la gravità del personaggio. Accanto a loro Stefano Fresi e Ilaria Spada lasciano come al solito il segno, e Irma Carolina di Monte interpreta con precisione forse il personaggio più originale del film. Vale la pena dettagliare il lavoro degli attori perché la regia è completamente al loro servizio, ne segue i movimenti interiori ed esteriori, resta loro addosso: nella scena della conversazione al ristorante la cinepresa pare un bambino che cerca di non perdersi neppure una parola, neppure una smorfia di quello che dicono i grandi.
Gli ultimi saranno ultimi racconta con strazio e partecipazione, ma anche con umorismo e levità, le vicende di un gruppo di italiani del presente stretti fra la crisi e la necessità di negarla, strozzati dalla paura e la vergogna, sempre più limitati nelle loro possibilità e nei loro margini di scelta. Persone che non riescono più a vedere ciò che sta davanti ai loro occhi, che prendono derive deleterie senza nemmeno rendersene conto, che vedono la loro dignità costantemente sotto attacco e tentano di difenderla come possono. Persone stanche, che smettono di essere ragionevoli e sbroccano o, peggio ancora, vanno lentamente alla deriva. Bruni le racconta con una delicatezza che si tiene al di qua della melensaggine e del melodramma (anche se alcune sottolineature musicali sono davvero esagerate) e gradualmente ci leva la pelle, lasciandoci scoperti, nudi davanti a ciò che siamo diventati, ognuno macchiandosi di piccole e grandi nefandezze. E racconta senza peli sulla lingua alcune grandi verità contemporanee, prima fra tutte quella che “senza il lavoro si puzza”, e che homo sine pecunia est imago mortis: laddove homo sta per “essere umano”, maschio e femmina. (Paola Casella, Mymovies.it – voto 3,5/5)

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