Dove eravamo rimasti

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Dove eravamo rimasti

“MERYL Streep è Linda, una donna più che matura che però non rinuncia a indossare un look da rockstar né al suo sogno di essere una rockstar. Sotto il nome d’arte di Ricki Rendazzo si esibisce ogni sera in un modesto locale californiano con la sua band di cui fa parte anche il suo compagno, invecchiato hippie a sua volta da lei amato ma strapazzato, mentre di giorno siede dietro la cassa di un supermercato. Alle spalle di questa vita, povera faticosa e deludente ma pur sempre appassionata, ce n’è stata un’altra. Che si riaffaccia quando l’ex marito Kevin Kline, distinto signore e facoltoso uomo d’affari di Minneapolis, la prega di raggiungerlo. Per un’emergenza. E sarà un’immersione dolceamara nella vita che Linda, colma di non proprio infondati sensi di colpa ma d’altronde determinata a seguire la vera se stessa, si è lasciata dolorosamente alle spalle. Dolorosamente per sé e per gli altri.
La figlia Julie ha tentato il suicidio dopo l’abbandono da parte del marito e si trascina come una barbona in casa del padre. Lei come i due fratelli Joshua e Greg (che la madre solo ora apprende essere gay) provano per Linda un ventaglio di sentimenti che va dall’estraneità alla vergogna all’ostilità. Li ha abbandonati, la loro effettiva madre è stata Maureen, l’assennata e responsabile seconda moglie del padre. Che malgrado il suo diplomatico equilibrismo non riesce ad arginare la catastrofe.
Tutto ruota intorno al personaggio di Linda/Ricki e alla letteralmente prepotente interpretazione di Meryl Streep. Nel senso che gli altri, praticamente non esistono. Sono approssimativi e scoloriti. La statura e l’autorità della più importante attrice- star espressa dal cinema americano dagli anni Settanta , in quello che si riduce ad essere un one-woman-show senz’ombra di dialettica e concorrenza, non riesce a dare veramente corpo alle motivazioni e al controverso e contraddittorio dramma del personaggio, tutto dichiarato nel suo monologo finale ma sostanzialmente inespresso nel corso dell’intero film, dilaniato tra rispetto della propria personalità e per i propri sogni, assecondati a costo di umilianti adattamenti a una vita precaria che ha rinunciato a benessere e status sociale, e femminile tormento per non essere stata una brava moglie e una brava madre.
Ci sarà un ritorno a Minneapolis, per le nozze di uno dei due figli maschi. Linda affronta a testa alta imbarazzi e disagi circostanti, dopo molti dubbi, perché non può mancare e perché non può non dare al film, altrimenti allo sbando, una coerente chiusura patetica, retorica, orgogliosa e commovente…” (P. D’Agostini, La Repubblica)

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Questo film al box office

Settimana Posizione Incassi week end Media per sala
dal 24/09/2015 al 27/09/2015 18 48.638 1.473
dal 17/09/2015 al 20/09/2015 9 160.660 807
dal 10/09/2015 al 13/09/2015 5 364.972 1.636

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Un commento

  1. thediamondwink

    La mamma è sempre la mamma, anche se decide di abbandonare la famiglia per inseguire i propri sogni, non si può vivere nello stereotipo americano della donna e massaia felice se non lo si è. Una donna forte, folle, spregiudicata che persegue il suo desiderio di essere quello che è e vivere nella miseria continuando, però a fare quello che (secondo lei) le riesce meglio: la rocker!
    Eccezionale la recitazione, come sempre, di Meryl e devo dire anche della figlia, mi sono piaciute entrambe, ma il film non mi ha convinto tanto soprattutto alla fine, con il solito lieto e candido finale in cui tutti si amano. La Streep eccezionale cantante, come già riscontrato in “Mamma mia”!!!

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CRITICA

“…L’America ritratta da Demme in Dove eravamo rimasti (Ricki and the Flash) – film d’apertura della 68esima edizione del Festival di Locarno – è pervasa di bonarie tensioni sociali, l’omofobia e i diritti dei gay, divisa tra i nostalgici di Bush e gli obamiani. Un’America fotografata di caldi colori autunnali, nel tragitto dalla San Fernando Valley, dove vive Ricki, a Indianapolis, dove viveva Linda. Il viaggio è una sorta di ozuiano Viaggio a Tokyo, un viaggio interiore in un passato che rimane vivo, il ricongiungimento domestico, il riscoprire il valore saldo, e la tentazione, dell’entità famigliare.
Punto forte dell’opera è ovviamente la grande Meryl che, tanto per dimostrare che il metodo dell’Actor Studio non passa mai di moda, ha passato mesi di training per imparare a strimpellare come si deve. E i momenti di concerti sono in effetti vere esibizioni, senza nulla di simulato. E la Streep recita accanto a Mamie Gummer, sua figlia nel film come nella vita. Naturalmente grande la prova anche di Kevin Kline, che è l’ex-marito di Ricki. Nulla da eccepire sull’ottima fattura del film. Lontano è comunque il ritratto corrosivo dell’America e dei suoi fantasmi di un Douglas Sirk. Gli agnelli di Jonathan Demme rimangono tenuti sotto silenzio.” (Giampiero Raganelli , Quinlan.it)

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