Non essere cattivo

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Non essere cattivo

Claudio Caligari ha fatto giusto in tempo a terminare una pellicola che ora va a chiudere il suo coerente discorso iniziato e sviluppato con lucida fedeltà a sé stesso e che diventa il suo testamento spirituale e artistico. Un testamento che dice di tolleranza, di giusta integrazione, di riscatto e di dignità umana. Lo scenario è quello di Ostia nel 1995, l’ambiente quello sottoproletario della periferia urbana fatta di degrado e di illegalità, più per una mancanza di alternative che non per desiderio o volontà di delinquere. Protagonisti sono due amici d’infanzia, ormai quasi trentenni, cresciuti come fratelli e con azioni e comportamenti che rimandano da subito al film “Ostia” girato da Citti su sceneggiatura di Pasolini. Spacciano piccole partite di droga sul lungomare a personaggi ancora più disperati di loro, si impelagano in piccole truffe di poco profitto economico, passano il giorno a non far nulla perché a quelle latitudini urbane nulla c’è da fare. Vengono da famiglie distrutte dalla dimenticanza e dall’abbandono sociale prima che dalla droga e dall’Aids. Possono solo guardare il vuoto nel futuro davanti a loro o autodistruggersi come già in tanti prima di loro. Si accompagnano a ragazze altrettanto sbandate a ricche d’affetto inespresso (la più determinata è una ragazza-madre con figlio già adolescente) e in modo elementare ma molto forte sentono e vivono gli affetti e i vincoli familiari. A dar vita e gesti alle loro azioni sono gli strepitosi Luca Marinelli e Alessandro Borghi perfettamente aderenti alla pelle dei loro personaggi, l’uno più aggressivo, l’altro di carattere più introverso, inseriti in un cast davvero affiatato (altrettanto brave e intense Roberta Mattei e Silvia D’Amico) in cui tutti gli interpreti sanno far emergere l’aspetto dell’umanità dei personaggi sulla negatività dei loro comportamenti. Figure che tutte, nessuna esclusa, non sapranno forse recitare il monologo di Shylock ma che quelle stesse parole di riscatto e di affermazione d’uguaglianza le portano impresse sulla propria pelle. Che siano criminali, palazzinari di terz’ordine o travestiti. Tutti con una profonda e plausibile bontà di fondo. Anche il travestito tossico che abita in una delle baracche sulla spiaggia, in un panorama simile a quello che vide l’uccisione di Pasolini. E’ un travestito dall’animo onesto a con una propria etica anche nella sua vita di emarginazione e solitudine; prende in prestito una partita da spacciare e potrebbe tenere per sé tutta la droga o non restituire il guadagno ottenutone, ma invece riporta quel malloppo anche se nelle mani della fidanzata di uno dei due. Si esce bene da un film come questo, più fiduciosi che l’umanità sappia trovar in sé stessa gli anticorpi per rigenerarsi dalle meschinità dell’oggi, tanto più che Caligari sa azzerare il trascorrere del tempo e quando narra del 1995 in realtà sta narrando al presente. Ci si può credere? (Sandro Avanzo)

Questo film al box office

Settimana Posizione Incassi week end Media per sala
dal 15/10/2015 al 18/10/2015 16 45.603 1.572
dal 8/10/2015 al 11/10/2015 14 73.166 2.032
dal 1/10/2015 al 04/10/2015 14 94.881 3.271
dal 24/09/2015 al 27/09/2015 19 41.858 1.993
dal 17/09/2015 al 20/09/2015 18 63.561 1.478
dal 10/09/2015 al 13/09/2015 15 85.184 1.373

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trailer: Non essere cattivo

Varie

A story set in the 90s and in the outskirts of Rome to Ostia, the same places of the films of Pasolini. His characters, in the ’90s, seem to belong to a world that revolves around hedonism. A world where money, luxury cars, night clubs, cocaine and synthetic drugs are easy to run. A world in which Vittorio and Cesare, in their early twenty, act in search of their success. Initiation for their existence has a very high cost and Vittorio, to save himself, abandons Cesare, who instead will inexorably sink. The bond that unites them is so strong that Vittorio really never shall abandon his friend, always hoping to be able to look to the future with new eyes. Together.

SINOSSI

1995, Ostia. Vittorio e Cesare hanno poco più di vent’anni e non sono solo amici da sempre: sono “fratelli di vita”. Una vita di eccessi: notti in discoteca, macchine potenti, alcool, droghe sintetiche e spaccio di cocaina. Vivono in simbiosi ma hanno anime diverse, entrambi alla ricerca di una loro affermazione.
L’iniziazione all’esistenza per loro ha un costo altissimo e Vittorio col tempo inizia a desiderare una vita diversa: incontra Linda e per salvarsi prende le distanze da Cesare, che invece sprofonda inesorabilmente.
Si ritrovano qualche tempo dopo e Vittorio cerca di coinvolgere l’amico nel lavoro. Cesare, dopo qualche resistenza, accetta: sembra finalmente intenzionato a cambiare vita, frequenta Viviana (ex di Vittorio) e sogna di costruire una famiglia insieme a lei. Ancora una volta però il
richiamo della strada avrà la meglio sui suoi propositi. Nonostante le continue cadute dell’amico – e anche a dispetto delle discussioni che deve
affrontare con Linda su questo punto – Vittorio non abbandonerà mai veramente Cesare, in virtù del legame fortissimo che li unisce e nella speranza di poter guardare al futuro con occhi nuovi. Insieme.

CRITICA

«SE IO oggi volessi rigirare Accattone non potrei più farlo. Non troverei più un solo giovane che fosse nel suo corpo (…), che sapesse dire con quella voce quelle battute » . Così disse Pasolini. Invece eccoli, i corpi e le voci. Non sono quelli di Accattone , è vero. Sono quelle dei figli dei suoi figli. Vittorio, come lui, si chiama uno dei protagonisti. Una prostituta a mantenerlo. Più di mezzo secolo dopo Claudio Caligari mette in scena l’esito finale del mondo pasoliniano. Oggi Vittorio spaccia cocaina e pastiglie: si chiamano Popeye, Playboy, colori pastello e smile incisi sopra. I nipoti di Accattone hanno i corpi e le voci di Luca Marinelli e Alessandro Borghi che più che interpretare, incarnano i ventenni-bambini cresciuti in un posto dove non c’è nient’altro che tutto quel che manca. «Sarebbe bello essere marziani ». «Sì, ma per andare dove?».
Non essere cattivo chiude la trilogia di un regista che in 40 anni ha girato tre film:
Amore tossico , L’odore della notte , e questo. Caligari è morto 100 giorni fa. Il sistema produttivo italiano non è stato in grado di finanziare il suo lavoro, neppure quando esercitò l’opzione sui diritti di Romanzo Criminale : i commenti non servono. Serve la passione e l’amore per il cinema che ha portato Valerio Mastandrea a finire il lavoro che il suo amico e maestro aveva cominciato, e produrlo. Con Simone Spada aiuto regista, Maurizio Calvesi direttore della fotografia e il gruppo sbarcato al Lido con gli occhi così lucidi di gioia da far dimenticare in un attimo l’apatia ostile del mondo attorno.
Non essere cattivo è il più bel film italiano visto finora a Venezia, e uno dei più riusciti in assoluto. Fuori concorso, però. Perché, dicono, «cinque italiani erano troppi». Si vede che Caligari era il quinto dall’inizio.
Ostia, 1995. Dieci anni dopo l’eroina di Amore tossico , che finiva all’Idroscalo. Quarant’anni dopo quel 2 novembre, una domenica, quando alle otto i capocronisti svegliarono i redattori: vai a Ostia, è morto Pasolini. Ostia oggi, dunque, cioè solo l’altro ieri. Ostia unico municipio di Roma sciolto per illegalità, Ostia di Suburra .
Cesare e Vittorio sono cresciuti insieme, fratelli di vita. Vittorio vive con la madre e la nipote bambina, orfana. La mamma è morta di Aids. Spacciano per Er brutto. Hanno la lingua e i sogni dei bambini. Quando ha un’allucinazione Cesare vede la Sirenetta e Mangiafuoco. Sono criminali e innocenti. La sceneggiatura, scritta da Caligari con Francesca Serafini e Giordano Meacci, è un meccanismo di precisione. La risposta alla domanda cosa resta di Pasolini in chi è nato dopo la sua morte è in questo straordinario gruppo di giovanissimi interpreti. L’energia e la speranza che Caligari ha portato al Lido, assente più presente di tutti. Il 2 novembre è prossimo, la più bella delle celebrazioni è questa. VOTO: 5/6 (Concita De Gregorio, La Repubblica)

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Testardamente voluto da Valerio Mastandrea che ha bussato a mille porte per trovare finanziamenti (arrivati poi da Kimerafilm, Taodue e Rai Cinema), si è visto ieri alla Mostra e da oggi nei cinema Non essere cattivo , l’ultimo film di Claudio Caligari cui un tumore ha impedito di raccogliere meritati applausi, mentre un eccesso di realismo lo ha collocato fuori concorso per evitare la gara a un «film postumo» (con qualche strascico polemico che lo stesso Mastandrea ha cercato di spegnere sul nascere: «Vorrei invitare tutti a guardare solo al futuro del film e basta. Anche se mi dispiace che gli attori non potranno essere giudicati da una giuria internazionale»). Peccato, perché tra i titoli italiani visti finora al Lido, questo svetta per emozione e bellezza.
Ambientato nella Ostia del 1995, racconta la storia di due «fratelli di vita», Cesare (Luca Marinelli) e Vittorio (Alessandro Borghi).
Sono gli «eredi» del mondo marginale e pasoliniano di Amore tossico , il film che nell’83 rivelò Caligari (il cui protagonista si chiamava non a caso Cesare), passati attraverso la mutazione antropologica dei luoghi e dei comportamenti: non più l’eroina — i cui consumatori sono visti in una delle scene iniziali come asociali e pericolosi — ma le droghe sintetiche e poi la cocaina, mentre l’orgogliosa marginalità della borgata si sgretola di fronte all’invasione dei consumi e dei suoi simboli più appariscenti.
In questo mondo Cesare e Vittorio cercano di sopravvivere come possono, un po’ spacciando un po’ sfruttando le ingenuità altrui, un po’ immaginandosi diversi da quello che sono.
A riportarli sulla «terra» toccherà a una serie di figure femminili intense e commoventi: per Cesare, la madre e la nipotina, contagiata dall’Aids che le ha tolto la mamma, e poi la reietta Viviana (Silvia D’Amico), per Vittorio la più volitiva Linda (Roberta Mattei) che cerca di convincerlo a cercare un futuro nel lavoro.
Una scelta, questa, che finirà per allontanarli, visto che — per usare le parole dello stesso Caligari — «niente poteva azzerare definitivamente l’originale cultura borgatare più e meglio del concetto di e della pratica del lavoro».
Una storia probabilmente molto comune, che però Caligari racconta con un’empatia e una commozione straordinarie e uniche.
Senza mai edulcorare scelte o ambientazioni, la sceneggiatura firmata insieme a Giordano Meacci e Francesca Serafini, riesce a evitare un registro troppo naturalistico, fermandosi sempre un attimo prima di cadere nel compiacimento effettistico: un sorriso o una battuta risolvono le situazioni più tragiche mentre la farsa trascolora a sorpresa nella crudezza e nel dolore.
Caligari ama i suoi personaggi e sa farceli amare, li guarda con tenerezza e comprensione ma senza mai sentire il bisogno di giustificarli o di nasconderne i limiti e le asprezze. Ottenendo così il risultato (troppo raro nel cinema italiano) di farci appassionare ai personaggi e alle loro storie ma non per questo impedendoci di giudicare le loro azioni.
Un merito che va diviso equamente tra la messa in scena sapientemente «classica» del regista e la recitazione efficace e però controllatissima dei suoi attori. Se Non essere cattivo esce dallo schermo per stamparsi nella memoria (e nel cuore) dello spettatore molto del merito va alla prova dei quattro protagonisti, tutti eccellenti ma con una citazione particolare per Luca Marinelli, le cui qualità non si capisce come non vengano sfruttate maggiormente dal cinema italiano. (O forse si capisce ed è per questo che ogni giorno si innalza un de profundis per il cinema di casa nostra…).
Il suo Cesare è di quei personaggi che non si dimenticano facilmente, insieme (ricordiamolo ancora) al Vittorio di Alessandro Borghi e alle altrettanto brave Silvia D’Amico e Roberta Mattei. VOTO 3,5/4 (Paolo Mereghetti, Corriere della Sera)

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La naturalezza e la precisione di Luca Marinelli e Alessandro Borghi colpiscono. Il merito va al regista (morto a maggio, il film è stato terminato da Valerio Mastandrea), bravissimo a scatenarli evitando la caricatura. Ai dialoghi in romanesco, così ben scritti da sembrare improvvisati. Agli attori che usano il corpo e sporcano le battute. 1995, Vittorio e Cesare spacciano e si drogano. Anche a non volerlo fare, l’ambiente offrirebbe al massimo lavori da manovale. Girano in macchina, bevono, una sera più impasticcata del solito Vittorio ha le allucinazioni e decide di cambiar vita. Incontra una ragazza con un figlio, la porta a vivere in una casa abbandonata. Cesare continua a mettersi nei guai, tra l’altro incassando anticipi per televisori al plasma che mai verranno consegnati. Pasoliniano e neorealista fuori tempo massimo Claudio Caligari lo era da “Amore tossico” (1983). “Non essere cattivo” è meno ostico e ripiegato su se stesso. Organizza il materiale in una storia con un inizio, uno svolgimento e un finale. Tecnica infallibile per interessare anche lo spettatore meno attratto dalle periferie romane e dai miserabili che tirano a campare (M. Mancuso, Il Foglio)

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